Lucamaleonte a Ostia, tra Casapound e Cinque Stelle. Storia di un murale censurato

A Ostia è accaduto un fatto grave. L’amministrazione comunale, guidata dal M5S, ha censurato il murale di un noto artista. E a dare il via alle polemiche sono stati i neofascisti di Casapound. Abbiamo ricostruito la vicenda, intervistando il presidente dell’associazione che aveva guidato il progetto.

Il notissimo street artist Lucamaleonte e l’associazione a.DNA Collective ci avevano messo una buona dose di impegno sociale e di partecipazione popolare: un progetto “politico”, nel senso più nobile del termine, etimologicamente centrato. Non certo in quella chiave ideologico-partitica che qualcuno, nell’ubriacatura propagandistica del momento, ha sentito di dover cavalcare. Arrivando all’esito infelice: infamie, critiche gratuite, molto rumore per nulla e alla fine la censura. Politica, quella sì: nell’accezione peggiore. Un murale silenziato, alterato, costretto a cambiare aspetto per i capricci dell’autorità.
L’idea, che ha visto come set il centro storico di Ostia, parrebbe inserirsi nell’ormai abusato, manieristico, in buona parte stucchevole gusto per la celebrazione, che a colpi di mega ritratti ha contagiato la Street Art, manco fosse un torneo di figurine iperrealistiche. Che si tratti di grandi personaggi del passato, di esponenti delle comunità locali o di divi del parterre mediatico, il trend è quello: dipingere volti sui muri, per un concetto piuttosto scontato di relazione tra palcoscenico urbano e attori delle neo-mitologie contemporanee.

Lucamaleonte a Ostia, muro 2. Ph. a.DNA Collective

Lucamaleonte a Ostia, muro 2. Ph. a.DNA Collective

IL FATTO: STREET ART E ANTIMAFIA DAL BASSO

Nel caso del muro disegnato a Ostia da Lucameleonte – tra i più talentuosi protagonisti della scena italiana – la vicenda ha rivelato una dimensione differente, oltre certa retorica spettacolarizzata. L’artista, in effetti, di volti non ne dipinge quasi mai; e l’attitudine eroico-celebrativa, o fintamente engagé, non gli appartiene nemmeno da lontano: qui si trattava di lavorare su un’immagine di coralità locale, su un bouquet di storie, cercando il senso di un’appartenenza identitaria e territoriale. Uno spunto autentico, che ha generato il classico “ritratto di famiglia”, o meglio “di quartiere”.
Il coté politico ha coinciso dunque con un approccio partecipato e didattico: il tema era l’antimafia, il supporto economico arrivava dal Ministero dell’Istruzione e l’iniziativa l’aveva lanciata il Municipio X (Ostia e entroterra), attraverso una rete di dieci istituti scolastici. Ovvero 36 classi, 32 docenti e circa 1000 studenti coinvolti, per una quarantina di attività sparse sul territorio, a partire da settembre 2018.
Il 10 luglio 2019 si apriva questo nuovo cantiere: con la mano e la regia di Lucamaleonte, le due pareti adiacenti l’ingresso della stazione della metro Lido Nord di Ostia diventavano non un ‘wall of fame’, con i ritratti di celebri vittime di mafia, ma “Un muro di persone per la Cultura e la Legalità a Ostia”. Persone, tout court. Cittadinanza attiva, come si usa dire nei casi di azioni dal basso e di progetti orientati al nutrimento della coscienza civica collettiva.

Lucamaleonte a Ostia, muro 1. Ph. a.DNA Collective

Lucamaleonte a Ostia, muro 1. Ph. a.DNA Collective

RITRATTO DI FAMIGLIA. I PERSONAGGI

Tutta gente di Ostia, naturalmente. C’era ad esempio il piccolo Adriano, 10 anni, scelto per rappresentare le future generazioni; c’era l’omaggio ad Alessandro B., scomparso a soli 21 anni, noto nel milieu dell’arte urbana locale; poi il socialista Andrea Costa, fondatore della Cooperativa dei Braccianti Ravennati, che nel 1884 iniziò la bonifica delle paludi del litorale romano, fondando il primo nucleo di case di Ostia Antica; c’era Lido Duranti, partigiano trucidato nelle fosse Ardeatine, ma anche l’ultracentenario Domenico Fonti, maestro che insegnò nelle scuole del quartiere dalla fine della seconda guerra mondiale; e così esponenti vari di una società civile che coltiva militanza culturale, spirito critico ed etico, come Cecilia e Laura, studentesse, Giovanni Sepe, giornalista scomparso nel 2015, fondatore della Gazzetta del Litorale, Mario Rosati, artista 78enne, autore dello storico monumento a Pasolini, installato all’Idroscalo; e poi, a proposito di coraggio e resistenza, Mariam Moustafa, ragazza italo-egiziana, nata e cresciuta a Ostia, vittima di attacchi razzisti a Londra;  Manuel Bortuzzo, il giovane nuotatore gambizzato per errore da due malavitosi, proprio in quelle zone, simbolo di chi ha reagito al dolore e alla piaga della criminalità; la  giornalista di Repubblica Federica Angeli, da anni sotto scorta per le sue dure inchieste contro la mafia ostiense degli Spada, dei Fasciani e dei Triassi. E ancora insegnanti, giovani, attivisti. Il ritratto più intimo di una comunità che lotta, con l’esempio quotidiano, per il radicamento di valori comuni, dal rispetto della legge al senso dello Stato, dall’inclusività sociale al pensiero democratico.

Federica Angeli, ph. by Wikimedia

Federica Angeli, ph. by Wikimedia

IL FATTACCIO: il M5S CENSURA IL MURO

Una parte di quel muro è stato coperto il 18 luglio. Una macchia rossa e dei ciuffi di vegetazione verde squillante hanno goffamente oscurato i volti di alcuni personaggi. L’ordine è arrivato dal Municipio X, tramite una nota ufficiale del capogruppo del M5S, Antonio Di Giovanni: durante la realizzazione dell’opera, si legge, “l’amministrazione si è accorta che il progetto iniziale sottoposto al vaglio in precedenza era del tutto stravolto e non più confacente al messaggio iniziale che si intendeva onorare nel progetto patrocinato, che infatti già dai primi tratti è stato oggetto di imbrattamenti e tensioni politiche tra i ragazzi. Abbiamo quindi concordato di comune accordo con tutte le parti convenute all’incontro, quindi personale docente e responsabile delll’Associazione a.DNA Collective, tenutasi presso l’ufficio di Presidenza del X municipio di apportare alcune sostanziali modifiche temporanee che potevano rimediare a questo”.
L’”accordo” tra le parti, in realtà, nulla aveva dell’intesa pacifica che il comunicato stampa lasciava trapelare. Un’imposizione semmai. L’amarezza con cui ci racconta l’accaduto Mirko Pierri, presidente di a.DNA Collective, ne è la prova. “Il municipio”, ci spiega, “si appella al fatto che nel documento della proposta contenente la bozza preliminare non c’erano i nomi dei volti poi rappresentati”. E in effetti si era parlato di icone dell’antimafia come Peppino Impastato, Piersanti Mattarella, Giovanni FalconePaolo Borsellino, Giancarlo Siani. “Ma era specificato”, aggiunge, “che sarebbero apparsi volti e nomi decisi in seguito con gli studenti, i cittadini e le associazioni, durante alcuni confronti avvenuti nelle scuole e poi, il 12 giugno, nel corso di un grande incontro aperto presso il Teatro del Lido, dove chiunque ha potuto suggerire delle figure legate al territorio”. Insomma, com’è ovvio che sia – per chiunque capisca qualcosa d’arte contemporanea, e nello specifico d’arte pubblica, arte urbana, arte relazionale, processuale e partecipativa – un progetto in fase di bozzetto si evolve, nell’incontro fra artisti, cittadini, curatori. Opere in transito, che partono da una suggestione e che poi crescono, intrecciate con la città, la strada, l’architettura e gli input di chi le abita.

Lucamaleonte a Ostia, il muro cancellato. Foto di Oscar Giampaoli

Lucamaleonte a Ostia, il muro cancellato. Foto di Oscar Giampaoli

Ma cosa è stato cancellato? “Ci hanno convocati e messi dinanzi a una serie di pressioni e richieste chiare”, prosegue Pierri. “Un incontro estenuante, pesantissimo, pieno di tensione. Hanno deciso arbitrariamente di far cancellare i volti dei personaggi ancora ‘vivi’, che sul muro erano 7. Sono rimasti gli studenti anonimi e i personaggi storici o defunti: nessuna figura riconducibile alle dinamiche territoriali attuali”. Il motivo? “Dicono che lo hanno fatto per l’opera. Per salvaguardarla da attacchi vandalici politicizzati, essendovi raffigurati volti di personaggi ‘divisivi’ a livello locale”.
Bizzarra questa preoccupazione improvvisa per l’abusivismo e i conflitti tra fazioni, visto che proprio quel muro – finalmente riscattato grazie a un intervento artistico di qualità – è da sempre un noto ricettacolo di affissioni clandestine, vera e propria bacheca illegale, sfruttata anche e soprattutto da gruppi politici attivi in zona. E non di rado i contenuti sono di stampo xenofobo, sovranista, nazionalista.
E invece, per la geniale amministrazione pentastellata, il problema del degrado, del decoro e delle guerriglie urbane, è sorto per colpa di un dipinto, firmato da un artista internazionale e improntato al senso della legalità. Fino a ieri il muro tappezzato di scritte provocatorie e di locandine abusive non era un tema all’ordine del giorno. Dopo la tanto invocata “riqualificazione” artistica, sì. Logica impeccabile.

Affissioni abusive di Casapound sui muri della stazione di Ostia Lido Nord, poi rimossi dai volontari dell'ANPI. Ph. RomaToday

Affissioni abusive di Casapound sui muri della stazione di Ostia Lido Nord, poi rimossi dai volontari dell’ANPI. Ph. RomaToday

L’ANTEFATTO. LE BATTAGLIE FONDAMENTALI DI CASAPOUND

E a proposito di scontri e di sfregi, qualcosa in effetti era accaduto. Che non giustifica l’operato del Municipio, ma che ne è – anzi – premessa inquietante. Le critiche al murale erano partite sui social, ad opera di un paio di personaggi vicini all’estrema destra ostiense. Attacchi pubblici violenti, per via di quel “Pantheon di sinistra” che avrebbe offeso l’accesso alla stazione, facendone la rappresentazione plastica di una cultura politically correcty, tutta orientata – secondo loro – al solito comunismo da salotto o da centro sociale. Un maestro di scuola, un partigiano, un paio di artisti e giornalisti, un esponente del socialismo storico, qualche attivista culturale: sai che scandalo, quale pericolo per la libera coscienza dei cittadini di Roma.
A prendere la palla al balzo fu Luca Marsella, consigliere eletto con Casapound nel X Municipio, che con un videomessaggio di protesta volle scaldare ulteriormente gli animi, additando il muro come un bersaglio e prendendosela in particolare – guarda un po’ – con Federica Angeli, nemica pubblica numero uno dei clan malavitosi ostiensi, esposta a minacce da anni, coraggiosa testimone e cronista rigorosa, considerata dall’estrema destra locale una mistificatrice e un soldato della stampa allineata a sinistra.
E spunta così l’atto vandalico: un poster, incollato sul dipinto, mostrava in tutto il suo squallore la scritta “PARLATECI DI BIBBIANO”, in riferimento alla cittadina emiliana a guida PD in cui è esplosa l’inchiesta su un sistema di affidamenti illeciti di minorenni, da parte di medici, psicologi, assistenti sociali. La P e la D della scritta erano evidenziate in verde e rosso, a richiamare la sigla del Partito Democratico (“e allora il Piddì?”: il refrain per tutte le stagioni). Poteva mancare il riferimento benaltrista del momento? Eccolo il nuovo slogan da sciacalli social, la frase passe-partout che sfrutta pure la sofferenza dei bambini per attaccare un partito avversario o per dribblare critiche scomode (su tutte il Russiagate), tra l’altro a suon di fake news e accuse sommarie, perfette per imbrogliare un pubblico poco informato. Dopo “E allora i marò”, dopo il tormentone “terremotati” vs “migranti”, l’ultimo ritornello preconfezionato è a disposizione delle folle. Bibbiano, dove lo metti funziona.

Il muro di Lucamaleonte a Ostia, sfregiato da un manifesto di Casapound su Bibbiano

Il muro di Lucamaleonte a Ostia, sfregiato da un manifesto di Casapound su Bibbiano

Ad ogni modo, per Casapound, il nuovo murale di Ostia aveva la valenza di un manifesto politico. E in quanto tale andava cassato. Censurato. Termine che si addice bene a quei “fascisti del terzo millennio”, orgogliosi di definirsi tali.
Ora, che l’antimafia e la legalità siano di sinistra, e che si tratti di temi ‘divisivi’, è una notizia. Che l’arte non possa prendere posizione, tanto meno omaggiare degli onesti cittadini, è un’altra interessante indicazione. Ma il fatto più agghiacciante è che un’amministrazione pubblica si pieghi, con patetiche giustificazioni, alle polemiche vacue montate da movimenti di estrema destra o da ignoti personaggi che usano le pagine social come micce eversive.
L’unica cosa da fare era difenderlo, quel muro, dinanzi a toni intimidatori e a pittoresche filippiche neofasciste. Invece si sceglie di abbassare la tensione così: accogliendo le richieste dei sobillatori. Tanto che oggi Marsella può permettersi di festeggiare, sventolando davanti al muro modificato un ciuffo d’insalata, simile alle foglie dipinte che occultano i volti “scomodi”: “Federica Angeli non c’è più”, commenta soddisfatto. “Alla fine ho vinto io, d’altronde stiamo parlando di una giornalista che spara continuamente fake news e che ha definito quella del Pd che ha portato a commissariare Ostia per mafia la migliore amministrazione mai vista. Se pensavate di fare il bello ed il cattivo tempo, coperti da un’amministrazione grillina latitante che si fa sentire solo quando è chiamata direttamente in causa, avete capito proprio male. Ora quello che resta del murales è un’insipida insalata di partigiani e illustri sconosciuti”.

Luca Marsella soddisfatto dopo la censura del muro

Luca Marsella soddisfatto dopo la censura del muro

UN’OPERA SENZA AUTORE

Siamo stati sotto pressione continua per quasi dieci giorni”, ha aggiunto Mirko Pierri, “e abbiamo avuto paura per l’incolumità degli studenti-volontari, esposti a strumentalizzazioni politiche. Noi a Ostia, purtroppo, non faremo altri interventi murali. È troppo grave quello che abbiamo subito”. Si poteva non obbedire agli ordini? Forse, ma in contesti simili le dinamiche si fanno complesse, delicate. Troppi attori in gioco, troppe sensibilità ed equilibri da considerare. Non si lavora per sé, ma all’interno di un tessuto sociale. E ci si trova spalle al muro, qualche volta, lasciando che l’opinione pubblica registri, reagisca, valuti. E s’indigni, magari.
Lucamaleonte intanto tace. “Dopo l’incontro con il Municipio”, conclude Pierri, “sdegnato dalle richieste, ha disconosciuto l’opera. Che non porta la sua firma”. Il silenzio dell’autore, con questa presa di distanza palese, ha il peso del disprezzo. Che si somma alla delusione di chi la cultura la spinge, ogni giorno, nel cuore delle periferie e dalla trincea difficile dell’associazionismo. La sconfitta vera, per un’amministrazione pubblica, è proprio qui. Populisti lontani dal popolo: l’epilogo triste di un film visto e rivisto.

– Helga Marsala

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Helga Marsala

Helga Marsala

Helga Marsala è critica d’arte, editorialista culturale e curatrice. Ha insegnato all’Accademia di Belle Arti di Palermo e di Roma (dove è stata anche responsabile dell’ufficio comunicazione). Collaboratrice da vent’anni anni di testate nazionali di settore, ha lavorato a lungo,…

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