Cosa capita nei musei e nelle gallerie d’arte milanesi durante il Salone?
Che a Milano sia impazzato il Salone del Mobile, e soprattutto il Fuori Salone, dovreste averlo capito, vista la mole di news in tempo reale che hanno percorso il sito di Artribune in questi giorni. Ora diamoci il tempo per una riflessione: ovvero i rapporti su arte e design. Ma mica in generale. Parliamo di spazi che per una settimana l'anno cambiano i connotati e si “prestano” all’industria.
Milano, 11-18 aprile 2011. La celebrazione dei cinquant’anni del Salone del Mobile apre l’universo, in centro città. Terrazze da fiaba, vecchie fabbriche, appartamenti interi e ballatoi antichi diventano cornici ideali, supporti allestitivi per le ultime novità: sedie, tavoli, accessori per la cucina, arredo bagno, lampade, poltroni, divani e via di seguito. Ogni possibile vetrina viene messa in mostra in funzione del design e delle grandi marche del (più o meno) lusso, nazionale e non; da Brera a Lambrate, da Zona Tortona a via Paolo Sarpi.
Quel che stupisce è come spazi profondamente dedicati alla programmazione artistica durante l’anno, nella settimana milanese del design cambino – più o meno radicalmente, più o meno esplicitamente per profitto – la loro tipologia di offerta. Diventando altro. Premesso che la portata del pubblico in città, all’interno del cosiddetto Fuori Salone, è di assoluto rilievo per qualsiasi esercizio, esistono tre livelli, tre modalità di innesto del design sul palco dell’arte.
Il primo, più istituzionale, riguarda spazi pubblici che inseriscono nel loro palinsesto conferenze, dibattiti sul tema oppure decidono, coraggiosamente, di allestire prodotti industriali direttamente all’interno delle mostre. Ad esempio, careof e Viafarini, nella bagarre verde della Fabbrica del Vapore, hanno organizzato: il primo un workshop ibrido sul libro d’artista (If Library/If Book, di Giorgio Maffei assieme alle ingegnose libroteche di Maël Veisse), il secondo una mostra di oggetti di manifattura italo-cinese (Milano Cina, organizzata dalla Naba). In Ripa di Porta Ticinese, il Museo Pecci ha istituito una serie di proiezioni e incontri su Architettura e Utopia in Toscana (1968-1973), la neo-avanguardia di architettura e design emersa a Firenze. In via Solari, al piano terra della Fondazione Pomodoro, invece, Saporiti Italia ha installato il progetto Inside Art 2011, con nuove linee di mobili inseriti direttamente in Luoghi Comuni, personale di Perino & Vele. Di rispetto anche gli eventi dedicati agli oggetti e ai loro mondi, come la Galleria del Gruppo Credito Valtellinese (Fernanda Pivano. Viaggi, cose, persone), il Museo Diocesano (Cruciale. 20 croci di Giulio Iacchetti), il Museo Bagatti Valsecchi (che ospita Novantesimo Venini) e la Fondazione Prada (Rotor).
Un secondo livello di intromissione del design del mondo dell’arte è di tipo privato. Ovvero gallerie più o meno note al circuito del mondo dell’arte adattano gli spazi e programmazioni appositamente per l’avvento del design, pur mantenendo la loro identità. Gli esempi che si potrebbero fare sono molti: dalla Kaufmann Repetto con la collettiva Lunatic on Bulbs, installata nel cortile esterno, a Suzy Shammah con Karimoku e New Standard x Shin Suzuki, un produttore giapponese di mobili in legno e la sua nuova collezione; da MiCamera e un’installazione di arredi e illuminazioni disegnati dallo studio Stallinga di Amsterdam, a Cardi Black Box con BazAir di Oskar Zieta; per proseguire con la Effearte che ha inaugurato il giorno 14, proponendo una tripla personale di artisti italiani attenti alla combinazioni di piani e superfici (L’Angolo Obliquo) e Francesca Minini, che ha calibrato una collettiva di artisti che lavorano tra i due mondi (IM-MOBILI). Alcune altre gallerie hanno aderito persino al sito www.fuorisalone.it, mostrando sede e profilo come tappa obbligata fra i percorsi del design.
Dopo la modalità privata di benvenuto al design, nelle gallerie d’arte milanesi si presenta un fenomeno di sovrapposizione tra le due dscipline di tipo privativo. Ovvero: durante il Salone del Mobile, soprattutto a Lambrate, intere identità di gallerie come la Enrico Fornello, la Alessandro de March, la Federico Luger, la Pianissimo e la Wannabee non lasciano traccia. I connotati usuali vengono azzerati e, al loro posto, solo per gli “invasori” del Salone trovano luogo. In ordine: Glasstress 2011. Save the date!, Danish Crafts e Mindcraft11, Amplify your mobile life di Jambox, FOO Flight of Objects e via di seguito. Un fenomeno, quest’ultimo di mimesi indiscriminata, tra la dimensione del design e gli spazi dell’arte, che dà da pensare.
Pensare a malefici burattinai e ai soliti luoghi comuni. Pensare al fatto che, anche a Milano, le mappe dell’arte non corrispondano più ai loro territori, perché sempre più spesso lo spazio viene lasciato al tempo che trova.
Ginevra Bria
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