Il “vero” Padiglione italiano è in esilio. In Spagna
Esperienze artistiche marginali, non riconosciute, ignorate dai musei e dal sistema. Ecco il Museo dell’arte contemporanea italiana in esilio. Un progetto d’arte sociale di Cesare Pietroiusti, che passa proprio alla Biennale di Venezia. Prossimo appuntamento, sabato 18 giugno, al Padiglione Spagna.
È nel Padiglione spagnolo ai Giardini della Biennale che trova asilo provvisoriamente il Museo dell’arte contemporanea italiana in esilio.
A offrire ospitalità è Dora García nell’ambito della sua opera, L’Inadeguato, Lo Inadecuado, The Inadequate, ampia performance collettiva che si estende per l’intera durata della Biennale e che vede tra i protagonisti Andrea Lanini, Fausto Delle Chiaie, Giuliano Nannipieri e Aldo Piromalli. Loro sono quattro degli esuli artistici intercettati dal progetto curatoriale di Cesare Pietroiusti (al quale collaborano Alessandra Meo, Mattia Pellegrini e Davide Ricco), che ha “lo scopo di individuare personalità singole o collettive che svolgono attività creative sorprendenti, eterodosse, fuori dai circuiti della comunicazione mediatica”. Una ricerca che si è svolta prima attraverso un “network informale” – generato dalle comunicazioni via email indirizzate ad artisti, curatori, scrittori e intellettuali italiani, invitati a segnalare personalità che potessero essere incluse nel progetto -, poi è stata allargata a un pubblico più vasto attraverso i workshop tenuti da Pietroiusti presso istituzioni come la Galleria Civica di Trento, o in occasione di eventi culturali quali il Festival dell’Arte Contemporanea di Faenza.
Durante questi incontri, generalmente suddivisi in tre fasi – presentazione, ricerca sul campo e restituzione di informazioni –, il pubblico viene coinvolto nel dibattito sull’analisi del sistema dell’arte contemporanea in Italia, del concetto di esilio e delle diverse forme di marginalità nelle produzioni artistiche, per poi contribuire concretamente all’evoluzione del progetto e segnalare – in un secondo appuntamento e a seguito di una ricognizione territoriale di un paio di mesi – i casi di interesse per il Museo dell’arte contemporanea in esilio, avendo come campo di indagine le “aree di disagio e di marginalità sociale, in istituzioni psichiatriche, penitenziarie e riabilitative in genere”, senza tralasciare “personaggi isolati, eccentrici, border-line, che si dedicano ad attività bizzarre, indefinite, e che magari sono noti soltanto a piccole comunità”.
L’obiettivo è creare un’entità museale itinerante, priva di una sede fisica fissa, dunque ciclicamente ospitata da istituzioni museali e associazioni culturali estere.
Prossimo workshop? Il 18 giugno, negli spazi del Padiglione spagnolo ai Giardini.
Anna Saba Didonato
www.pensierinonfunzionali.net / theinadequate.net
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