Studiare la Street Art. Intervista a NemO’s
Celebre per i suoi soggetti deformi, attraversati da una certa inquietudine, NemO’s si interroga sul significato di Street Art e descrive la propria poetica.
Una definizione di Street Art.
Non lo so, dovrei informarmi di più ma forse la “Street Art” non ha bisogno né di un nome né di una definizione. Per certi versi descrivere un evento, per lo più così complesso ed eterogeneo, porta a ridurne i contenuti semplificandone la storia. Catalogare e definire fa parte del mondo accademico. Io sono molto ignorante e fino a ora non ho ancora capito cosa sia questa cosa. I periodi storici e culturali spesso sono stati definiti col passare del tempo.
Sarebbe come chiedere a Enrico IV di Franconia cosa fosse il Medioevo.
Molti concetti sono stati coniati dalla storia per collocare avvenimenti del passato e identificarli con più facilità.
Come scegli i tuoi soggetti e la loro rappresentazione?
I soggetti che rappresento sono il tentativo di capire l’essere umano cercando di scavare nelle profondità buie dei suoi istinti. Rifletto spesso sulla definizione “disumano – umano”
Con la parola disumano intendiamo qualcosa di negativo, di tragico, qualcosa da non ripetere.
Invece è proprio qui che sta la nostra umanità, non in senso letterale, ma in senso biologico.
Il termine disumano sembra quasi definire uno sbaglio, un errore, qualcosa che avviene raramente, ma invece è la nostra costante maggiore. La specie umana è un parassita, un’epidemia per se stessa, per le altre specie viventi e per la terra che abita. Concludendo, “disumani” sono quegli aspetti che sempre meno, quasi per errore, ci allontanano dalla nostra natura umana, quotidiana di odio e distruzione verso noi stessi e ciò che ci circonda.
Come avviene il processo artistico che prelude alla realizzazione di un’opera?
Mi piace improvvisare.
Quali tecniche utilizzi?
Utilizzo la vernice, i pennelli e i rulli, utilizzo anche colla e carta riciclata (vecchi giornali vecchi libri, tutto quello che trovo), mi piace mischiare le varie tecniche.
Cosa vorresti arrivasse alle persone che guardano ‒ mentre attraversano le strade di una città ‒ una tua opera?
Mi piacerebbe che chi passa di fianco a un mio disegno si fermasse a pensare a quello che c’è disegnato, magari facendosi delle domande e trovando delle risposte. Mi piace che le persone possano discuterne e parlarne, bene o male non importa. Non mi importa neanche che arrivino a una conclusione esatta. La cosa fondamentale non è arrivare al significato del disegno, è più importante fermarsi e ragionarci sopra.
I tuoi riferimenti nell’arte.
I miei “riferimenti” vengono da tante cose. Dalla pittura, dalla storia, dalla scienza, dalle cose che leggo, dalla musica e dalla mia vita quotidiana. Mi interesso di tante cose diverse, pur rimanendo molto ignorante.
Cosa oggi nell’arte può definirsi “universale” secondo te?
Non credo che ci sia una universalità nell’arte. L’arte contemporanea o comunque tutte le arti in generale sono processi molto rapidi che mutano velocemente, contaminandosi l’uno con l’altro, quindi credo sia difficile avere una “universalità”. L’unica costante è l’esigenza, il bisogno atavico che spinge l’essere umano a esprimersi nelle forme più diverse possibili.
L’arte è un’attività propria dell’uomo, un linguaggio mutevole che caratterizza la nostra specie.
I tuoi soggetti sono spesso imperfetti e “decadenti”: cosa ne pensi del senso di perfezione, invece, a cui tutti siamo oggi devoti?
L’estetica, l’armonia, la perfezione sono concetti che variano e sono molto personali.
Sono definizioni che sono sempre mutate con il tempo e tra le differenti culture fino a non essere comprese da una generazione all’altra. In un periodo dove l’estetica di un certo tipo domina la nostra vita quotidiana, disegnare uomini nudi e vecchi è essenziale.
Cosa ne pensi del legame “virtuale” tra social e Street Art?
Una cosa non esclude l’altra. La “Street Art” è un’espressione visiva e quindi trova spazio anche su internet. Internet è semplicemente un mezzo di comunicazione e di condivisione.
Non so se ci sia un legame tra le due cose, molto probabilmente c’è lo stesso legame tra la foto di un paesaggio o di un piatto di cibo. Il mondo telematico, per sua caratteristica, taglia buona parte del contenuto originale-reale che viene condiviso e che viene mostrato.
Tutto ciò che viene digitalizzato per definizione perde delle caratteristiche fondamentali che aveva in origine. Poi è ovvio che se si arriva a pensare che vedere un muro fotografato è come viverselo dal vero… Allora è un altro discorso. Sarebbe come cenare leccando la foto di una pizza sullo schermo del computer, pensando di alimentarsi correttamente.
I tuoi prossimi progetti.
Studiare cosa sia la “Street Art”.
‒ Alessia Tommasini
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