Street Art oltre la provincia. Intervista a Tramandars
Parola al collettivo Tramandars, di stanza a Somma Vesuviana ma in contatto con artisti attivi in tutto il mondo. Una riflessione a tutto campo sul ruolo della Street Art e sulle sue ricadute sul territorio.
Tramandars è un movimento multidisciplinare fondato nel 2017 che ha lo scopo di trasmettere arte e cultura nei luoghi storici, ideato dal giovane Gaetano (Tani) Russo.
Realizza opere site specific grazie a progetti trasversali coinvolgendo artisti, autori, studiosi e designer. La missione è esplorare il mondo attraverso gli occhi dell’arte, tra suggerimenti storici, sociali, culturali e tradizionali al fine di “educare ai sentimenti” e definire una nuova dimensione temporale.
Li abbiamo intervistati in occasione del lavoro di riqualificazione voluto da E-distribuzione, per il quale si sono avvalsi dell’aiuto dell’artista Gianpiero D’Alessandro, che ha realizzato l’opera Love is Energy. Il progetto parla dell’uomo, della natura, dell’ecologia, della ecosostenibilità, del razzismo ma soprattutto dell’amore verso tutto ciò che impropriamente si considera diverso. Prima di lui lo street artist argentino Francisco Bosoletti ha creato Alma Memoria, che invita tutti a ripartire dall’arte, dalla cultura, dalla bellezza.
Di cosa si occupa l’associazione Tramandars? Come si sta evolvendo dalla sua nascita?
Per noi “Tramandars – trasmettere arte e cultura” è qualcosa di più ampio rispetto a una semplice definizione tecnico-giuridica. Ritengo ci si addica di più la denominazione di movimento multidisciplinare, nonostante tale termine venga giornalmente abusato in politica per veicolare un trasformismo galoppante; invece noi abbiamo deciso di declinarlo nell’azione di un gruppo di ragazzi vogliosi di combattere, attraverso interventi d’arte, la deriva della società contemporanea. Difatti abbiamo a cuore la costruzione di una società sana, tramite l’educazione ai sentimenti (da ex-ducere – tirare fuori) e riflessioni in contrapposizione alla semplice istruzione per trarre profitto.
Non abbiamo la presunzione di dare risposte, ma il desiderio di porre domande.
Qual è la vostra storia?
Nasciamo nel 2017 con l’intento di avvicinare un pubblico sempre più ampio al mondo dell’arte; abbiamo cominciato organizzando un incontro pubblico nella chiesa e convento di Santa Maria del Pozzo, complesso monumentale della nostra città, Somma Vesuviana (NA).
Per l’evento abbiamo invitato lo scultore Jago, Jacopo Cardillo, che ha subito accettato, esibendosi, per l’occasione, in un public speech, facendo percepire ai giovani presenti quanto l’arte non abbia un potere, ma che sia una “potenza”. Quella forza che non viene impressa dall’alto verso il basso, ma, al contrario, dal basso si eleva verso l’alto.
Da quel giorno abbiamo deciso di trasformare le parole in fatti, consapevoli che un semplice evento non possa ambire a cambiare le coscienze.
Volevamo creare nuovi monumenti che potessero custodire dei sentimenti, quelli che aiutano a riscoprirci e che sono il vero motivo dei nostri pensieri e quindi dei nostri gesti.
Abbiamo realizzato, così, nel 2018, Alma Memoria a opera di Francisco Bosoletti, famoso artista argentino di calibro internazionale.
Come scegliete gli artisti che lavorano con voi?
Il nostro punto di partenza è sicuramente l’esperienza quotidiana: un lavoro di un artista, una storia in un manoscritto o in un libro antico, un concetto filosofico a noi prima sconosciuto, un’esperienza personale. Il trucco sta poi nel combinare questa casualità di esperienze giornaliere con la nostra capacità di collegarle in maniera mai banale, attraverso una visione quasi “infantile” sempre pronta a meravigliarsi del mondo che la circonda, e la nostra perseveranza nel credere che tutto sia realizzabile.
Si tratta in fondo del concetto della serendipità, intesa non come casualità della scoperta ma come intelligenza capace di collegare il quotidiano al filosofico, il saperci fare, che non è “saper fare”, ma “saper fare lì”, in quell’istante e in quel luogo.
In realtà ogni progetto che presentiamo e realizziamo è molto più complesso di quanto sembri, anche perché trova i suoi fondamenti in tali riflessioni. Crediamo infatti, al contrario di chi pensa che la filosofia sia qualcosa di inconcludente, che tutto sia in relazione a essa, poiché rappresenta il pensiero, conscio o inconscio, che è la base delle nostre azioni. Non è forse vero che tutti noi agiamo in base a quello che pensiamo?
Oltretutto, ogni iniziativa è site specific e tentiamo di unire, sotto la grande bandiera dell’arte, la mitologia, la religione, la storia locale e tutto ciò che sia culturale, in modo tale che ogni azione possa essere letta da diversi punti di vista, considerando che si tratta di un grande unicum poiché tutto è unito e tutto è una continua rivisitazione, così come nelle scienze, nell’arte nella cultura e nella vita.
Cosa vi piace dell’arte urbana, della Street Art? Perché la trovate interessante?
Sicuramente tutto dipende dal senso che vogliamo attribuire al termine “Street Art”.
Se la definiamo come l’opera di un artista che decide di uscire per strada e realizzare un’opera outdoor, spontanea, con le proprie idee, il proprio materiale, la propria responsabilità e con la vocazione di creare qualcosa, magari temporanea, in questo caso trovo interessante la capacità di fare arte con un’azione estemporanea e apprezzo l’audacia per l’illegalità ”dell’atto.
Se ci riferiamo invece alla public art o al muralismo, ovvero qualcosa di commissionato, progettato, autorizzato e realizzato con i propri tempi e modi, apprezzo gli interventi volti ad approfondire il territorio e quelli che aggiungono contenuti nuovi a quest’ultimo.
Quelli decorativi, che invece hanno il solo scopo di abbellire un’area urbana, sono più distanti da quello che io ritengo essere il fine ultimo di tali iniziative.
L’arte noi la intendiamo “pubblica” se svincolata dalle istituzioni e prettamente rivolta alla gente; e anche se non gradita a tutti, l’importante è che mantenga la rivoluzionarietà, caratteristica che la rende grandiosa. Per questo preferiamo occuparci più di “public art” che di “Street Art”.
Cioè?
Quella che vogliamo realizzare è arte pubblica e non arte da strada; è solo una coincidenza
l’utilizzo della la strada come nostro museo. Infatti Alma Memoria, la nostra prima opera e il nostro primo intervento, è stata dipinta nel centro storico di Somma, il Casamale, e non in una qualunque periferia urbana di provincia. È interessante come un’opera d’arte, se ben inserita e ben studiata nel contesto, possa concretamente far cambiare le cose, nonostante lo sfondo in cui esse si trovano. Abbiamo iniziato un po’ per gioco, un po’ per piacere.
Ringrazierò sempre di cuore l’altro fondatore di Tramandars, il prof. Gaetano di Maiolo che ci ha lasciati prematuramente, prima della realizzazione di Alma Memoria.
È lui che ha mi ha spronato a iniziare Tramandars e a tramutare in realtà tutte le nostre idee. Ed è per lui che ho trasformato in una missione quello che all’inizio realizzavo per puro piacere.
Qual è dunque il vostro modo di fare Street Art?
Ho letto che la Street Art, in particolar modo i graffiti, sono stati definiti come la più grande e prossima rivoluzione dell’arte contemporanea; a onor del vero bisogna aggiungere che essi sono sempre stati l’Arte, a partire da quelli ritrovati nelle grotte di Lascaux.
È l’immagine di un futuro caratterizzato da un ritorno al passato.
Ma l’arte ha anche il compito di creare ricordi personali alla base della memoria comune.
La prima opera d’arte pubblica che abbiamo commissionato è proprio per questo una cappella votiva alla Memoria, Mnemosine, madre delle muse.
In un periodo in cui sta ritornando di moda l’iconoclastia, noi siamo per l’iconoplasia.
L’Arte deve erigere monumenti, la Cultura invece osservarli da più punti di vista e aiutarci a essere critici, a non dimenticare (levare dalla mente – dalla memoria ) ma anche ricordare ( re-cordo “ cor-cordis “Cuore” ), a riportare al cuore ciò che sentiamo e ciò che proviamo. Un uomo con una penna, un pennarello o un pennello sarà sempre in grado di raccontare, e la capacità di raccontare è quella che ci rende realmente diversi dagli altri animali. Per noi fare Street Art significa anche questo: raccontare.
Vogliamo, attraverso le nostre iniziative, regalare, oltre alla bellezza e alla speranza di rendere la propria città migliore, anche quella meravigliosa inconscia sensazione che si prova dinanzi a grandi opere d’arte, di pensare che tutto sia realizzabile; e questo vale per i grandi monumenti, ma anche per i nostri sogni o i piccoli traguardi quotidiani, perché basta semplicemente volerlo.
Come è cambiata, se è cambiata, la vostra attività, dopo la pandemia?
Penso che la pandemia, più che cambiare la Street Art, abbia cambiato le coscienze di tutti, anche quella di chi gravita nel mondo dell’arte. L’incertezza scatenata da un virus ancora non del tutto conosciuto ci ha portato a riflettere, a immaginare nuovi progetti, ma soprattutto ci ha spinti ancor di più a realizzarli; abbiamo poco tempo su questa terra e dobbiamo renderlo più fruttuoso possibile.
Questa caducità non va intesa come depressiva dell’azione, ma come stimolo propositivo e positivo sia nell’apprezzare ciò che abbiamo realizzato e vissuto, sia nel trovare la forza di cimentarsi in nuove esperienze. Ho cercato infatti di intendere questa ulteriore crisi non come momento di congelamento del mio essere, ma come trampolino per riflettere e progettare ulteriori iniziative quando ce ne sarà data la possibilità.
Ci fai qualche esempio?
Non smetterò mai di ringraziare la dirigente Nicolina Guariglia, di E-distribuzione per averci dato la possibilità di realizzare un progetto molto stimolante in un tale stato di emergenza. Tale impegno ci ha sicuramente aiutato non solo personalmente a rendere fruttuoso il nostro tempo durante il periodo di restrizioni post lockdown, ma anche a lanciare un messaggio di speranza durante i fenomeni di razzismo che si stavano verificando contemporaneamente oltreoceano.
Il progetto, realizzato con l’artista e designer Gianpiero D’Alessandro, Love is Energy, non è una semplice riqualifica di un cabina elettrica ma un vero e proprio grido di speranza per le vecchie e nuove generazioni.
Com’è stato lavorare con D’Alessandro e, prima, con Francisco Bosoletti?
Realizzare un progetto con due artisti di calibro internazionale come Francisco Bosoletti e Gianpiero D’Alessandro è stato fantastico.
Noi non ci siamo mai occupati d’arte prima, non abbiamo timore a dirlo, e a un tratto condividere tempo, spazio e idee con personalità del genere durante la realizzazione di murales passo dopo passo ci ha fatto ristabilire il concetto di misura e di cosa sia realmente grande e cosa realmente piccolo. Oltre a come possa esprimersi l’Arte, i due artisti ci hanno insegnato con il loro modo di pensare, di fare e di vivere, tanto altro, che sicuramente ci ha reso tutti più ricchi di sentimenti e d’emozioni e anche più consci della reale forza della volontà. Francisco Bosoletti è un artista che non ha paragoni ed è difficile etichettarlo perché limiterei la sua personalità geniale.
Che cosa vi ha insegnato?
Abbiamo scoperto che dietro la sua grande tecnica c’è molto di più, significati e insegnamenti inconsci e non che dispensano arte e modi di vita, che racchiudono in un certo senso la filosofia dell’arte e quindi della vita. La sua grandezza, per noi che abbiamo avuto l’onore di frequentarlo, sta anche nel livello umano, ci ha fatto capire la caducità delle cose, cosa significhi l’umiltà e a non perdere tempo nella fugacità delle critiche pretestuose. Soprattutto abbiamo imparato che le cose spesso sono belle per quel che sono, proprio grazie alle imperfezioni. Ci ha insegnato a soffermarci di più su quei dettagli che magari potrebbero sembrare inutili o poco interessanti e quindi a superare quella limitazione determinata dalla velocità della società odierna che si estrinseca nell’età dell’impazienza, dove novità coincide con caducità. Abbiamo instaurato un buon rapporto, non solo noi del gruppo ma tutta la comunità locale. Personalmente lo ritengo un amico, nel vero senso della parola, perché è una persona a me cara. Mi ha dato tanto e ogni istante passato con lui può essere fonte di ispirazione e insegnamento, inoltre mi ha consentito di conoscere altre persone molto valide e impegnate nel sociale a Napoli, che sono altrettanto fonte di pensiero e ragionamento. Continuiamo a sentirci sporadicamente e cerchiamo di incontrarci, tra i suoi mille impegni e viaggi, nella città partenopea alla quale lui è molto legato.
E con Gianpiero D’Alessandro?
Con Gianpiero D’Alessandro l’esperienza è stata diversa perché ci conoscevamo già prima del progetto che abbiamo realizzato, ma ciò non ha influito nel renderla meno emozionante, anzi è stato qualcosa di altrettanto speciale. L’occasione di proporgli di realizzare un’opera d’arte nel suo luogo d’origine, che è anche il nostro, ci è stata data dalla pandemia, considerato che da un po’ di tempo Gianpiero è in pianta stabile a Los Angeles per curare personalmente e totalmente “Drew House” di Justin Bieber.
Gianpiero emotivamente ci ha dato tanto, ma quello che più ci ha colpito è che lui è l’insegnamento fatto persona, che nascere e vivere in provincia non può essere una giustificazione per non avercela fatta o per non ambire a fare grandi cose.
Ci ha fatto capire che quella distanza che percepiamo con il mondo delle celebrità è più piccola di quanto pensiamo e che in fondo, spesso, sono persone semplici come noi.
Progetti per il futuro?
Abbiamo sicuramente intenzione di ristrutturare alcuni monumenti della nostra città, Somma Vesuviana, che versano in condizioni pietose, ma in cantiere ci sono molto progetti anche nel resto della Campania, che abbiamo ideato durante la quarantena e di questo devo ringraziare due miei amici, Davide Battaglia e Luca Bellobuono, in quanto con il loro contributo hanno dato nuova linfa a Tramandars.
Insieme stiamo sviluppando nuove idee, come ad esempio, quelle per il centro storico della mia città, il Casamale, la strada del “ricordo” che terminerà nella “Memoria” di Bosoletti.
Non so quanto ne possa parlare, siamo molto scaramantici noi vesuviani, il progetto è stato già presentato e posso dire che avrà come argomento centrale la figura femminile.
Nello specifico verterà su tre storie di tre donne diverse, collegate con Somma e con la mitologia greca attraverso il simbolismo. Aspettiamo con ansia l’autorizzazione degli organi competenti, nutrendo fiducia nel lavoro che svolgeranno.
Siamo in contatto per realizzare nuove idee con l’artista Franz Cerami e il duo americano dei Fallen Fruit. Inoltre continueremo grazie a Enel (E-distribuzione) questa sorta di nostro “spin-off”, What is Energy, un po’ più pop e presto realizzeremo una nuova opera a Napoli, con un artista degno dei nomi prima citati, con il quale si è creata già una splendida alchimia, e un altro ancora nella provincia di Salerno.
Non vogliamo fermarci, vogliamo creare e non distruggere, perché tra odiare e amare noi di Tramandars preferiremo sempre amare.
‒ Alessia Tommasini
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