Fotografia dell’Italia che ce l’ha fatta
I volti (fieri), i luoghi (poveri), i valori (forti) di un popolo che si è rimboccato le maniche. Per fotografare lo spirito del Dopoguerra occorrevano una poetica adeguata alla fatica e un linguaggio purificato dalla retorica. Il risultato di questa ricerca è esposto al Museo di Roma in Trastevere.
Scoprire l’ansia di ricostruzione dell’Italia nei volti dei suoi abitanti e nei paesaggi difficili della sua terra. La fotografia italiana nel ventennio che segue il Ventennio ha significato questo impegno insieme artistico e civile, fornendo l’asciutta testimonianza visiva della trasformazione del nostro Paese dal fango dell’immediato dopoguerra alle prime amenità del boom economico. Può quindi essere un bel modo di celebrare il 150° anniversario dell’Unità d’Italia (e forse il battesimo ufficiale delle tre bandiere tricolore non sarebbe parso fuori luogo) risvegliare la memoria visitando la mostra La Fotografia e il Neorealismo in Italia, 1945-1965 allestita al Museo di Roma in Trastevere e curata da Walter Liva.
Il percorso espositivo (130 vintage che narrano il sacrificio di un anno zero e l’umiltà della risalita) inizia sotto il segno eclettico di Luigi Crocenzi. Il fotografo marchigiano, autore di diversi foto-racconti pubblicati sulla rivista Il Politecnico di Elio Vittorini, si dedica negli anni ‘40 alla rappresentazione di spaccati di vita quotidiana tra mercati e chiese (tra luoghi di occupazioni terrene e di devozione), sperimentando lo scatto controluce per sottrarre alla cornice di un tempo riconoscibile l’attimo immortalato; ma pure si confronta con la nascente realtà metropolitana, raccontando, à la Pasolini, la povertà piena di dignità e sorrisi delle borgate romane assalite dai nuvoloni sopra e dalla speculazione edilizia all’orizzonte. Crocenzi è un viaggiatore di terre e di tecniche: ovunque vada (dalla Sicilia al paese natio, alla Puglia) è in grado di cogliere il genius loci eclissandosi per carpire indisturbato il flusso della vita o chiedendo una posa fiera, magari a contadini pugliesi col volto segnato dalla fatica e lo sguardo rivendicativo.
Una sensibilità simile, forse di taglio più giornalistico, è quella di Italo Zannier, che rivolge l’obiettivo ai bambini che giocano nei viottoli di piccoli borghi, felici di tanta inaspettata attenzione. Carlo Bevilacqua è il cantore dei pescatori: fra due tronchi piantati nella sabbia, in una spiaggia desolata, si stendono e puliscono le reti. Le inquadrature dal basso elevano gli uomini sullo sfondo a una corrispondenza simbolica con gli attrezzi appesi in primo piano.
Sensibilità individuale e integrazione: parallelamente alla storia del Dopoguerra, infatti, si può seguire la storia della fotografia come arte corale. Zannier, Fulvio Roiter, Aldo Beltrame oscillante fra Zannier e Crocenzi, e i fratelli Gianni e Giuliano Borghesan sono alcuni fra i membri del Gruppo Friulano per una Nuova Fotografia, la cui missione ormai pienamente neorealista consiste in una “fotografia che sia documentazione poetica dell’umanità che gli vive attorno” (come si legge dal manifesto del gruppo, fondato nel 1955). Molte le fotografie dei fratelli Borghesan, dal gioco di Giuliano che riprende la sua ombra scattando una foto di Gruppo (Friulano) mentre uno del gruppo a sua volta lo fotografa, alla Gente dei campi dallo sguardo celato dal cappello di Gianni.
La parte centrale della mostra presenta i contributi di molti autori d’area marchigiana, riuniti nel Centro per la Cultura nella Fotografia fondato a Fermo da Crocenzi o nel gruppo Misa di Senigallia. Piergiorgio Branzi, gli anni ’50 delle chitarre in spiaggia di Paolo Bocci, Giuseppe Moder e la “mitologica” testa di pescatore di Alessandro Novaro sono testimonianze di una matura esperienza neorealista che collega mezzo Adriatico.
Una poetica di cui comincia a scorgersi il tramonto nei primi anni ’60, con Giuseppe Alario inquietante scenografo di specchi e bambole e Frank Franzi e James Altimani compiaciuti delle loro figure sfocate. Ma è soprattutto con il grande Mario Giacomelli che si compie il definitivo distacco della fotografia dall’essenziale rappresentazione della realtà come semplicemente e poveramente è. Un uomo una donna un amore è uno splendido sogno di passione sull’erba, un quadro d’ispirazione romantica che racconta l’idillio in campagna di amanti che si nascondono, corrono e capitolano sotto gli alberi in una luce che sfuma i contorni e sottrae l’amore alla realtà e la fotografia al Neorealismo. Il tempo delle difficoltà è finito.
Marco D’Egidio
dal 12 marzo al 25 aprile 2011
La Fotografia e il Neorealismo in Italia, 1945-1965. Da Luigi Crocenzi al “Gruppo Friulano per una Nuova Fotografia” fino a Mario Giacomelli
a cura di Walter Liva
Museo di Roma in Trastevere
Piazza Sant’Egidio, 1/b – 00153 Roma
Orario: da martedì a domenica ore 10-20
Ingresso: intero € 6,50; ridotto € 5,50
Info: tel. +39 060608; [email protected]; www.museodiromaintrastevere.it
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