Mimmo Paladino. Icona pop nella Milano pre-elettorale?
È stato evocato di tutto: dal Centocinquantenario ai 150 chili di sale che attraversano simbolicamente la Nazione, dalle saline di Sicilia alle piazze di Lombardia. La sua opera è stata definita incautamente un’installazione di Land Art e Mimmo Paladino grossolanamente citato come “protagonista dell’Arte povera” dalle colonne del Corriere della Sera. In breve, sono stati spesi torrenti di parole per giustificare l’operazione della Montagna di Sale a Milano. Una installazione elettorale?
La domanda è questa qui: perché un artista al top della sua carriera accetta di riprodurre se stesso, senza cogliere la sfida di un nuovo intervento installativo? Forse perché chi gli ha proposto di intervenire non lo ho ha fatto considerandolo un artista di ricerca, ma proprio un creativo diventato icona? Insomma, che ci fa la Montagna di Sale di Mimmo Paladino (Paduli, Benevento, 1948; vive a Paduli, Roma e Milano) nel centro di una Milano concentrata sulle elezioni di sindaco e consiglio comunale?
Chi scrive c’era. C’era quando quell’icona ha rappresentato la bandiera del Rinascimento napoletano, nel 1995, in piazza del Plebiscito. C’era quando quel bianco accecante della montagna di sale si stagliava contro il cielo azzurrissimo di quei freddi giorni natalizi. C’era quando una Napoli ripulita dagli interventi per il G7 lasciava sperare in un futuro migliore. C’era quando persino gli “scugnizzi” che assaltavano la montagna e giocavano a tirarsi “palle di sale”, simulando una neve che non avevano mai visto, sembravano più buoni. Chi c’era ci ha creduto, ha creduto che quel potere in carica allora avrebbe potuto cambiare le cose, prima di adagiarsi nell’esercizio di un bieco clientelismo di parte.
E chi c’era, per un puro caso del destino, c’è, anche oggi, a Milano.
Vedere l’individuazione di uno spazio così importante come piazza del Duomo, finalmente destinato all’arte contemporanea, svilito dalla riedizione di un’opera, per quanto bella, intristisce. Soprattutto poiché il valore aggiunto dell’arte contemporanea è proprio quello di essere in fieri, in continuo divenire. Vedere che un artista accetti di ripetersi, forse per accondiscendenza verso un’importante municipalità che lo accoglie in periodo pre-elettorale, fa riflettere.
La riflessione può spingersi anche più in là: l’utilizzazione dell’arte come catalizzatrice del consenso è vecchia quanto la storia dell’arte stessa, e in quanto tale non è criticabile. Gli artisti o le opere utilizzate in tal senso sono sempre state di grosso impatto pubblico. Il fatto di scegliere un artista come Paladino in un momento politicamente così delicato si appoggia, e allo stesso tempo sostanzia, alla caratteristica di profonda riconoscibilità della sua arte. Quasi come se, a contestare la girandola di intellettualismi di cui è stata ammantata l’operazione, in realtà valesse esattamente la motivazione opposta: Paladino è oramai sufficientemente “pop” da poter garantire ottima visibilità a politici e sponsor di turno.
Quindi, perché rischiare con un’opera nuova?
Giovanna Procaccini
dal 6 aprile al 10 luglio 2011
Mimmo Paladino – La città che sale
Piazza Reale – 20122 Milano
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