Piero della Francesca: un maestro tra pittura e geometria matematica
Uno dei più grandi artisti del Rinascimento dell’Italia Centrale, noto per la precisione geometrica e la luce mistica e chiarissima, che ispirò generazioni di pittori successivi. Ecco tutto sulla sua vita, sullo stile e sulle sue opere più importanti
Come lo definì Luca Pacioli, Piero della Francesca (Sansepolcro, 1412/16-1492) fu un vero “monarca della cultura”. Riuscì a conciliare assieme la prospettiva geometrica di Brunelleschi, il senso del volume di Masaccio, la luminosità di Beato Angelico e Domenico Veneziano, e l’attenzione al dettaglio tipica dei Fiamminghi. La sua pittura – spaziosa, monumentale e impassibilmente razionale – rappresenta uno dei massimi raggiungimenti del Quattrocento. Un’arte in cui scienza e spiritualità si fondono.
Piero della Francesca è personaggio difficile da catalogare; punto di cesura tra il nord e il sud di Firenze, lavorò da Urbino all’Umbria, lasciando il segno tanto nel Palazzo dei Duchi, quanto nelle chiese perugine.
La pittura di Piero è subito riconoscibile: caratterizzata da un assoluto rigore matematico, che contribuisce a esaltare la qualità astratta e iconica delle sue opere, conferendo loro una potente valenza sacrale. Nonostante la grandezza del suo lavoro, però, poco dopo la sua morte viene quasi dimenticato. Solo Giorgio Vasari lo menziona nelle sue Vite. Sarà con i Preraffaelliti nel Sette-Ottocento e, soprattutto, grazie agli studi del Novecento, che Piero della Francesca ritornerà ad occupare un posto di primo piano nella storia dell’arte.
Vita di Piero della Francesca
Le origini
Piero della Francesca nacque tra il 1412 e 1416 a Borgo Sansepolcro, in una famiglia di mercanti. La madre era originaria di Monterchi, un piccolo paese vicino. A quei tempi, Borgo era un fiorente centro strategico, posto tra Toscana, Marche e Umbria. Nel 1431 passò dalla Signoria dei Malatesta al controllo dello Stato della Chiesa, e fu poi ceduto al Comune di Firenze nel 1441.
Formazione e prime opere
Piero iniziò il suo apprendistato nella bottega aretina di Antonio d’Anghiari. Tuttavia, le sue prime opere dimostrano già una profonda comprensione dell’arte fiorentina del primo Quattrocento, in particolare della pittura chiara e luminosa di Domenico Veneziano. Piero è infatti documentato come aiuto di quest’ultimo nel 1439, quando lo affiancò nell’esecuzione degli affreschi nel coro della Chiesa di Sant’Egidio a Firenze. Anche le influenze di Beato Angelico, Donatello e Masaccio sono piuttosto evidenti nei suoi lavori iniziali. Un esempio è Il Battesimo di Cristo.
Attività tra Italia Settentrionale e Borgo Sansepolcro
A partire dagli anni ‘50, Piero alternò soggiorni e committenze in Italia settentrionale a periodi trascorsi nella sua città natale. Negli anni ‘40 lavorò a Ferrara per il marchese Lionello d’Este, che gli commissionò una serie di affreschi per il Castello Estense, oggi perduti.
Nel 1451 realizzò un affresco per Sigismondo Pandolfo Malatesta, all’interno del Tempio Malatestiano di Rimini, città in cui strinse rapporti con Leon Battista Alberti. Fu quest’ultimo a incoraggiarlo ad approfondire le sue ricerche prospettiche.
Il Polittico della Misericordia
Nel 1445, i concittadini di Borgo Sansepolcro gli commissionarono il Polittico della Misericordia, a cui Piero lavorò in modo discontinuo fino al 1462. Quest’opera, conservata oggi al Museo Civico di Sansepolcro, mette in risalto il vigoroso impianto plastico delle figure, di ascendenza masaccesca, unito al rigore astratto della composizione e al valore luminoso e atmosferico attribuito persino all’arcaico fondo oro.
Le Storie della Vera Croce
Nel 1452, alla morte del pittore fiorentino Bicci di Lorenzo, Piero accettò l’incarico di proseguire il lavoro nella Chiesa di San Francesco ad Arezzo su commissione della famiglia Bacci. Qui realizzò le celebri Storie della Vera Croce, ciclo di affreschi che terminò solo nel 1465, dopo il suo rientro da un periodo trascorso a Roma al servizio del Papato.
Lavori a Roma e il Polittico di Sant’Agostino
Nel 1459, Piero si recò a Roma per collaborare – assieme ad altri celebri pittori dell’epoca – alla decorazione delle Stanze in Vaticano. Gli affreschi da lui realizzati in quell’occasione, però, furono poi distrutti per far spazio alle opere di Raffaello. Tornato a Borgo Sansepolcro, ricevette dai concittadini l’incarico per il Polittico di Sant’Agostino (oggi smembrato e in gran parte perduto) destinato alla chiesa degli Agostiniani.
La Madonna del Parto e la Resurrezione
Negli anni ‘60, Piero realizzò due delle sue opere più celebri: la Madonna del Parto di Monterchi e la Resurrezione, quest’ultima considerata una delle più importanti rappresentazioni del tema nella storia dell’arte, nonché simbolo della città di Sansepolcro.
La Corte di Urbino
Negli Anni Sessanta, Piero strinse rapporti con la corte di Urbino e Federico da Montefeltro, per cui realizzò i ritratti dei duchi, tra cui la celebre Flagellazione (considerata una summa dei suoi studi sulla prospettiva) e la Sacra Conversazione di Brera – opera rivoluzionaria – che rompe con la tradizione del polittico a scomparti, per proporre un dialogo tra Vergine e santi in uno spazio unitario e misurabile, in diretto rapporto con lo spettatore. A queste opere della maturità si aggiungono la Madonna di Senigallia e la Natività.
Gli ultimi anni e i Trattati
Negli ultimi anni della sua vita, Piero si dedicò alla scrittura di trattati per sintetizzare le sue ricerche. Tra questi, il Trattato dell’Abaco, un manuale di matematica, il Libellus dedicato a Guidobaldo duca di Urbino e il De Prospectiva Pingendi, una guida pratica alla prospettiva. Piero morì nel 1492, divenuto cieco negli ultimi anni della sua vita.
Stile e poetica di Piero della Francesca
Piero della Francesca riprende gli elementi dei grandi iniziatori del Rinascimento – Masaccio, Beato Angelico e Domenico Veneziano – rielaborandoli in qualcosa di nuovo. Vi aggiunge un attento uso della prospettiva matematica, e una certa aura di sacralità. La costruzione anatomica delle sue figure è perfetta, ma meno espressiva rispetto all’umanità di Masaccio.
Luce e Geometria
Influenzato da Domenico Veneziano, Piero adotta nelle sue opere una luce dolce, ma fredda e diafana, che sembra emanare dalle figure e dagli oggetti, conferendo loro un’aura divina. Lo si nota bene in opere come Il Battesimo di Cristo, o la Sacra Conversazione della Pinacoteca di Brera.
Prospettiva e Sezione Aurea
Piero della Francesca utilizza la prospettiva matematica e geometrica, dimostrandone grande padronanza e conoscenza. Sul modello leonardesco, impiega inoltre la prospettiva aerea, con cui crea un’illusione di profondità e distanza, giocando sulle gradazioni di colore. La sezione aurea, un rapporto matematico scoperto dai filosofi pitagorici, è un ulteriore elemento chiave nelle sue opere (si veda La Flagellazione), che rende le composizioni armoniose ma meno naturali.
Masaccio e la volumetria delle figure
Piero della Francesca riprende da Masaccio la volumetria delle figure, pur senza adottarne la naturalezza espressiva. Le sue figure sono perfette nella costruzione anatomica ma prive di emozioni, in uno stato ieratico e sacrale che le nobilita, creando un’immobile atmosfera intellettuale.
Le Opere Principali di Piero della Francesca
Polittico della Misericordia
Il Polittico della Misericordia è la prima opera documentata di Piero della Francesca, commissionata dalla Confraternita della Misericordia nel 1445 e completata dopo oltre 15 anni. Conservata nel Museo Civico di Sansepolcro, questa opera è un esempio della fusione spaziale e della prospettiva utilizzata da Piero.
Il polittico è composto in totale da 23 tavole, con la Madonna della Misericordia al centro, raffigurata mentre apre il mantello in segno di protezione. Le figure sono solide e investite di una monumentalità ispirata a Masaccio, con sfumature coloristiche che richiamano invece Domenico Veneziano. L’attenzione alla geometria è evidente nell’accumulo delle forme e nella disposizione dei fedeli, raccolti a semicerchio ai piedi della Madonna.
L’uso del fondo oro conferisce all’opera un’aura di sacralità e astrazione, creando un ponte tra Gotico e Rinascimento.
La Resurrezione
La Resurrezione (1463-1465) è un’altra opera iconica di Piero della Francesca, conservata nel Museo Civico di Sansepolcro. In questa composizione, Cristo emerge da un grande sarcofago, con la mano sinistra che mostra la ferita del chiodo e la destra che tiene un vessillo con una croce rossa su campo bianco.
I soldati dormienti ai piedi di Cristo sono rappresentati con monumentalità e solidità, in pose diverse. Si dice che uno di loro – quello con la capigliatura corvina – sia un autoritratto dell’artista in persona.
Il paesaggio diviso a metà, secco da una parte e rigoglioso dall’altra, allude alla redenzione dei peccatori e alla nuova vita portata dalla resurrezione di Cristo.
Le Storie della Vera Croce
Le Storie della Vera Croce sono un ciclo di affreschi realizzati da Piero nella Chiesa di San Francesco ad Arezzo. Gli affreschi raccontano la leggenda della Vera Croce e sono considerati uno dei capolavori dell’arte rinascimentale. La complessità della narrazione, la precisione prospettica e la monumentalità delle figure rendono questo ciclo uno degli esempi più significativi del connubio tra arte e scienza nella pittura di Piero.
Conclusione
Piero della Francesca è un artista complesso e affascinante, la cui opera riflette una combinazione unica di influenze rinascimentali, innovazione geometrica e luce diafana. Le sue opere sono riflessioni colte e intellettuali, caratterizzate da una costruzione rigorosa e un’atmosfera di serena maestosità. Per approfondire ulteriormente Piero della Francesca, ecco un video che racconta un’altra delle sue opere più celebri: la Flagellazione di Urbino.
Emma Sedini
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