A Milano è tempo d’Africa. E William Kentridge (Johannesburg, 1954) concede alla città un breve periodo di visita. Combinando film, installazioni video, stampe, disegni, concerti e performance, l’intraprendente draughtsman sciorina un repertorio di prim’ordine.
Ben lontano da quando metteva in scena sole comunità percosse dall’Apartheid, paesaggi che lo hanno reso noto al pubblico agli inizi degli anni ‘90 (si pensi a Ubu and the Procession), Kentridge preferisce dare saggio delle proprie visioni oscure, presentandosi anche come disegnatore d’ombre, appassionato melomane e grande intrattenitore. Nell’arco di cinque settimane, a partire dallo scorso 15 marzo, Palazzo Reale, il Teatro Verdi, la Galleria Lia Rumma, la Triennale e persino il Teatro alla Scala danno vita ai tracciati di Kentridge, ai film animati, alle sue sculture, ai suoi disegni, alle proiezioni, alle performance, alle scenografie e alle regie di teatro e lirica.
Fino al 3 aprile, a Palazzo Reale, nella sala delle Otto Colonne, sono proiettati i film Breathe, Dissolve e Return, eseguiti nel 2008 per l’opera From the Beginning, prodotta dal Teatro La Fenice di Venezia. Kentridge, movimentando sculture formate da mosaici di carte e fili, attraverso l’utilizzo di un piedistallo girevole, disegna profili (di un cantante, di un direttore d’orchestra, di un personaggio con i baffi, di una danzatrice, di un naso, di un cavallo) davanti all’occhio della macchina da presa. Tra la lanterna magica e la fantasmagoria, il salone di Palazzo Reale diventa in una specie di teatro privato, mentre l’accesso dalla Sala delle Quattro Colonne assume la funzione di foyer.
All’interno sono esposti due arazzi, provenienti dal lavoro preparatorio per l’opera Il naso di Shostakovich (Metropolitan di New York, 2010), la proiezione video di un libro sul quale sono disegnate alcune figure di (Repeat) From the Beginning e la registrazione dal vivo del concerto.
“La tastiera linguistica di Kentridge (disegno, scultura, arazzi, film, musica) si presenta fin dall’inizio”, sostiene la curatrice del progetto Francesca Pasini, “ma il filo rosso del progetto è il teatro: lo ritroviamo nei film Breathe, Return, Dissolve, nel concerto stesso, e ovviamente in Woyzeck on the Highveld. c’è inoltre un tema ricorrente in tutta l’opera di Kentridge che a Milano trova un particolare evidenza: la disintegrazione e la necessità di riaggregare i frammenti per capire se stessi e il mondo”.
Nuovamente a Palazzo Reale, oggi (19 marzo) si terrà un concerto-show, intitolato Sounds from the Black Box, che vedrà i musicisti Vincenzo Pasquariello e Philip Miller (con alcuni interventi di Kentridge) accompagnare le proiezioni di otto film storici del draughtsman sudafricano, tra i quali Hotel, Rhino e Stereoscope. Domenica debutterà alla Scala la prima del Flauto magico di Mozart, con scenografia e regia dello stesso Kentridge. Spettacolo che, in una prima versione, era stato presentato al San Carlo di Napoli nel 2006.
Sempre da oggi, la nuova sede della galleria di Lia Rumma ospita una mostra di Kentridge, evento inaugurato con la performance I am not me the horse is not mine, prevista al piano terra, per la durata di circa 40 minuti. Il titolo di questo lavoro deriva da un’espressione contadina russa utilizzata per negare la colpa e usata da Bukharin, il fedele luogotenente di Lenin, in una seduta del Comitato centrale del 1937, nel tentativo di sottrarsi alla purga staliniana e, infine, alla morte. La mostra prosegue al primo piano con l’epopea del Naso quale eroe equestre, e del suo antieroico e donchisciottesco cavallo, tradotta nei più tradizionali mezzi espressivi dell’arazzo e della scultura in bronzo. Completa l’installazione al piano, disposta sulla terrazza esterna alla galleria, una grande scultura in acciaio dedicata alle donne sudafricane che trasportano al tramonto la brace ardente in contenitori posti sulla testa. Firewalker è il prototipo di tre metri di una imponente scultura pubblica realizzata a Johannesburg nel 2009.
Al secondo piano della galleria sono in mostra grandi e piccoli disegni che rappresentano campi di olivi mediterranei, figure mitologiche o completamente reinventate dall’artista, acquerelli a cui si ispirano i nuovi e inediti mosaici, recente esperienza artistica di Kentridge dopo le sue numerose visite a Napoli e Pompei.
Da non mancare, per completezza, l’installazione di Kentridge, nell’ambito del XVII Festival Sguardi Altrove, presso la Triennale di Milano, fino al 27 marzo, e la prima italiana del Wojzeck sull’Highveld, in scena al Teatro del Buratto-Teatro Verdi, il 20 e 21 aprile, tratto da una tragedia di Georg Büchner, prodotto con la compagnia di marionette Handsping Puppet.
Sculture aeree, videoanimazioni, totem, comunità metaforiche e figure sull’orlo della rottura ripropongono a Milano, una volta di più, l’urgenza reale di un compositore che però, non sempre, mostra di avere il giusto tempo per illustrare a fondo il proprio cosmo d’appartenenza.
Ginevra Bria
www.festivalcinemaafricano.org
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