Street art e zelo dei militanti politici. Il murale con Carola Rackete deturpato a Taormina

Il Prof. Avv. Giovanni Maria Riccio spiega, dal punto di vista legale, il caso del murale raffigurante Carola Rackete realizzato da TVBoy a Taormina e deturpato da un leghista. E apre una riflessione sul concetto di “proprietà” nella street art

È un’estate caldissima per la street art italiana. Dopo i casi di Ostia e Baronissi, a Taormina un esponente leghista, l’avvocato Giuseppe Perdichizzi, ha rivendicato orgogliosamente di avere sfigurato il murale di TVBoy, artista palermitano noto internazionalmente. L’opera, che ha avuto ampia eco sulla stampa nazionale, ritraeva Carola Rackete come “Santa Carola protettrice dei rifugiati”. L’azione, peraltro, è stata accompagnata da un biglietto – poi strappato da mani ignote – in cui si affermava perentoriamente: “Noi stiamo col lo Stato italiano e la guardia di finanza, gli assassini in galera. Prima gli italiani e chi li difende. Grazie Matteo”. Al di là delle questioni politiche, ammesso che di politica si possa parlare in questo caso, una domanda si impone: è possibile vandalizzare un’opera d’arte, rappresentata su di un muro, in assenza di autorizzazione del proprietario del muro? Questa domanda, però, ne presuppone un’altra: chi è il proprietario dell’opera? Le risposte a questo secondo interrogativo potrebbero essere varie. Tuttavia, forse togliendo un po’ di suspense al lettore, possiamo anticipare che, in nessun caso, si può ritenere che tale diritto possa essere vantato dal leghista autore del gesto (che, in quanto avvocato, dovrebbe essere consapevole di tale conclusione).

CHI È IL PROPRIETARIO DI UN’OPERA DI STREET ART? 

Le risposte possibili sono le seguenti: l’opera è del proprietario del muro; l’opera è dell’artista; l’opera è della collettività. Soffermiamoci solo sulla prima ipotesi. L’art. 934 del codice civile stabilisce che qualunque opera esistente sopra o sotto il suolo appartiene al proprietario del suolo stesso. è appena il caso di osservare che parliamo di una disposizione normativa pensata nel 1942, pensata per i fondi e non certo per le opere di street art. Tuttavia, non senza ricorrere a uno sforzo interpretativo, potremmo ritenere che l’opera realizzata sul muro sia del proprietario del muro stesso. L’art. 936 prevede però che quando l’opera è realizzata da un terzo “con suoi materiali, il proprietario del fondo ha diritto di ritenerle o di obbligare colui che le ha fatte a levarle”. Il medesimo articolo contiene poi due vie alternative: il proprietario decide di mantenere l’opera, a condizione che paghi il valore dei materiali, il prezzo della mano d’opera oppure l’aumento di valore arrecato al bene; il proprietario può chiedere che l’opera sia tolta, a spese di chi l’ha realizzata, salvo l’eventuale risarcimento del danno. Con uno sforzo ulteriore, si potrebbe poi ritenere che l’artista voglia “regalare” l’opera al proprietario del muro, che diverrebbe proprietario anche dell’opera per donazione. Per la verità, in questo secondo caso, potrebbero sussistere alcuni vincoli formali, ma il punto appare secondario. Da un punto di vista penalistico, invece, si potrebbe ipotizzare il reato di deturpamento, di cui all’art. 639 del codice penale, reato talvolta utilizzato da alcuni tribunali italiani per le opere di arte urbana. Ammesso che si possa davvero ricadere in tale fattispecie – che, a parere di chi scrive, dovrebbe ricorrere nel solo caso di danno estetico a un bene di proprietà altrui – si tratterebbe comunque di un reato perseguibile a querela di parte: in buona sostanza, potrebbe agire il proprietario del muro, non lo zelante attivista leghista. Purtroppo, non si ricadrebbe nell’ipotesi dell’art. 733 del codice penale che punisce chi danneggia un monumento o altra cosa, arrecando un nocumento al patrimonio archeologico, storico, o artistico nazionale: su questo aspetto – ma si tratta di un dibattito che sarebbe troppo complesso da affrontare in questa sede – servirebbe un intervento normativo, che possa preservare le opere della street art.

SE IO FOSSI IL PROPRIETARIO DEL MURO

Quando è comparsa un’opera di Banksy a Venezia, durante la preview della Biennale, si è immediatamente detto che la presenza di tale graffito avrebbe aumentato sensibilmente il valore dell’immobile. Anche l’opera di TVBoy – prima che fosse sfigurata – avrebbe potuto costituire un arricchimento per il proprietario, pubblico o privato, del muro. In altre parole, il proprietario avrebbe ben potuto scegliere di mantenere l’opera, senza cancellarla. Se Banksy decidesse di realizzare un’opera sulla facciata del mio palazzo, a prescindere dal tema prescelto dall’artista – Bergoglio, Salvini o un coccodrillo tropicale – probabilmente ci penserei prima di cancellarla. Proverei a ottenere una valutazione, una stima finalizzata a capire se l’opera arreca un nocumento al decoro dello stabile oppure se ne aumenta il valore. In questo secondo caso, sarei grato all’artista. E se qualcuno cancellasse il Banksy dalla facciata del mio palazzo o lo vandalizzasse? Probabilmente, lo querelerei, perché sì, in questo caso non avrei dubbi sulla sussistenza del reato di deturpamento, attesa la lesione estetica all’opera d’arte, e gli domanderei anche un risarcimento del danno. Forse, la prossima volta, i militanti politici e gli imbrattatori di opere d’arte dovrebbero porsi qualche domanda in più prima di agire.

– Giovanni Maria Riccio

Professore di Legislazione dei beni culturali e di Diritto d’autore nell’Università di Salerno. Studio Legale E-Lex

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Giovanni Maria Riccio

Giovanni Maria Riccio

Professore di Diritto comparato, insegna Legislazione dei beni culturali e dello spettacolo e Diritto d’autore presso l’Università di Salerno. È stato visiting professor presso le Università “Joseph Fourier” di Grenoble (Francia) e il Politecnico di Beja (Portogallo), visiting fellow presso…

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