Alla ricerca di un riparo. L’opera di Rebor parla del coronavirus a Torino
E anche lo street artist Rebor decide di starsene a casa. E di installare un intervento che riflette sull’emergenza Coronavirus nel proprio giardino. In attesa di poterla diffondere, in tempi migliori, per tutta la città di Torino…
La situazione nazionale impone la chiusura dei musei; ma che ne è delle opere di street art? Rebor, soprannominato spesso dalla stampa “lo street artist gentile” proprio per il grande rispetto che ha sempre nutrito dei luoghi, ha ideato una nuova opera con un altrettanto rinnovato spirito. L’artista afferma: “Da qualche tempo avevo in preparazione una mia opera che parlasse dell’attualità. Intendevo collocare l’opera, com’è mia prassi, in qualche zona della mia cara città, Torino, per poi attendere che venisse recepita, diffusa e discussa sui social e sui media. I recenti sviluppi mi hanno però convinto a operare diversamente. Nel momento attuale infatti la percezione, la sensibilità, la capacità di lettura e di analisi possono subire delle alterazioni imprevedibili. Il messaggio che vorrei esprimere, latore di una visione ottimistica, avrebbe rischiato di essere frainteso o addirittura allarmato”.
ALLA RICERCA DI UN RIPARO
L’opera, intitolata Alla ricerca di un riparo, è una tenda di grandi dimensioni, come quelle usate per il triage d’emergenza. È pensata per essere attraversata e osservata anche dall’interno: perciò verrà esposta negli spazi della città, non appena l’emergenza Coronavirus rientrerà. “In momenti del genere”, continua l’artista, “è bene usare la saggezza anziché la sola logica, perché di fronte alla paura, ogni persona reagisce diversamente. Ho deciso quindi di rovesciare completamente il mio modus operandi proponendo in anticipo le immagini del mio lavoro, che precederanno la sua collocazione fisica. Nel rispetto delle normative odierne nazionali, l’opera sarà visibile nel mio giardino prima di essere collocata nelle strade o nelle piazze di una città”.
IL PROGETTO
Per ora, si potrebbe definire un’opera “in potenza”, la cui idea circola grazie all’uso dei social e dei media. “Il messaggio è evidenziare la fragilità umana e la paura di un nemico invisibile, sottolineando quanto l’immagine oggi sia più forte che mai. In una società dello spettacolo che implode su se stessa e si rovescia, l’opera diviene anche pretesto per la circolazione di un’immagine e non di un oggetto”. Qualora sorgessero dubbi circa la natura positiva del messaggio – il tendone potrebbe offrire una sensazione ansiogena, emblema della paura del contagio – due particolari aiuterebbero a far svanire all’istante ogni incertezza: da una parte, l’azzurro sul tettuccio della tenda rappresenta il cielo, simbolo di libertà e di superamento delle avversità; dall’altra, la luce all’interno, accesa giorno e notte, è allegoria della speranza e del coraggio che ricercatori, personale medico e singoli cittadini responsabili stanno dimostrando in questo periodo tormentato. L’opera disegna insomma uno spazio che è in divenire e che induce sicurezza e consolazione; inoltre, il rosa che contraddistingue gli interventi urbani di Rebor (il “Rebor Pink” che l’artista definisce “disneyano”) proietta l’installazione in un’atmosfera quasi sognante. La ricerca di un riparo è ancora in corso; ma dalla street art giunge a noi una luce di responsabilità.
– Federica Maria Giallombardo
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