Festival della resilienza. Street Art e rigenerazione in Sardegna
Nonostante i gravi effetti della pandemia, il Festival della Resilienza non si ferma e si appresta a dare il via alla sua nuova edizione, dal 20 luglio al 15 settembre, a Macomer, in provincia di Nuoro. Ne abbiamo parlato con gli organizzatori.
Parola all’associazione ProPositivo, che dal 2009 riunisce giovani sardi sparsi per il mondo, decisi a fare tesoro delle proprie esperienze e a investirle nella loro terra di origine. Il Festival della Resilienza, avviato nel 2015, è l’esito di questo sforzo comune, fra interventi di Street Art e desiderio di rigenerazione in un territorio complesso, che vive le conseguenze dello spopolamento. A parlare è Isabel Gollin, curatrice e direttrice artistica.
Quali obiettivi si pone il festival quest’anno? Come è cambiato dalla prima edizione?
Il festival è cresciuto in termini di tempistiche, programmazione e obiettivi.
Nato nel 2015 per promuovere e mettere in connessione realtà virtuose con territori in difficoltà, in sei anni il festival è cresciuto da un evento di cinque giorni nella zona di Macomer (Nuoro) a una programmazione pluristagionale (estate-autunno) con epicentro nel centro Sardegna e sinergie dentro e fuori l’isola, tra scuole di alta formazione, residenze artistiche, riqualificazione urbana e decine di eventi culturali, rassegne e laboratori creativi e professionali.
Cosa vi ha spinto e vi spinge oggi a realizzare un festival di questo tipo, così articolato, e in questo luogo?
Il Marghine-Planargia presenta le caratteristiche di numerosi territori della Sardegna e d’Italia. Oltre il 90% dei Comuni italiani ha meno di 15mila abitanti; il sistema socio-economico è in difficoltà per la competizione globale e la rivoluzione tecnologica; la popolazione invecchia e i giovani partono. Nel corso degli ultimi decenni la Sardegna, nella sua articolazione pubblica e privata, ha manifestato gravi difficoltà nella gestione dei fondi strutturali europei e nell’articolazione di progetti capaci di risolvere l’arretratezza infrastrutturale, culturale, sociale ed economica in cui versano i suoi territori. Tale debolezza deriva dalla mancanza di una chiara regia istituzionale, di un’ampia mappatura dei bisogni, degli interessi e delle potenzialità territoriali e di una solida base di capitale sociale e collaborativo. Un vuoto in cui molte imprese hanno finito per chiudere, i giovani cervelli a fuggire, le aree rurali a spopolarsi, lasciando soli i cittadini di fronte ad ansia e depressione. In risposta a tali criticità, ProPositivo punta sul binomio scienze sociali e arti pubbliche per disegnare un percorso di community building e progettazione partecipata che favorisca l’incontro, il dialogo e la collaborazione tra istituzioni e cittadini, scuola e imprenditoria, pubblico e privato, per valorizzare i fondi europei, nazionali e regionali.
Da chi è composto il gruppo e come lavora?
Il gruppo di ProPositivo è composto principalmente da giovani professionisti sardi, nati nel centro Sardegna con ampie esperienze, lavorative e di studi, in Italia e all’estero. Dopo anni di partenze e ritorni nell’isola, ogni membro dell’associazione ha sempre avuto il desiderio e la volontà di portare le proprie competenze e il bagaglio di esperienze fatte altrove nel luogo d’origine. I ritorni sono stati, negli anni, gradualmente e maggiormente pianificati nell’ottica di vedersi per progettare interventi sul territorio. Ora 4 membri del team su 5 sono ritornati a vivere in Sardegna.
Quali temi tratterà il festival? In che modo farete dialogare il digitale con la Street Art e le altre arti?
Il contest Oltre i muri, posticipata la scadenza al 20 luglio, punta ad articolare la riflessione artistica a partire da alcune tematiche di priorità a livello globale e locale. In particolare, quest’anno, la pandemia ci ha costretto a esaminare e rimodellare alcuni aspetti delle nostre vite e a ragionare maggiormente sui concetti di confinamento e di relazioni. Nonostante la gravità della situazione, essa ci ha reso tutti “un po’ più simili” e in questa similitudine circostanziale si può porre l’accento sull’immaginazione, si ha il tempo di analizzare non solo il proprio vissuto ma “noi stessi – individui, professionisti” in relazione “alla dimensione dell’altro”, quest’ultimo inteso come comunità in cui siamo inseriti, rapporti interpersonali, responsabilità collettive, condizioni lavorative, scelte rivolte ad affrontare in piccolo le complessità legate alla salvaguardia dell’ambiente.
Quindi come è strutturato il contest?
Il contest di quest’anno, rivolto a street artisti e illustratori, è in formato digitale. Viene richiesto di rispondere alla nostra call inviando delle immagini dell’idea creativa dell’artista con una descrizione. Abbiamo organizzato una triplice giuria, in realtà ci piace maggiormente definirlo triplice dialogo, che favorisce l’avvicinamento tra il linguaggio degli artisti e i diversi pubblici. A tal proposito ci aiuteranno nella selezione sia i partner sardi hOMe network di artisti dell’Urban Center di Cagliari e Non solo Murales di San Gavino Monreale Paese di Artisti, sia perl’ illustrazione Stefano Cipolla, Emiliano Ponzi e Valentina Vinci (L’Espresso) e Officina Mush.
Inoltre stiamo formando un gruppo intergenerazionale di persone di Macomer, che negli anni sono stati coinvolti nel festival in vario modo, con i quali avremo degli incontri per incoraggiare un dialogo sui progetti e sulle finalità estetiche e comunitarie degli interventi di Street Art.
E poi?
Nei prossimi mesi partirà anche una residenza digitale rivolta a musicisti e condotta da Francesco Medda Arrogalla e Moses Concas, già ospiti del festival nelle edizioni passate. Partendo da una mappatura e campionatura dei suoni locali del paese di Macomer, ci si allarga verso l’esterno, ricevendo contenuti da artisti che vivono fuori dall’isola. Il percorso sonoro che verrà creato diventerà parte di tutte le iniziative artistiche che portiamo avanti sul territorio, dalla Street Art al teatro, performance, creando così dei legami tra le diverse discipline e tra gli artisti, accomunati dal principio di creare una nuova narrazione del luogo. Con la riapertura del Paese l’obiettivo è accogliere nuovamente gli artisti e attraverso la nostra formula del brain-surfing agevolare una riflessione itinerante (mentre si scoprono le peculiarità ambientali, artistiche, sociali) tra i professionisti e le comunità che ci ospitano. Non si esclude quindi che già a partire dalla seconda metà di agosto si possano progettare degli interventi di Street Art.
Quali sono gli artisti coinvolti?
Il contest mira a proseguire il percorso che negli ultimi tre anni ha ricevuto risposte da più di 20 Stati, con 50 artisti coinvolti e oltre 30 opere realizzate in 4 comuni del Centro-Sardegna. Sul nostro sito propositivo.eu, nella sezione Street Art, è presente una mappa geolocalizzata degli interventi temporanei e permanenti presenti sul territorio ed è disponibile il catalogo con le schede relative a tutti gli artisti accolti.
La recente esperienza del lockdown a causa della pandemia a quali riflessioni vi ha portato?
Trasformare la crisi in opportunità è il nome e motto del progetto generale dell’associazione fin dal 2015. Non potevamo che ripartire da qui, maggiormente convinti di voler apportare stimoli e accompagnare lo sviluppo socio-economico delle aree interne e marginali della Sardegna e del Meridione, attraverso l’attivazione di processi di community building e progettazione partecipata che supportino i territori nella valorizzazione delle strategie e delle risorse europee, nazionali e regionali. La pandemia inoltre ha reso più forti alcune relazioni. Con molti degli artisti ospitati negli anni abbiamo ragionato per sviluppare e attivare nuovi percorsi creativi con l’intento di renderli utili e produttivi nella loro possibile dimensione pubblica.
Qual è il messaggio che volete lanciare?
Per spiegare meglio il nostro messaggio parto dal nome del festival di quest’anno, Editzione Casiddu, in sardo, ovvero alveare. Si recupera l’immagine dell’alveare come metafora di una comunità unita, solidale e laboriosa nonostante le diverse crisi che è costretta ad affrontare.
Al suo interno l’alveare svolge una funzione organizzativa celebre per la propria efficienza, mentre all’esterno la colonia di insetti esplora, recupera risorse e comunica grazie alla danza, gli ormoni e gli odori. Vediamo in esso un approccio sia analitico che artistico, una forma di armonia della struttura estetica e sociale, dove ogni membro svolge il proprio compito con la massima efficienza per garantire la sopravvivenza della comunità. Su tale dualità si fonda la stessa metodologia di rigenerazione territoriale messa in campo da ProPositivo. Tutto questo per dire che crediamo che l’innovazione e lo sviluppo di un territorio fiorisca quando si incontrano diverse prospettive, discipline e competenze. I diversi professionisti del settore artistico possono portare la necessaria riflessione critica, ingegnosità ed empatia per rispondere ad alcuni dei problemi più complessi che il mondo deve affrontare oggi, entrando in sinergia con il contesto.
Progetti per il futuro?
ProPositivo mira a divenire un’agenzia di sviluppo territoriale. Attraverso un approccio metodologico basato sull’incontro e la sinergia tra il mondo della scienza sociale e quello dell’arte pubblica, l’obiettivo è creare un modello replicabile di sviluppo resiliente per le comunità locali.
‒ Alessia Tommasini
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