Industriale e non. Archeologia al quadrato
In nessun altro posto potrebbe essere così evidente la duplice natura della Città Eterna. Culto dell’antico e faticosa ricerca di modernità. Questo posto è una ex centrale elettrica, di una bellezza post-industrial da mozzare il fiato. Cosa sta succedendo alla Centrale Montemartini? E cosa vi succederà durante la Settimana della Cultura?
La Montemartini, antica centrale elettrica inaugurata nel 1912 e situata lungo la via Ostiense, è oggi la seconda sede dei Musei Capitolini, grazie a un processo di graduale decentramento di parte delle collezioni del Braccio Nuovo, iniziato nel 1997 con una mostra che doveva essere temporanea, Le macchine e gli dei.
Gli immensi spazi industriali in stile Liberty ospitano alcuni pezzi forti dell’archeologia classica dal ciclo di statue che decorava il frontone del tempio di Apollo Sosiano compreso di parti della decorazione interna. Niente male anche il colossale acrolito raffigurante la dea Fortuna proveniente dall’area di Largo Argentina. E poi c’è la splendida figura di Polimnia, musa pensosa, e il grande mosaico proveniente dalla Domus di Porta San Lorenzo.
Le vastissime sale – delle Colonne, delle Macchine e delle Caldaie – con i loro soffitti altissimi e i giganteschi macchinari a vista amplificano il contrasto non solo cronologico con le statue e i frammenti antichi, ma anche cromatico con il bianco dei marmi, il tutto mediato da un allestimento poco invasivo e in grado di rendere armonica la visita e di valorizzare al massimo grado la commistione tra archeologia industriale e archeologia vera e propria.
Come mai allora le sale non sono gremite di visitatori, come lo sarebbero se un gioiello del genere si trovasse in una qualunque altra città europea? Probabilmente non aiuta la dispersione sul territorio e la moltiplicazione delle sedi dei musei archeologici romani (dall’Ara Pacis a Palazzo Massimo, passando per le Terme di Diocleziano), sommata ad un deficit di comunicazione. Perché se uno spazio simile fosse a Parigi o a Berlino, sarebbe uno degli spazi più famosi del mondo, e invece…
Peraltro l’intera area attorno alla Centrale è in fermento e trasformazione: basti pensare alla sede del Macro a Testaccio, nell’ex Mattatoio, e soprattutto al nuovo progetto di riconversione dell’area degli ex Mercati Generali a opera di Rem Koolhaas. Quest’ultimo piano urbanistico, i cui lavori veri e propri sono partiti da pochi mesi in maniera decisa, prevede il recupero di un enorme spazio –l’Ostiense è stata negli anni post-unitari l’unica zona definibile industriale di Roma- con la creazione della Città per i Giovani: grandi aree commerciali, spazi per la ristorazione di alta qualità, centri sportivi (le Terme Moderne) e una gran quantità di parcheggi e cinematografi.
L’obiettivo finale di questo grande progetto – che necessariamente dialogherà con il nuovo Air Terminal dell’Ostiense dove avrà sede il supermarket di qualità Eataly e la sede della NTV, la società ferroviara di Montezemolo – è generare uno spazio polarizzatore per il mondo giovanile e non solo. Inutile dire che in questi progetti di rifunzionalizzazione urbana andrebbe inserita la specificità della Centrale, sfruttando i suoi ampi spazi anche per attività extramuseali, con il fine ultimo di incrementare il contatto con il pubblico e portarlo al museo con la scusa di ascoltare un concerto, ad esempio, puntando a fidelizzarlo. Fare tutto l’anno, insomma, ciò che alla Centrale si è tentato –tra l’altro con successo- di fare d’estate con le rassegne musicali e gli aperitivi culturali.
Questo sembra essere lo scopo sotteso alle varie iniziative in corso presso la Centrale Montemartini, anche in occasione della XIII Settimana della Cultura (dal 9 al 17 aprile), come Centrale di Note che offre un programma dedicato alle sonorità del Sud Italia con contaminazioni maghrebine dopo gli excursus praticati nel mondo del jazz, delle colonne sonore e della musica unplugged.
Altra novità è l’iniziativa Racconti di Storia dell’Arte, che apre al contemporaneo in un ciclo di conferenze tenute da nomi come Francesca Bottari e Ludovico Pratesi, a indicare un desiderio di non irrigidire le cesure tra una “storia dell”arte” e l’altra, ma puntando a rendere globale e diacronica la conoscenza.
Il museo – anche grazie a queste iniziative – deve sempre di più inserirsi in un più ampio progetto di riqualificazione dell’area Ostiense–Marconi che miri a “restituire” alla città e agli abitanti la zona di più antica industrializzazione della città di Roma (compresi il gazometro, le strutture portuali, la ex Galbani, il Mulino Biondi e l’ex Mira Lanza), fino alla realizzazione di un polo organico e comprendente l’Università di Roma Tre e la futura Città della Scienza che però trova sempre maggiori difficoltà ad installarsi nell’area – troppo inquinata e compromessa – dei gazometri.
Gli intenti permetterebbero non solo all’intera area, ma anche alla città di fare un balzo in avanti nel mondo dell’arte e dell’architettura contemporanea, interagendo adeguatamente con l’antico e verso una nuova sensibilità sempre più europea e internazionale. In grado di considerare la cultura a tutto tondo: una fonte di svago, di accrescimento intellettuale, di lavoro e di investimento.
Chiara Ciolfi
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