Capitolo Design. Cosa combineremo qui su Artribune?
E quale momento migliore di questo, alla partenza del Salone del Mobile per parlarne? Quale contesto più adeguato se non l'unico momento dell'anno in cui Milano, e di converso l'Italia, sono davvero dentro alle cose. Sono davvero internazionali? E allora profittiamone per introdurre la partenza di Good Design, rubrica su web e su carta diretta dalla insostituibile Valia Barriello. Cliccate qui sopra, per leggervi la sfilza di buoni propositi per l'immediato futuro.
La rubrica di design parte da qui, o meglio riparte da qui, da dove l’avevamo lasciata, ma completamente rinnovata, con indosso una nuova veste di graphic design e, all’interno, contenuti che spaziano fra più arti.
Il titolo della rubrica, Good Design, è un voluto e doveroso omaggio a Bruno Munari, grande maestro soprattutto di creatività, di quell’estro particolare che è legato indissolubilmente all’arte della progettazione. Nel minuscolo volume che dà il nome alla rubrica, Munari analizza un’arancia, dei piselli e una rosa, e descrive questi frutti e fiori come se fossero prodotti ottenuti industrialmente. La natura è il miglior designer e un’attenta osservazione dei prodotti naturali non può che rafforzare la progettazione.
Ed è proprio di questo che si occuperà la rubrica Good Design di Artribune: dell’arte della progettazione. “Tutto è progetto”, ricorda Beppe Finessi, esperto conoscitore dei sottili modi “del fare”, e anche questa nuova rubrica, nel suo piccolo, sarà un nuovo progetto di design.
Il termine design non connota ormai più semplicemente un prodotto di stampo industriale ma, se legato ad altri termini, sconfina in numerosi campi dell’arte: art-design, graphic-design, packaging, food design ecc.
Il nostro progetto abbraccerà tutte queste direzioni che sta percorrendo il design e altre ancora, le racconterà, le analizzerà e qualche volta le criticherà.
Ci ritroveremo così, nei prossimi mesi, a osservare il packaging di un succo, dalle sembianze di un frutto, e scopriremo che è Naoto Fukasawa, designer giapponese di Muji, ad aver progettato questa perspicace confezione. Scopriremo lampade fatte di sole biro bic e riconosceremo l’ecodesign nei prodotti di Paolo Ulian. Ci verrà l’acquolina in bocca a osservare le torte di Martì Guixè, primi esempi di food-design. Riscopriremo la ruota e un intelligente modo per trasportare l’acqua nei Paesi poco sviluppati grazie a Design for the other 90% e il loro design sociale. Visiteremo mostre di graphic-design e andremo a sfilate di dress-design. Acquisteremo, tra gli scaffali della Coop, le mollette per il bucato di Giulio Iacchetti o i feltrini di Lorenzo Damiani.
Ci interrogheremo costantemente sui prodotti generati dal connubio fra arte e design, sull’artigianato e sul design anonimo. Seguiremo il Salone del Mobile come le piccole fiere di design autoprodotto. Intervisteremo i protagonisti dell’intero ciclo di progettazione, quindi non solo i designer, ma anche le aziende. Capiremo che il design può essere tutto questo, e altro ancora; il nostro compito sarà scoprirlo, riconoscere il good design munariano e riuscire a districarci nel fitto mondo delle meraviglie che oggi è il disegno industriale.
Valia Barriello
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