Street art e consapevolezza. Intervista a Urto
Prosegue il ciclo di dialoghi con gli street artist nostrani. Stavolta tocca a Urto e alla sua poetica, che mescola creatività e natura.
Urto. Perché la scelta di questo nome?
Quando mi sono avvicinato al modo dei graffiti – più o meno nel 1998-99 – avevo bisogno di una tag, un nome d’arte non riconducibile alla mia persona. Avevo 14 anni e mi piaceva tantissimo Lupin III, il cartone animato, lo trovavo affascinante. Il suo compiere azioni illegali per me era paragonabile a fare graffiti. Ho deciso che “LUPIN” era una tag perfetta. Peccato che a Catanzaro, la mia città, anche altre quattro persone avevano avuto la stessa brillante idea. A quel punto ho ripiegato su FURTO, che è l’azione di Lupin. Crescendo e seguendo la mia evoluzione di stile per le lettere la F era diventata solo una lettera in più, che sbilanciava la composizione delle quattro. Per questo, e per il fatto che un nome più corto era più veloce da scrivere, nasce URTO. Inizialmente non doveva rappresentare me, ma molti mi dicono che è un nome che mi calza perfettamente. Forse perché sono un po’ agitato e a volte urto il sistema nervoso di chi mi sta vicino, ma dopo tutti questi anni parla proprio di me, non lo cambierei.
Cosa significa per te la Street Art?
Street Art per me significa arte di strada. Ovviamente ci sono interventi che sono considerati più arte di altri, i graffiti non sono ancora dalla parte giusta della storia. Quando mi concentravo sulle lettere ero visto come un vandalo che imbrattava; da quando ho scelto di disegnare altro sono diventato uno street artist. L’arte urbana è ancora una forma di espressione libera, chiunque può scendere in strada e dipingere, proprio per questo non tutto quello che è su un muro è arte. La strada è come se fosse un’enorme galleria aperta a tutti, di conseguenza chi dipinge per strada ha una grande visibilità, in tanti stanno sfruttando questo meccanismo. La Street Art, come ogni altro tipo di corrente artistica, resta una forma di espressione con tantissime contaminazioni, un calderone colorato pieno di ingredienti e significati nascosti, soprattutto in continua evoluzione.
La parte più entusiasmante della Street Art secondo te.
La sensazione più emozionante è vedere quello che hai immaginato prendere forma. Mi stupisco ancora quando una superficie cambia volto e per le potenzialità di un muro grigio di diventare un dipinto. Non dimenticherò mai la mia prima tag, il primo pezzo, il primo treno dipinto, la scarica di adrenalina che sale e ti spinge a dipingere ancora.
Un altro aspetto entusiasmante è la condivisione, l’aggregazione e la sana competizione. Nel macro-mondo della Street Art esistono le crew; faccio parte dell’OCZB, che è un gruppo con più di 18 anni di attività, ne abbiamo viste di tutti i colori: litigi, risse, viaggi, feste e denunce. Siamo rimasti sempre uniti, abbiamo perso il conto di quanti metri quadri tra muro e metallo abbiamo colorato, a volte anche deturpato, e ancora adesso non abbiamo perso la voglia di dipingere. Allo stesso modo non potrò mai dimenticare la mia prima jam, quelle feste dove potevi assaporare il valore delle quattro discipline dell’hip hop: i graffiti, la musica rap, la break dance e il djing. Durante quelle serate riuscivi a conoscere tantissimi artisti. Oggi invece ci sono i festival di Street Art che hanno uno scopo totalmente diverso, spesso riescono a valorizzare luoghi urbani completamente degradati dando loro una nuova vita. Qualche mese fa ho partecipato al Blueflow sull’isola di Ventotene; un’esperienza entusiasmante che mi ha permesso di conoscere tanti artisti validi, con i quali scambiarsi pezzi di conoscenza e contribuire a valorizzare ancora di più un’isola meravigliosa.
Il soggetto “pesce” compare in molte tue opere. Perché? Che significato ha per te?
I pesci, come tanti altri animali, vengono sfruttati dall’uomo. Abbiamo dimenticato le cose importanti della vita, abbiamo fatto diventare il cibo solo un piacere e un business, e così stiamo distruggendo il nostro pianeta. I pesci sono un mezzo per veicolare dei messaggi, c’è un motivo per cui i pesci che disegno hanno tre occhi. Racconta la storia di quei cinque pescatori rimasti letteralmente sbalorditi quando hanno catturato un “pesce lupo” con tre occhi in un lago nei pressi di Cordoba, in Argentina. Il ritrovamento ha destato curiosità e preoccupazione, considerando che nelle vicinanze sorge una grande centrale nucleare. Secondo alcuni osservatori il pesce avrebbe potuto subire la mutazione genetica proprio a causa della fuoriuscita di materiale radioattivo. Sono creature malformate dalla scelleratezza dell’uomo, non teneri animali. Noi stessi siamo così incentrati sull’avere successo, sul rincorrere la vetta, rischiando di diventare a nostra volta dei mostri a tre occhi. Il pesce per me è come tornare a rivolgere lo sguardo al cielo per guardare le stelle. Sono tutto quello che eravamo, quello che siamo e quello che diventeremo.
“Tutta la materia di cui siamo fatti noi esseri umani deriva dalle stelle, tutti gli elementi, dall’idrogeno all’uranio, appartengono alle supernove, stelle molto più grosse del Sole che alla fine della loro vita esplodono e sparpagliano nello spazio il risultato di tutte le reazioni nucleari avvenute al loro interno. Per cui “noi siamo veramente figli delle stelle””. (Margherita Hack).
Tre aggettivi per definire la creatività.
Istintiva, spontanea e decisamente blu. Questa la lascio a voi, non saprei davvero, non riesco a stare in tre parole. Mi posso augurare di riuscire a realizzare tutto quello che mi passa per la testa. Finché alleni e stimoli la mente con la musica, i libri e la cultura il flusso creativo può solo crescere riuscendo sempre a evolversi.
Che differenze vedi tra i giovani e i giovanissimi che oggi si approcciano alla Street Art, rispetto a quando hai cominciato tu?
Quando ho iniziato a dipingere non sapevo cosa stessi facendo. La mia è una passione nata per gioco, vedendo le tag e i pezzi nella mia città e cercando di entrare nello stesso mondo. Non è stato semplice: c’erano delle regole non scritte da rispettare, dovevi capire come approcciarti a dei meccanismi particolari, c’era un “codice” da seguire. Mi sono conquistato piano piano il mio spazio dimostrando di essere all’altezza. Così ho fatto i primi muri, le prime murate, i primi treni. Poi non mi sono mai fermato. Era un mondo molto più chiuso e rigido, come in parte lo è tutt’ora. Ma adesso ci sono molti più spazi liberi e autorizzati dove si può dipingere con tranquillità, è anche per questo che tanti si avvicinano all’arte urbana.
Chi si avvicina adesso rischia molto meno e guadagna tantissimo in termini di visibilità, mi sembra che tanti lo facciano solo per questo, e a mio parere è un po’ triste. Sono percorsi totalmente diversi, ognuno ha il suo.
Come ti vedi tra cinque anni?
Con più esperienza, più maturità, ancora più consapevolezza della mia vita. Spero di riuscire a vivere facendo solo quello che amo. Vorrei vivere in un mondo più consapevole e meno frenetico, più rispettoso del pianeta che lo ospita, vorrei che i ragazzi più giovani si avvicinassero alle cose sane e alla cultura.
L’incontro più importante a oggi per il tuo lavoro.
Ogni incontro è importante e formativo, di questo sono certo. Ma l’incontro più importante è stato con la persona che mi ha fatto conoscere cose che non credevo potessero esistere, quella che mi insegna ancora oggi a fermarmi per pensare, a essere più tranquillo e meno agitato, a essere più in sintonia con il presente. Tutto questo ha fatto prendere un piega completamente diversa al mio lavoro.
Come è stata la tua esperienza al Florence Convention Tattoo, con la partecipazione alla mostra Stigmatize curata da Rossana Calbi?
Stigmatize è stato il punto di partenza per costruire un nuovo percorso, la sintesi di un processo che è iniziato un anno fa. L’opera che ho presentato racchiude tre soggetti presenti nel mio lavoro: ci sono le cellule che danno inizio alla vita, ci sono il pesce e le stelle che rappresentano gli esseri che popolano la terra, c’è il fluido blu che rappresenta la spiritualità e l’energia che si libera da un corpo e che ritorna in circolo. È stata sicuramente un’esperienza positiva, un piccolo traguardo raggiunto. Ringrazio Rossana che è riuscita ad andare oltre le apparenze travestite da pesce blu, cogliendo l’essenza del mio lavoro.
Progetti per il tuo futuro?
Essere sempre più libero, vivere più vicino alla natura, dipingere quando ne ho voglia, alzare gli occhi verso il cielo di giorno e di notte, per perdermi nel blu.
‒ Alessia Tommasini
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