Gagosian alla sbarra
La (presunte) magagne di Larry Gagosian. Il mega-gallerista finisce in tribunale e rischia di doverci rimettere un bel gruzzolo. A denunciarlo un suo affezionato collezionista, più volte vittima di affari poco limpidi. Una storiaccia che sa di farsa e che comincia con il ritratto di una mucca...
Ha una bella gatta da pelare il supergallerista Larry Gagosian, in questi giorni al centro di una spinosa questione che lo ha portato davanti ai tribunali statunitensi. Il pomo della discordia è un noto dipinto del californiano Mark Tansey, The Innocent Eye Test (1981), opera in bianco e nero dal sapore canzonatorio. Il soggetto? Una mucca a cui un pool di studiosi e scienziati mostra una tela, raffigurante il “déjeuner sur l’herbe” di altre due vacche, mollemente accovacciate sotto a un albero: il test mette alla prova l’innocente occhio bovino, cercando di rispondere a domande del tipo: “riesce la mucca a riconoscersi nel dipinto?”, “qual è la sua particolare prospettiva?”, “la si può considerare un fruitore obiettivo?”. Elucubrazioni oziose, interpretate come un’ironica parodia dell’attuale condizione dell’arte, prigioniera di intellettualismi vacui e dell’ignoranza di un pubblico un poco “tonto”.
È il collezionista Robert Wylde a restare fatalmente sedotto dall’opera, tanto da decidere, nel 2009, di acquistarla. E non fu certo una questione di pochi spiccioli: due milioni e mezzo di dollari, finiti nelle tasche della Gagosian Gallery di New York, incaricata di vendere il pezzo.
Tutto contento, il businessman britannico si appende nella sua residenza di Monaco il bel Tansey, fiero del piccolo capolavoro satirico che prende per i fondelli il dorato mondo dell’arte. Ignaro, però, di essere egli stesso al centro di una bizzarra pagina di satira.
È solo all’inizio del 2011 che l’uomo scopre di aver pagato il quadro di qualcun altro. The Innocent Eye Test appartiene, infatti, per il 31% al Metropolitan Museum di New York. Un dettaglio che la galleria avrebbe candidamente omesso. Ora, spendere una simile cifretta per poi apprendere che il nuovo gioiellino di casa è in parte proprietà di un museo, non dev’essere cosa piacevole. Scatta così la denuncia: Gagosian viene citato in giudizio per svariati milioni di dollari, a causa dell’affare concluso – a detta di Wylde – tramite l’inganno.
La colpa pare sia attribuibile al precedente proprietario del quadro, l’art dealer Charles Cowles, che lo affidò alla galleria per piazzarlo sul mercato, senza informarla della doppia proprietà. Ignaro pure lui, sembrerebbe. Questa almeno la linea difensiva, che punterebbe sugli “innocent eyes” di venditore e intermediario. Ma una controllatina alle carte, prima di chiudere la trattiva? Possibile che la prestigiosa comproprietà istituzionale non fosse registrata e ufficializzata in alcun modo?
I sospetti di malafede sembrano in effetti pesare come un macigno sulla rispettabile reputazione dello squalo Larry. Ad aggravare la situazione c’è poi un’altra accusa mossagli da Wylde, che avrebbe da lui acquistato – ancora nel 2009 – un dipinto di Richard Prince (Millionaire Nurse) per oltre 2 milioni. Peccato che la vendita fu improvvisamente annullata una volta sopraggiunta un’offerta più succulenta. Scorrettezza recidiva dell’uno o solo un‘annata sfortunata per l’altro?
Ad ogni modo, pare che il gallerista non stia dormendo sonni tranquilli, e che la sua difesa dovrà essere particolarmente vigorosa. Quanto a Wylde, gli è toccato un bizzarro destino: per colpa di un quadro che sfotteva il sistema dell’arte, s’è lui stesso ritrovato in mezzo a una clamorosa farsa. Che dire? Lo humour di Tansey ha colpito nel segno. E a subire il colpo più amaro, probabilmente, sarà il pingue portafogli del bilionario Gagosian…
Helga Marsala
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati