Street art e tavole periodiche. Intervista a Fabio Petani

Si definisce artista urbano, Fabio Petani. E il suo lavoro prende le mosse dalla chimica e dal mondo naturale. Lo abbiamo intervistato.

Fabio Petani nasce nell’estate del 1987 a Pinerolo. Dopo la maturità scientifica si laurea in Beni Culturali presso la Facoltà di Lettere e Filosofia di Torino con una tesi sull’Arte Urbana e la cultura di strada dalle origini ai giorni nostri. Questa ricerca lo avvicina ancor più strettamente al panorama artistico torinese ed entra a far parte dell’associazione Il Cerchio E Le Gocce, molto attiva sin dal 2001.
Nei lavori è presente una disordinata armonia di linee, forme e volumi che si integrano fra loro con colori tenui e armoniosi miscelati a elementi di rottura. La ricerca analizza l’aspetto chimico e molecolare degli oggetti da cui nasce un lungo lavoro di ricostruzione degli elementi della tavola periodica; una produzione sempre più ricca di particolari per far emergere una complessità organica in continua evoluzione. Ogni elemento chimico, come ogni pianta, ha in qualche modo una connessione con l’ambiente, lo spazio o il contesto dove il murale viene realizzato. L’importanza del legame fra opere e contesto viene ripresa anche nei lavori su legno, carta o altri supporti alternativi nei quali Petani cerca di lasciarsi trasportare dalla materia al fine di terminare la tavola periodica con un gruppo di opere che raccontino un’alchimia tra arte, chimica e natura.

Il tuo ultimo lavoro è un murale che hai realizzato quest’anno a Montale, in provincia di Modena. Ce ne vuoi parlare?
Per mia fortuna l’inverno clemente mi ha permesso di realizzarlo a inizio febbraio, poco dopo sarei partito per la Cambogia per trovare nuove ispirazioni e al rientro è iniziato il noto lockdown.
Sono stato chiamato da Tiziano dell’Associazione Rosso Tiepido per realizzare una grossa facciata all’ingresso della cittadina modenese di Montale appunto. L’accoglienza e l’ospitalità nei miei confronti sono state eccezionali, il che mi ha permesso di lavorare al meglio e con serenità. Nei miei lavori ho inserito la nomenclatura di un elemento chimico che si lega con il contesto nel quale realizzo un intervento murale. In questo caso ho scelto il solfato rameico in quanto, leggendo alcuni estratti de Il giornale letterario scientifico modenese, si tratta dell’elettrodoratura italiana scoperta da Brugnatelli tra 1802 e 1805 e confermata e dibattuta dai chimici modenesi F. Selmi e G. Giorgini nel 1844, che ne hanno approfondito i dettagli all’Accademia Modenese.

Cupric Sulfate & Penstemon Blackbird © Rosso Tiepido, Montale 2020. Photo Dante Cavicchioli

Cupric Sulfate & Penstemon Blackbird © Rosso Tiepido, Montale 2020. Photo Dante Cavicchioli

Come è strutturato il murale?
Il paesaggio che spicca nella parte bassa rappresenta una altura caratterizzata da pini che si scorgono dalla foschia umida caratteristica della pianura padana. La composizione si modifica e si evolve passando dal realismo di alcune parti che man mano si trasformano in linee astratte e grafiche che ne rendono la lettura più contemporanea e meno usuale. Due grossi fiori poi prendono la scena occupando la parte medio alta. A sinistra troviamo il Penstemon Blackbird disegnato con una linea nera che ricorda gli antichi erbari medievali illustrati da monaci o esperti botanici che ne ripetevano i dettagli minuziosamente. Lo stesso fiore è riproposto in maniera pittorica nella parte in alto a destra, che, con i viola/rossi accesi, rapisce l’attenzione di tutta la composizione e ne diventa uno dei fulcri. L’occhio dello spettatore è così attratto da questo dualismo che si ripete tra realismo e astrattismo, colore e linee nere e natura e geometria. Tutti i colori presenti nella composizione, seppure appaiano naturalmente ben sistemati, sono il frutto di un lungo studio e continuo studio per ottenere l’alchimia perfetta tra di loro in modo che ognuno servisse a far emergere gli altri senza sbilanciare gli equilibri ma dando eguale importanza a ogni piccolo elemento, così come la linea rossa che, come gli altri elementi ricorrenti, è ormai diventata una sorta di firma.

Il tuo stile contiene elementi naturali, chimici e geometrici, come lo definisci? Perché questa scelta?
Definire il proprio stile è sempre cosa complicata. Ma ciò che si avvicina di più per me è parlarne come un erbario o archivio chimico/botanico contemporaneo. Questo perché mi piace catalogare e raccogliere le opere che creo in diverse città o che realizzo su supporto per andare nelle case delle persone o nei musei, proprio come se stessi ricreando, pagina dopo pagina, un erbario che ricalca le orme dei vecchi manoscritti medievali, custoditi e tramandati con cura nei secoli. Così io sin dall’inizio sto creando un libro immaginario dove ogni opera è legata in qualche maniera (che sia per l’elemento chimico che scrivo o per la pianta che disegno) con il contesto o la situazione, ma, a differenza delle illustrazioni antiche, ogni pagina è presentata con un’opera che si vuole legare alla contemporaneità e al gusto attuale. Ecco spiegato l’inserimento di parti grafiche e geometriche e di colori inusuali.

Quale messaggio vuoi dare alle persone attraverso le tue opere?
Sicuramente il primo e più importante messaggio che vorrei che la gente recepisse è quello dell’armonia e della leggerezza. I miei lavori hanno l’intento di riportare la calma e la poesia della natura. Spesso, nei grossi centri cittadini dove realizzo le mie opere, le persone sono molto distanti dalla natura o meglio dalla sua essenza. Non è il giardino sotto casa che può donare quell’energia spropositata che si ottiene abbandonandosi a una passeggiata nei boschi, in montagna o in luoghi dove la natura mantiene il suo stato originale o perlomeno senza troppe contaminazioni umane. Il mio rimane grosso modo un messaggio estetico che si integra con la situazione o si adatta alle necessità del contesto. Il fatto di usare la nomenclatura di un elemento chimico e di inserire una pianta che ogni volta cambiano e si legano con chi vive e vivrà il muro per lungo tempo sono un modo per far sì che la gente si senta partecipe e si appropri di spazi spesso marginali.
A livello di narrazione le mie opere intendono mostrare una sorta di viaggio fantastico in mezzo a paesaggi, piante e geometrie che ricordano la visione scomposta e frammentata tipica dei sogni. Questo per far fermare la gente e distogliere il pensiero, seppure per poco, dalla caotica e frenetica realtà.

Methanol & Anemone Coronaria © Upeart Festival, Salo 2018. Photo Sami Nurmi

Methanol & Anemone Coronaria © Upeart Festival, Salo 2018. Photo Sami Nurmi

E come pensi che questo venga recepito dalle persone?
Quello che la gente nota subito, oltre al piano estetico, è la nomenclatura dell’elemento chimico e del suo peso atomico. Ciò mi permette di approfondire il concetto dell’opera con le persone che ne hanno maggiore interesse. Si creano così livelli di conoscenza dell’opera che vanno dal semplice apprezzamento estetico sino alla ricerca dei significati nascosti.

Che ricordo hai di quando hai iniziato a fare Street Art?
Da quando ho iniziato, la cosa più interessante che mi coinvolge è il fatto di cercare di migliorarsi in ogni opera. È una sorta di sfida su se stessi per creare qualcosa che si avvicini il più possibile al concetto di completezza che si vuole rappresentare. E finché si percepisce lo step successivo da raggiungere, il lavoro è sempre fruttuoso e interessante nei contenuti. Dell’inizio ricordo sia l’insicurezza che era bilanciata dalla volontà di crescere e migliorare, che nel giro di un paio di anni si è trasformata in spirito di adattamento in quanto ogni muro nasconde insidie e problemi che vanno risolti senza girarci troppo intorno.

In che direzione sta andando ora la tua ricerca?
La mia volontà è quella di migliorare la mia tecnica pittorica sia su legno che su muro. Una volta raggiunta una maturità e una qualità competitiva, inizierò a rianalizzare forme e contenuti per sintetizzare la composizione e gli elementi, in quanto vorrei amalgamare in un’unica essenza la ricchezza delle illustrazioni e dei paesaggi e delle parti botaniche con il minimalismo degli elementi che ho sempre inserito. Non è facile da spiegare a parole, al momento è un percorso che ho ben chiaro in mente ma necessita del giusto tempo per completare ogni step senza forzarlo per poter raggiungere l’obiettivo in maniera solida.

La tua definizione di Street Art.
Street Art è un termine che, come me, molti altri non condividono. Dice tutto e niente e dentro di esso si racchiudono mille sfaccettature. Street Art penso sia un termine usato in maniera scorretta da più o meno tutti i non addetti ai lavori quando vogliono parlare di fenomeni che si palesano in esterno nelle città. Personalmente non posso definirmi né street artist né writer e, seppure le definizioni non mi piacciano, quella che più si avvicina è artista urbano, per il fatto che mi trovo a lavorare e interagire col tessuto delle città e perché spesso ho avuto modo di fare prove e progetti in spazi urbani abbandonati. Allo stesso tempo realizzo mostre, esposizioni museali e in generale attività che non si presentano su strada ma che da essa prendono ispirazione o contaminazione.

Cosa cambierà a tuo avviso nella Street Art dopo questa pandemia?
Non è facile saperlo, come non lo è per ogni settore. Quello che so è che siamo da sempre in grado di affrontare ogni cosa con lo spirito giusto e di lavorare sempre con impegno e dedizione, anche se i risultati non si vedono. Perciò in un modo o nell’altro ne usciremo e ora stiamo approfittando di questo periodo per lavorare su nuove idee o per rafforzare quelle che già ci sono.

Quali tecniche utilizzi?
Dipingo utilizzando idropitture, smalti ad acqua e simili in esterno e acrilici nelle mie opere su legno. Ho sicuramente padronanza di pennelli e strumenti simili, mentre lo spray lo uso solo in alcune parti per ottenere certi effetti o per realizzare le piante in stile incisione perché riesco a mantenere lo stesso tratto grazie al cap dello spray. Mi piace anche improvvisare per raggiungere l’obiettivo, quindi quello che penso possa aiutarmi a realizzare una parte dell’opera lo uso o lo creo con cosa ho sotto mano. Questo spirito di adattamento, se così si può chiamare, è nato in me grazie alla fruttuosa esperienza che ho avuto nel dipingere in spazi abbandonati con amici writer che con poche cose riuscivano a creare lavori completi e interessanti e soprattutto in brevissimo tempo. Queste esperienze mi hanno formato molto e, nonostante io non abbia un passato nel graffiti writing, ho imparato molte cose che per me sono ora fondamentali proprio da questi artisti.

Ununpentium & Citrus Limon © Athens Street Art Festival, Atene 2017

Ununpentium & Citrus Limon © Athens Street Art Festival, Atene 2017

Ci racconti qualche aneddoto particolare che ti è accaduto durante uno dei tuoi lavori in strada?
Gli aneddoti sono sempre molti con questo tipo di lavoro. Ad esempio a Kiev, in Ucraina, due signori si sono appesi al cestello del braccio elevatore mentre stavo per salire per impedirmi di realizzare il lavoro, in quanto a loro dire la parete era più bella bianca. Ovviamente mi sono fermato in tempo per evitare incidenti e, dopo aver aspettato la polizia ucraina, la cosa si è risolta.
A Napoli, invece, mi è successo di rimanere bloccato a 30 metri di altezza perché la benzina del mezzo era terminata, ma dopo aver aspettato il tempo di un rifornimento son potuto ripartire. In Finlandia mi è capitato, dopo una lunga mattinata di lavoro, di esser sopraffatto da un improvviso acquazzone di settembre che ha lavato via metà lavoro, facendo colare molto colore, ma per fortuna il giorno seguente, dopo un po’ di apprensione, sono riuscito a rimediare all’inconveniente. E così ce ne sarebbe una per ogni lavoro da poter raccontare e riderci su.

Cosa farai domani?
Continuerò a far muovere le idee, a confrontarmi con i colleghi de Il Cerchio E Le Gocce e a cercare di rimanere sempre attivo a livello creativo. Ogni giorno con novità per provare ad arricchire un momento difficile, ma che può essere sfruttato al meglio e dal quale va colta qualsiasi minima possibilità positiva. In attesa dei lavori programmati che spero si possano realizzare al più presto per tornare a una verosimile normalità.

Alessia Tommasini

www.fabiopetani.com

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Alessia Tommasini

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Sono veneta di nascita, ho abitato per anni a Roma e ora a Firenze. Mi sono laureata in Filosofia a Padova e subito ho cominciato a muovere le mie prime esperienze nel campo della creatività e dell'arte, formandomi come editor,…

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