La lotta è FICA: i poster contro razzismo, sessismo e discriminazioni invadono Bologna
Disseminati per tutta la centralissima Via Indipendenza, 25 poster realizzati da altrettante artiste e illustratrici inneggiano contro forme di discriminazione e violenza – anche inconsapevoli.
Mentre a Milano e Roma si imbrattano le statue, a Bologna la centralissima via Indipendenza rinasce con un nuovo progetto di poster art che ben racconta i temi caldi del tempo presente. Testimoniando un cambio di paradigma, nell’uso che si fa dello spazio pubblico (e l’hanno dimostrato le recenti mostre di Milano e Stoccolma) e nei contenuti che vengono veicolati. Questa volta, con l’iniziativa La lotta è FICA curata dal collettivo CHEAP viene messo nero su bianco un pensiero femminista che s’interseca con tante altre importanti tematiche, come l’antirazzismo, l’autodeterminazione, l’accettazione dell’identità queer e l’inclusione dei corpi di donna (i più disparati) e dei corpi trans. Con un assunto: le forme di violenza e discriminazione che si abbattono sulle minoranze sociali fanno appello a un’unica radice colonialista e oppressiva, che omologa identità, corpi ed espressioni.
LA LOTTA È FICA: I MANIFESTI DI CHEAP
Sono 25 le artiste che partecipano al progetto, tra illustratrici, grafiche, fotografe, perfomer, fumettiste e streetartist, con un vasto campionario di biografie e visioni. “CHEAP oggi produce un intervento di arte pubblica che parla di femminismo, della connessione del potere sistemico nel generare funzionalmente sessismo e razzismo, della necessità di elaborare strumenti di decolonizzazione, di rappresentare corpi che orgogliosamente esulano dalla bianchezza o dall’eteronormatività o dalla visione binaria del genere: così come sappiamo che non si è pronti a eliminare i simboli del privilegio, pensiamo che sia ora che si facciano i conti anche con quelli della nostra liberazione”, spiegano le organizzatrici del collettivo bolognese. E riflettono su come, nonostante il progetto sia stato pensato prima della pandemia, sia importante ribadire oggi le forme di disuguaglianza che si sono accentuate durante il lockdown: con la chiusura delle scuole, la perdita di lavoro da parte di molte donne o l’obbligo di dividersi tra smatworking e cura dei figli e della famiglia; la convivenza forzata con soggetti violenti o ancora la chiusura di consultori o altre forme di assistenza psicologica e sociale. “Questa pandemia ha funzionato in vari ambiti come un acceleratore che ci ha imposto un terribile reality check: all’interno di questa crisi, i divari di genere preesistenti si sono dilatati”, conclude CHEAP. “In uno scenario del genere ripartire dal femminismo ci sembra solo un atto di buon senso”.
– Giulia Ronchi
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