Se non lo conoscete, subito direte, con un ghigno intellettuale: “Altre due braccia rubate all’agricoltura“. Il nuovo ministro della cultura arriva infatti dalla coltura. Ma stavolta non bisogna farsi ingannare da facili sillogismi e abbinamenti.
Ho conosciuto dal vivo Giancarlo Galan sei anni fa. Quando in Veneto cominciò un “curioso” e inaspettato avvicinamento ai temi della cultura contemporanea. Suggeritore dell’attuale ministro era Franco Miracco, storico dell’arte, pensatore sopraffino e tessitore, che gli faceva da portavoce. E che ancora lo segue. Furono anni appassionati e unici in cui la Regione del Veneto diventò un punto di riferimento italiano per la vivacità delle proposte artistiche. Anni di possibilità e sperimentazione. Di tentativi e aperture ai territori di confine.
Ricordo operazioni come Una nave pirata, una due-giorni di incontri per riformare la Biennale di Venezia, o il sostegno alla nascita di C4, il primo centro di formazione italiano al contemporaneo con Luca Massimo Barbero. Le agende di fine anno della Regione che diventavano Moleskine con i giovani artisti o il sostegno alle mostre di Chiara Bertola alla Fondazione Querini Stampalia. Lo studio del distretto culturale evoluto di Pier Luigi Sacco come le battaglie con il Guggenheim per Punta della Dogana. E le operazioni continue con tantissime piccole, micro associazioni culturali che nel frattempo crescevano nei territori.
Io curai la stanza del Veneto alla Biennale di Architettura nel 2006. Era una stanza che fotografava la situazione dell’ambiente e del territorio in modo duro. Non era di certo uno spot turistico. Non ebbi nessuna intromissione, ma completa libertà d’azione. Galan aveva capito che doveva confrontarsi con il proprio futuro contemporaneo per sopravvivere. Che la cultura non è una questione di mostre ed eventi. Non è catering. La cultura è il motore economico e sociale del Paese. Come ci spiega Sacco. Più cultura uguale più pane. Direbbe lui, al contrario del suo amico-nemico al Tesoro, Mister Tremonti.
Questa non è un’apologia di Galan. È la mia esperienza che partiva inizialmente da una posizione molto critica. Galan ha dalla sua che ci capisce. Che capisce quello di cui parliamo. Che è già moltissimo. Ha imparato la nostra lingua. Comprende le esigenze. Quello che saprà fare non lo sappiamo. Sappiamo che abbiamo però un ministro contemporaneo. Purtroppo senza portafogli. Ma aperto alle nostre richieste.
Cristiano Seganfreddo
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