Other criteria. Se queste due parole vi fanno venire in mente soltanto la factory di Damien Hirst, allora sarà il caso di continuare a leggere con una certa attenzione questo articolo. Perché Other criteria è il titolo di un’opera capitale della critica d’arte del XX secolo. E questo pezzo, purtroppo, è un necrologio, visto che il suo autore, Leo Steinberg, non c’è più, scomparso nella sua casa newyorchese domenica sera, alla bella età di novant’anni. Nato a Mosca nel 1920, seguì le peripezie del padre, ex rivoluzionario esiliato dai bolscevichi, dapprima a Berlino e poi, dopo l’ascesa del Nazismo (era di origine ebrea), a Londra. Nel 1945 si stabilì nella Grande Mela e in America visse per tutta la vita, dividendosi tra la carriera accademica e quella di critico e storico dell’arte a trecentosessanta gradi.
Basterebbe la sua raccolta di stampe (3.200 pezzi, tra cui Michelangelo, Rembrandt, Goya, Matisse, Picasso e Jasper Johns, donati al Collegio di Belle Arti di Austin, in Texas) a testimoniare di una pluralità di interessi affrontati sempre con spirito libero, talvolta polemico ed eslege, sempre alla ricerca del punto di vista originale, anomalo e forse un tantino provocatorio, sorretto da una prosa vivace, affabulatrice, ricercata nel linguaggio e nello stile, al punto da valergli nel 1983 – primo storico dell’arte – un premio per la letteratura dell’Accademia Americana e Istituto delle Arti e delle Lettere.
Celebri e copiosi gli studi sul Barocco (nel 1960 aveva conseguito il dottorato alla New York University con una tesi sulla Chiesa di San Carlo alle Quattro Fontane) e sul Rinascimento; a quest’ultimo periodo è legato il controverso saggio La sessualità di Cristo nell’arte rinascimentale e il suo oblio nell’età moderna (1983, ma uscito in Italia nel 1986 per Il Saggiatore), tematica “sensibile”, sviscerata attraverso una miriade di esempi iconografici e dissertazioni teologiche, che – ovviamente – divise la critica tra chi considerò Steinberg un “rivoluzionario” e chi invece rimase perplesso da interpretazioni troppo forzate. Un libro “da non sottovalutare”, ma – ebbe a dire Ernst Gombrich – “pericoloso da seguire”.
L’appello a superare il formalismo tradizionale per una nuova visione teoretica e metodologica, l’esortazione ad un approccio globale è il basso continuo della produzione di Steinberg, connotata da un’inclinazione alla frammentarietà, che al “tomo” preferiva l’icasticità dell’articolo o del saggio breve. Ed è appunto da una raccolta di interventi che nasce Other criteria, acclamatissima pietra miliare per l’arte del Novecento, che metteva insieme scritti (dal 1953 al 1971) su figure come Picasso, Jasper Johns, Pollock, De Kooning, Philip Guston. L’amore per il contemporaneo affiancò costantemente quello per l’antico, tant’è che, se nel 2000 uscì “Incontri con Rauschenberg”, nel 2001 venne data alle stampe una nuova e più complessa lettura dell’Ultima Cena di Leonardo.
Una devozione totale per l’arte, “specchio della vita”, se non di più. In particolare la pittura, perché “qualsiasi cosa ciascuno possa fare, la pittura lo fa meglio“. Chissà di che colori è, adesso, il cielo di Steinberg.
Anita Pepe
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