Jorit fa il ritratto di Luigi Mangione. Un assassino che diventa eroe può rappresentare l’arte militante?
Lo street artist napoletano, che un anno fa si faceva immortalare con Putin, torna a far discutere condividendo un murale dedicato al giovane ingegnere statunitense che lo scorso dicembre uccise il CEO della compagnia di assicurazioni sanitarie UnitedHealthcare

L’ultima volta che abbiamo avuto modo di scrivere di Jorit, lo street artist napoletano diventato celebre nel mondo per il gigantesco murale di Maradona nel quartiere di San Giovanni a Teduccio faceva parlare di sé per un’iniziativa decisamente poco meritoria. Era il marzo 2024, e Jorit, arrivato in Russia per presentare il suo ultimo murale, dedicato a Ornella Muti (lautamente pagato per rappresentare a Sochi un simbolo – Ornella Muti?! – di fratellanza e pacificazione tra la cultura italiana e quella russa: a ciascuno il compito di valutarne l’opportunità) si immortalava in un selfie con Vladimir Putin (“per dimostrare che sei umano”).
Jorit e il ritratto di Luigi Mangione
Dunque non stupisce ritrovarlo oggi, nuovamente al centro delle polemiche, per l’omaggio che ha scelto di tributare a Luigi Mangione, dedicando all’assassino di Brian Thompson, Ceo della divisione assicurativa di UnitedHealthCare, un ritratto inequivocabilmente riconducibile alla sua mano. Nell’interpretazione di Jorit, infatti, il volto dell’ingegnere ventiseienne che lo scorso 4 dicembre sparava per uccidere nel cuore di Manhattan, portando a termine la sua vendetta contro il sistema assicurativo sanitario statunitense, è solcato dalle caratteristiche strisce rosse tribali che rimandano a rituali magici e curativi africani, regalando al soggetto un’aura mitica. Una fierezza da eroe, rinsaldata dallo sguardo trasognato che sembra scrutare un orizzonte luminoso, che per nulla si addice a Mangione, se non nelle farneticazioni del web e delle piattaforme social, dove il ragazzo ha subito conquistato un’accanita fanbase, che ne rivendica l’assoluzione. Nel quadro di una società come quella statunitense, che dell’assistenza sanitaria ha fatto una mera questione economica, Luigi Mangione incarna infatti, per una fetta dell’opinione pubblica, l’eroe che si sacrifica per scardinare il sistema (anche in Italia, a leggere i commenti sotto il post di Jorit, i fan del ragazzo sono numerosi: “Grandi. Tu e lui“, scrive qualcuno; “Siamo tutti Luigi Mangione“; o anche: “Il coraggio di agire è solo di pochi“).

Jorit e il concetto controverso di eroe
Indubbiamente il suo gesto ha contribuito a riaccendere il dibattito su una questione annosa e di difficilissima risoluzione. Resta il fatto che Luigi Mangione è un omicida. E che Jorit abbia scelto di ammetterlo nella sua carrellata di eroi – oltre a Maradona e Che Guevara, ricordiamo Nelson Mandela e Antonio Gramsci – non fa che confermare la contraddittorietà del suo lavoro. Da anni, l’artista ha scelto di rivendicare il suo non schierarsi “né da una parte politica, né dall’altra” per una questione meramente materiale, come da lui stesso dichiarato a Repubblica in un’intervista del 2018: “Se ti metti da una parte, magari dall’altra ti schifano e non ti fanno fare più niente”. Al contempo, il suo percorso di “militanza artistica” – ancora una definizione sua – “ambisce a diffondere un messaggio di pace”. Evidentemente trascurabile a guardare il murale con la bambina di Mariupol, ritratta nel luglio 2023 su un edificio sventrato dai bombardamenti nella città ucraina occupata dai russi, con i colori della bandiera della sedicente Repubblica popolare del Donesk chiaramente visibili nell’iride, e le bombe della Nato che piovono alle sue spalle. Una denuncia alle bombe della Nato, si dirà, ma non certo alla guerra dichiarata dalla Russia.
L’arte di Jorit tra militanza e ricerca di visibilità
Jorit, per tirare le somme, si è sempre definito un artista libero, mosso dal dovere di creare dibattito. Eppure, ancora una volta con il ritratto di Mangione – per ora presentato solo sulla sua pagina Facebook, in un contesto non specificato – lo street artist conferma di essere principalmente in cerca di visibilità, scegliendo di cavalcare un sentimento di pancia che genera condivisioni social utili da spendere per procacciarsi nuovi lavori. Tutt’altra storia rispetto all’arte che vuole, e sa, far riflettere. Lontana dai populismi e dalla provocazioni senza costrutto.
Livia Montagnoli
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