Nasce a Napoli un museo sulla storia gastronomica della città (No, non è un museo della pizza)
Lo spazio permanente apre in centro come distaccamento del Museo di Napoli, progetto avviato nel 2017 da Gaetano Bonelli, instancabile collezionista di cimeli e documenti che raccontano la storia partenopea. C’è anche la pizza si, ma non solo
Che a Napoli si sbandieri, per l’ennesima volta, l’apertura di un museo della pizza, non è una notizia. E l’ultima novità sul tema non risponde propriamente alle aspettative, sebbene sia decisamente più interessante per altri aspetti che affronteremo a breve.
Napoli e l’atteso museo della pizza
La città nutre verso il suo alimento-feticcio una devozione che ha a più riprese portato a discutere sulla necessità di dedicargli uno spazio museale permanente, per raccontarne le origini, l’evoluzione e mettere in risalto il riconoscimento Unesco arrivato nel 2017 a premiare il mestiere (“l’arte”) del pizzaiolo napoletano. E infatti da tempo – oltre dieci anni – l’Associazione Pizzaiuoli Napoletani si è fatta promotrice della raccolta di fotografie, suppellettili, attrezzature e utensili che potrebbero contribuire alla nascita di un Museo della Pizza, marchio peraltro già registrato dalla stessa associazione, con l’auspicio che possa concretizzarsi in uno spazio fisico, nel prossimo futuro. Tanto più che l’amministrazione cittadina ha più volte speso in passato parole di impegno sulla nascita di un museo che potrebbe diventare una delle mete più attrattive per il turismo locale. C’è da ricordare, in questa storia, che il tentativo di battezzare un museo della pizza, sebbene incluso all’interno di un percorso di più ampio respiro, a Napoli fu già percorso nel 2014, quando il progetto fu ospite del MAMT (Museo Mediterraneo dell’Arte, della Musica e delle Tradizioni, oggi anche Museo della Pace) di Piazza Municipio, sotto la supervisione dell’Università Federico II. Nel frattempo, alla fine del 2023, ha inaugurato nel centro della città il MUTE, Museo della Tradizione enogastronomica campana, formula ibrida di spazio espositivo, bottega e ristorazione.
Il Museo di Napoli e la collezione Bonelli
E di segno ancora diverso è l’ultima novità del circuito culturale partenopeo, un museo della “storia enogastronomica della città” allestito negli spazi della Domus 19 di piazzetta Riario Sforza, nato alla fine di aprile 2024 come distaccamento del Museo di Napoli. Che è probabilmente il motivo di maggior interesse della vicenda. Il Museo di Napoli è infatti frutto dell’amore di Gaetano Bonelli per la sua città: la collezione che riunisce passa in rassegna la storia e la memoria di Napoli attraverso un’infinità di testimonianze materiali e documenti, cimeli e feticci. Un repertorio unico riunito in quarant’anni di ricerche e acquisizioni, organizzato in oltre venti aree tematiche. Ospitato dal 2017 presso la Fondazione Casa dello Scugnizzo di piazzetta San Gennaro a Materdei, il Museo è visitabile su prenotazione, gratuitamente.
Un nuovo museo sulla storia enogastronomica di Napoli
La scelta di trovare uno spazio ad hoc per la sezione dedicata all’enogastronomia risiede proprio nelle potenzialità dei cimeli che aiutano a ripercorrere la storia delle pietanze tipiche della tradizione campana, ma anche quella dei ristoranti napoletani che le hanno rese celebri nel mondo. Le testimonianze esposte coprono l’arco temporale che dal XVIII secolo conduce alla prima metà del Novecento, evocando il fascino di antiche torrefazioni e caffè, di cioccolaterie, trattorie e immancabili pizzerie, con la pizza a giocare un ruolo da protagonista nella narrazione, con l’esposizione di un forno a legna dell’Ottocento, dagherrotipi e vecchie fotografie delle prime pizzerie.
Tra manifesti, foto d’epoca e lezioni di pizza
Una collezione di antiche fotografie documenta inoltre il lavoro degli ambulanti del cibo di strada, da cui discende il successo dello street food, ancora molto apprezzato e folcloristico nella tradizione cittadina. Si osserva, però, un tempo che non c’è più, con i venditori specializzati nella proposta di numerose specialità in gran parte scomparse. C’è spazio poi per manifesti e pubblicità d’epoca, ricevute e menu, ricettari, utensili antichi e oggetti curiosi, come la caffettiera in rame da cento tazze, di manifattura napoletana, appartenuta al Gran Caffè Fontana alla Torretta. La testimonianza più antica in mostra è un polizzino sciolto spiccato da Giuseppe Gallo sul Banco dei Poveri, datato 1720, avente come causale la fornitura di vino per un importo di sei ducati e quattordici grana. Il percorso è completato da un totem multimediale per la visione di filmati d’epoca, tra cui le voci di Napoli di Raffaele Viviani e la scena del caffè tratta da Questi fantasmi di Eduardo De Filippo. E tra le attività interattive rivolte al pubblico non manca un’esperienza a tema pizza, con la possibilità di partecipare a laboratori dinamici per apprendere l’arte del pizzaiolo. Assaggi compresi.
Livia Montagnoli
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