Yayoi Kusama
(Matsumoto, 1929)
Artista poliedrica giapponese, famosa per la vasta produzione di pois, performance di liberazione sessuale post sessantottine, zucche e mirrors. Lascia il Giappone giovanissima per dedicarsi alla vita d’artista Newyorkese. Negli anni collabora con artisti come Andy Warhol, Lucio Fontana, Ryū Murakami (Tokyo Decadence) e Joseph Cornell.
Biografia Yayoi Kusama
Yayoi Kusama nasce a Matsumoto nella prefettura di Nagano il 22 Marzo 1929 da una famiglia di proprietari terrieri. Nel 1935 frequenta la scuola elementare di Kamata e nel ’41 si iscrive alla scuola femminile di Matsumoto. Nel 1948, a tre anni dalla fine della guerra del Pacifico, si iscrive a un corso quadriennale presso l’Istituto municipale d’arte di Kyoto (Istituto d’arte Dōda) ed è ammessa al corso di nihonga (pittura in stile giapponese).
Nel 1950 l’opera nihonga, Neko (Gatto) viene selezionata per la prima edizione della “Mostra d’arte della prefettura di Nagano”. Nel 1952 all’età di ventitré anni, tiene la sua prima personale alla Sala delle partecipazioni del comune di Matsumoto, esponendo circa duecentosettanta opere tra cui: Death of Moths, Eternal Land, Debris of Plants e Spirit of trees. Nel 1953 è ammessa all’ Académie de la Grande Chaumière di Parigi e nello stesso momento le si presenta l’occasione di tenere una personale a Tokyo, combattuta, rinuncia all’accademia francese. A Gennaio del 1955 espone in anteprima al Bridgestone Museum poi alla galleria Takemiya in una mostra organizzata dall’artista e critico d’arte Shūzō Takiguchi.
In questo periodo comincia la corrispondenza con la pittrice Giorgia O’Keefe, la prima lettera risale al 15 novembre del 1955: «Sono un’artista giapponese che ha dipinto per 13 anni da quando aveva tredici anni. Non ho mosso che i primi passi sulla lunga e tortuosa via della pittura, e lei per me è un’entità molto distante, ma le sarei grata se volesse indicarmi la direzione da seguire». Insieme alla lettera, Yayoi Kusama spedisce anche degli acquerelli. Il 14 dicembre O’Keefe risponde: «Qui negli Stati Uniti i pittori hanno vita difficile. Cosa mi dici invece del Giappone? Ho un grande interesse per l’arte del tuo paese e mi piacerebbe visitarlo, ma per me è davvero molto lontano. Sarò felice di ricevere altre tue notizie».
Nel 1957, con l’aiuto del pittore Kenneth Callahan e il professore George Tsutakama, Yayoi Kusama tiene la prima personale in America, presso la Zoë Dusanne Gallery di Seattle.
Debutto Newyorkese
Lasciata Seattle Yayoi Kusama parte per New York. Sono anni di duro lavoro per l’artista che dedica notte e giorno alla creazione, mostra le sue opere a galleristi e partecipa a concorsi. I rifiuti, la fame e il forte stress a cui è sottoposta le provocano dei crolli nervosi. Spesso per sopperire a tutto ciò come lei stessa dichiara nell’autobiografia Infinity Net, nei “momenti di tristezza” «In cima al più alto grattacielo esistente all’epoca [Empire State Building] sentivo di essere sulla soglia di ogni ambizione terrena, che ogni cosa era possibile. Un giorno, lì a New York, avrei stretto tutto ciò che volevo in quelle mie mani vuote. Lo desideravo furiosamente, con tutta me stessa. Il mio impegno per attuare una rivoluzione nell’arte era tale che sentivo il sangue ribollire nelle vene, e dimenticavo la fame».
Nell’ottobre 1959 inaugura la prima personale Newyorkese presso la Brata Gallery sulla 10th Street intitolata “Obsessional Monochrome“, in mostra ci sono diversi Infinity Nets bianchi su sfondo nero privi di struttura e di centro. Il grande successo della mostra provoca un effetto domino, sono molte le riviste d’arte che la elogiano tra cui: Arts Magazine, Art News e il New York Times. Quattro mesi dopo espone alla Gres Gallery di Washington DC con “Infinity Nets” riscuotendo anche per questa un enorme successo.
Questa personale le apre le porte per la mostra internazionale “Monochrome Malerei“, un esposizione fondamentale di pittura monocroma al museo di Leverkusen in Germania. All’evento, ideato dal teorico d’architettura e critico d’arte Udo Kultermann, partecipano anche artisti del calibro di Lucio Fontana, Yves Klein, Piero Manzoni e Rotchko.
Yayoi Kusama e l’arte psicosomatica
Nell’ottobre 1962 alla Green Gallery di New York, Yayoi Kusama espone la sua prima installazione, una poltrona a otto gambe dipinta di bianco e ricoperta di protuberanze di forma fallica “Accumulation No. 1“.
I falli, definiti dall’artista soft sculpture, rientrano nella teoria artistica denominata arte psicosomatica, ovvero: riproporre ossessivamente un elemento spingendolo ad un punto estremo per il quale esso si annulla. «Ho cominciato a costruire falli nel tentativo di superare le mie fobie: avrei continuato a produrne e alla fine sarei riuscita a vincerle. In altre parole, quei falli erano una forma di automedicazione: E’ ciò che chiamo “arte psicosomatica”».
Self-Obliteration
L’obliterazione avviene «applicando pois su tutto il mio corpo e poi ricoprendo di pois anche lo sfondo […] In questo caso la rete, che fa da sfondo, è il negativo, mentre i pois sono il positivo: è questo il rapporto. Quanto alle soft sculptures falliche, le parti sporgenti sono il positivo e lo spazio tra l’una e l’altra il negativo. Il negativo e il positivo diventano un tutt’uno: in quel momento si attua l’obliterazione».
Dato questo postulato il suo lavoro acquista una dimensione tridimensionale e spaziale che permette la nascita della prima “Infinity Mirror Room – Phalli’s Field” tenutasi alla Castellane Gallery nel 1965. Posizionando specchi per tutta la sala e ricoprendo il pavimento di falli a pois, Kusama gioca con il riflesso che produce uno spazio infinto invaso da simboli erotici.
Nel 1966 presenta “Kusama’s Peep Show“ altrimenti nota come “Endless Love Show” tenuta sempre alla Castellane Gallery, un’ unica installazione multimediale ricoperta di specchi e lampadine colorate ad intermittenza.
Kusama Happenings
Yayoi Kusama si dedica anche alle performance, la prima risale al 1967 intitolata The Body Paint festival tenutasi davanti la chiesa di St. Patrick di New York. Questo è solo l’inizio di quelli che saranno definiti dei veri e propri eventi ai quali parteciperanno attivamente anche molti spettatori. Influenzati dalla cultura pacifista e di liberazione sessuale di quegli anni, « Un manipolo di giovani uomini e donne hippie. Di fronte a un folto gruppo di spettatori si denudarono e bruciarono una sessantina di bandiere a stelle e strisce, mentre io, in piedi in mezzo al fumo, davo alle fiamme bibbie e cartoline di leva. Terminata quella parte della performance, nudi com’erano si abbracciarono, si baciarono alcuni iniziarono a fare sesso» In molti di questi sia in America che in Giappone, Kusama viene arrestata.
Senza farsi intimorire l’artista porta gli eventi in tutta Europa e dirige il film Kusama’s Self-Obliteration che riscuote numerosi premi, dalla quarta edizione del Festival Internazionale del Cortometraggio (Belgio) alla seconda edizione dell’Ann Arbor Film Festival.
Ritorno in Giappone
Dal 1975 vive in Giappone nell’ospedale psichiatrico di Seiwa e lavora nello studio di Shinjuku. Nell’ottobre del 2017 inaugura il Yayoi Kusama Museum. Il museo raccoglie dalle primissime opere dell’artista fino a quelle odierne.
Collaborazione con Louis Vuitton
Nel 2010 Yayoi Kusama collabora con la maison Luois Vuitton. Il direttore creativo Marc Jacobs, le commissiona una collezione speciale per l’inaugurazione della mostra al Whitney Museum of American Art di New York.
Biennali
Nel 1966 partecipa alla XXXIII Biennale di Venezia con Narcissus Garden, un opera ambientale composta da 900 di sfere di metallo.
Piovono ancora critiche, Kusama viene fermata dalla polizia poiché vende agli spettatori per mille lire le proprie sfere. Nel 1993 rappresenta il Giappone alla XLV Biennale di Venezia presentando circa venti opere, tra cui Mirror room (Pumpkin), Shooting Stars e Infinity Flowers Petals.
La zucca (pumpkin) è un elemento ricorrente nell’arte di Yayoi Kusama. La fascinazione per le zucche nasce durante l’infanzia dell’artista: passeggiando per le piantagioni in compagnia del nonno, ammirata dalla semplicità strutturale delle zucche, compone infatti i suoi primi acquarelli. Kusama coglie non solo la grazia della forma ma anche «l’impressione di solida spiritualità» di esse. Altro elemento vegetale spesso ricorrente è il fungo (mushroom).
Mostre (selezionate)
- 1959: Obsessional Monochrome, New York
- 1966: Biennale di Venezia
- 1967: The Body Paint Festival, New York
- 1993: Biennale di Venezia
- 2012: Oblitaration Room, Brisbane
- 2012: Yayoi Kusama, Parigi
- 2012: Yayoi Kusama, Londra
- 2018: Yayoi Kusama ‒ Life is the heart of a rainbow, Giacarta
- 2019: Yayoi Kusama, Every day I pray for love, New York
- 2020: Tate Modern turns 20, Londra
- 2021: Yayoi Kusama: A Retrospective, Berlino
- 2021: Yayoi Kusama – Cosmic Nature, New York
Bibliografia di Yayoi Kusama
- Yayoi Kusama, Infinity Net. La mia autobiografia, Johan & Levi editore, 2013
- Elisa Macellari, Kusama. Ossessioni, passione, arte Centauria, 2020
– Erika Torlo