Caos padiglioni regionali. Prima puntata Piemonte
Dovere di cronaca, e quindi ci tocca tornare sul Padiglione Italia. Ma stavolta nella “lavanderia” dell’Arsenale, bensì nel cuore del progetto sgarbiano di diffusione globale del padiglione stesso. Perché in questi giorni aprono - o dovrebbero aprire - i Padiglioni regionali. E non sono tutte rose e fiori, anzi. Per ora ci limitiamo a raccontarvi cosa capita a Torino.
“Un’iniziativa curata da Vittorio Sgarbi, ed estesa a tutto il territorio nazionale, volta a indagare il panorama artistico contemporaneo, tracciando una vera e propria mappatura delle realtà artistiche regionali”. È così che vengono presentate ufficialmente le propaggini regionali del Padiglione Italia. Una sorta di Gemine Muse in versione biennalesca, o centocinquantenaria. Senza contare il fatto che, oltre alla manifestazione nazionale di cui sopra, coordinata dai vari GAI, molte città hanno rassegne che – occupandosi in particolare di artisti emergenti – si svolgono periodicamente: Quotidiana a Padova, Nuovi Arrivi a Torino, la Biennale Giovani di Monza e così via.
È questa la prima perplessità che è sorta all’annuncio sgarbiano dell’idea – buona, almeno sulla carta, ma vuol dire poco finché le idee non iniziano a prender corpo – di “diffondere” sul territorio, italiano e mondiale, il Padiglione Italia.
Poi sono sopraggiunte le questioni diciamo così organizzative, le rinunce in specie all’invito alla mostra all’Arsenale, e infine la mostra stessa a Venezia, inqualificabile. Il primo Padiglione regionale ad aprire è stato quello sardo, e vi abbiamo fatto vedere con una manciata di fotografie quale fosse il livello generale. Ora però iniziano, senza nulla togliere all’isola, ad avvicinarsi i vernissage di padiglioni “pesanti”, come quello piemontese. Pesante perché Torino è o almeno è stata la “capitale” dell’arte contemporanea d’Italia; perché i festeggiamenti per i 150 anni dell’Unità d’Italia hanno qui un fulcro inevitabile; perché c’è stato un fenomeno chiamato Arte Povera, e via dicendo.
Ora, al netto dei piemontesi – magari acquisiti – che hanno risposto positivamente o negativamente all’invito per la mostra in Arsenale (due nomi per le rispettive “sponde”: Giulio Paolini e Paolo Grassino), la prima delle famigerate “liste” diffusa ufficialmente comprendeva i seguenti artisti: Salvatore Astore, Maura Banfo, Simone Bergantini, Bruna Biamino, Piero Bolla, Enrica Borghi, Botto & Bruno, Carla Crosio, Enrico De Paris, Gianni Ferrero Merlino, Giorgia Fiorio, Dino Fracchia, Marco Gastini, Ferdi Giardini, Piero Gilardi, Carlo Gloria, Giorgio Griffa, Paolo Leonardo, Luigi Mainolfi, Mirco Marchelli, Plinio Martelli, Andrea Massaioli, Francesco Nonino, Luisa Raffaelli, Sergio Ragalzi, Valentina Ruospo, Almone Sambuy, Francesco Sena, Luigi Stoisa, Maurizio Vetrugno.
Chi prima chi dopo, alcuni mid-career hanno fatto sapere che declinavano l’invito – perché ricordiamolo, questi elenchi sono stati diffusi senza sostanzialmente interpellare i diretti interessati -, da Botto & Bruno a Enrico De Paris. Per non parlare degli artisti con maggior esperienza alle spalle, i quali si sono tirati indietro in massa. Risultato? Una seconda lista, uscita (non senza sollecitazioni) a pochi giorni dall’inaugurazione del Padiglione, fissata per il prossimo mercoledì 22 giugno: Salvatore Astore, Cesare Ballardini, Maura Banfo, Bruna Biamino, Domenico Borrelli, Enrica Borghi, Daniele Cazzato, Cracking Art Group, Carla Crosio, Monica D’Alessandro, Gianni Ferrero Merlino, Ferdi Giardini, Ugo Giletta , Carlo Gloria, Giorgio Griffa, Alberto Lanteri, Paolo Leonardo, Plinio Martelli, Andrea Massaioli, Sabrina Milazzo, Ciro Palumbo, Francesco Radino, Sergio Ragalzi, Valentina Ruospo, Filippo di Sambuy, Francesco Sena.
A fare i conti, 15 defezioni su 30, il 50% tondo tondo. Compensato, si fa per dire, dall’introduzione di 11 nuovi nomi, complessivamente non proprio da Turner Prize.
Ed eccoci all’ultima, forse, tappa di faticoso avvicinamento. E qui andiamo sul terreno delle indiscrezioni che circolano nell’artworld torinese. Dove pare che sia giunta una disdetta da parte di un altro nutrito gruppo di artisti, motivata nella gran parte dei casi dal fatto che nessuno di loro era stato avvisato di come era “evoluta” la situazione. In buona sostanza, l’invito era relativo a “tutta un’altra mostra”, dice uno di loro.
Chi sono? I nomi certi, per quanto lo si possa dire quando si dà conto di rumors, sono i seguenti, in rigoroso ordine alfabetico: Salvatore Astore, Maura Banfo, Enrica Borghi, Domenico Borrelli, Giorgio Griffa, Paolo Leonardo, Andrea Massaioli, Sergio Ragalzi e Francesco Sena.
Se così fosse, l’arte “piemontese” sarebbe rappresentata – se ci siamo districati correttamente nel turbine delle liste – da: Cesare Ballardini, Bruna Biamino, Daniele Cazzato, Cracking Art Group, Carla Crosio, Monica D’Alessandro, Gianni Ferrero Merlino, Ferdi Giardini, Ugo Giletta, Carlo Gloria, Alberto Lanteri, Plinio Martelli, Sabrina Milazzo, Ciro Palumbo, Francesco Radino, Valentina Ruospo e Filippo di Sambuy.
Esattamente il quadro che abbiamo tutti in mente, nevvero?
– Marco Enrico Giacomelli
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