Pirata e artista per me pari sono
Una location segreta da dove pianificare giornalieri attacchi. Un esercito di artisti accampati selezionati attraverso un bando internazionale. E i giornalisti ’rubati’ al Padiglione Italia e condotti abusivamente al compound illegale. Pirate Camp è il nuovo progetto di Coniglioviola per la Biennale 2011. Qui, intervista al colpevole, Brice Coniglio.
Anche quest’anno affronti l’appuntamento della Biennale con una azione piratesca. Cosa significa? Considerate la Biennale come fortino da espugnare? O è più una riflessione sui temi della extraterritorialità con evidenti richiami al contesto internazionale?
M’interessa insinuare un’analogia tra lo statuto “mitologico” del pirata e quello dell’artista. Il pirata non è solo un fuori legge, ma anche al di fuori di qualsiasi diritto giuridico, perché non abita alcun luogo. Questa condizione è ragione sia del suo potere sia del suo esser totalmente ai margini. Tanto che i pirati, a differenza dei corsari, se catturati, non soggiacevano alle norme del diritto bellico marittimo e venivano sommariamente giustiziati.
Cosa c’entra tutto questo con lo status dell’artista?
Credo che un simile status di radicale extraterritorialità, l’abitare al di fuori dei luoghi (reali o culturali che siano) sia anche la condizione necessaria all’essere-artista: da un lato sancisce un’impossibile integrazione, dall’altro garantisce un punto di vista privilegiato per la rappresentazione e la messa in discussione del mondo. L’affrontare direttamente o esplicitamente tematiche politiche è stato sempre lontano dal Coniglioviola-pensiero, è tuttavia inevitabile che qualsiasi espressione autentica finisca per rispecchiare una condizione universale. In questo momento storico i concetti di appartenenza-al-luogo, l’idea di avere stabilmente casa nel mondo, sono messi radicalmente in discussione. Ecco allora che la figura del pirata come quella dell’accampato divengono due punti di riferimento chiave: soluzioni di sopravvivenza che tutti dovremmo prendere in considerazione…
Come si lega il Pirate Camp di quest’anno con l’azione del 2007?
Ne è certamente la naturale maturazione. Ma corrisponde anche una mia diversa presa di coscienza e di disposizione nei confronti del “sistema” con il quale mi trovo ad interagire e nel quale continuo a sentirmi in qualche modo outsider.
L’attacco pirata del 2007 sferrato da un enorme coniglio gonfiabile, alato come il Leone di san Marco e con un occhio bendato, culminato in 52 colpi di cannone sparati sui Giardini era un’operazione agonistica. L’aspetto spettacolarmente gioioso del Coniglione Alato, improvvisamente divenuto più feroce del Leone simbolo della Biennale, non nascondeva una critica al sistema, un invito a guardare al di fuori da se stesso, a levarsi la benda che gli copre l’occhio, per guardare all’alterità rappresentata dal mare da cui giungono i pirati.
E invece questa nuova azione…
Con il Pirate Camp invece i pirati sostano sulla terra ferma, accettano un dialogo con il sistema, al punto tale che il campo è diventato un evento ufficiale della Biennale. Il Campo Pirata – in quanto opera d’arte – corrisponde al momento in cui i pirati (gli artisti) colonizzano il territorio (il sistema) e in qualche modo condividono con gli abitanti della terra ferma il tesoro accumulato durante il lungo viaggio, prima di rispiegare le vele…
Com’è strutturato il Pirate Camp. Soprattutto come è stata effettuata la scelta degli artisti da accampare.
Pirate Camp è strutturato come un vero e proprio campeggio abusivo, situato in una location che resterà segreta durante tutta la durata del progetto dalla quale pianifichiamo tutti i nostri interventi giornalieri. Gli artisti sono stati selezionati attraverso un bando che è rimasto aperto per soli dieci giorni sul sito pirate-camp.org. In un tempo così breve abbiamo ottenuto oltre 300 registrazioni e 119 application provenienti da tutto il mondo. Da queste una giuria, composta dai setti principali artist-run space italiani, ha selezionato una rosa di sedici vincitori, quasi tutti già arrivati nel campo crossar, sulla base soprattutto dell’attinenza del loro lavoro con il titolo di questo primo Pirate Camp: The stateless Pavilion (Il padiglione apolide).
Come si sostiene economicamente il progetto?
Pirate Camp è al momento totalmente autofinanziato, anche se la fondazione Cariplo ci ha garantito che sosterrà il progetto. Abbiamo inoltre trovato alcuni sponsor tecnici, grazie a Vodafone ad esempio i nostri sedici artisti avranno traffico internet gratuito grazie al quale, ogni giorno, postano su pirate-camp.org un live blog che racconta in real time la loro esperienza. Infine per finanziarci abbiamo aperto la possibilità ad alcuni collezionisti di soggiornare da noi.
Con tariffe…?
Le tariffe non sono quelle di un camping… Semmai siamo ai listini dell’Excelsior.
Quali difficoltà logistiche ci sono state, vista la particolare situazione di Venezia?
Per circa un anno abbiamo lottato per trovare una location adatta a ospitare il camp. Non c’è ufficio del comune o istituzione privata con cui non abbiamo intrattenuto un dialogo. Volevamo che – a dispetto del divieto di campeggio nella città di Venezia – l’arte potesse autorizzare un’azione al di là della legge. Abbiamo ottenuto un grande interessamento da parte di moltissimi soggetti, tuttavia i lavori si arenavano sempre per qualche cavillo. Questo ci ha portati a capire che era nella natura stessa dello Stateless Pavilion quella di non trovare accoglienza in uno spazio consacrato. Situazione paradossale e credo inedita per un progetto che fa ormai parte del programma ufficiale. Per questo abbiamo preso possesso di un covo segreto, quasi abusivo, questo, dal quale rispondo alle domande dell’intervista. Da qui in accordo con i sedici artisti di questa prima edizione abbiamo deciso che ogni giorno sferreremo un attacco a una diversa location veneziana, cercando di installare le nostre pirate-tents laddove non è consentito.
Ma è vero che cercherete di “sciacallare” l’opening del Padiglione Italia caricando i giornalisti in uscita dalla conferenza di quello e conducendoli nel Pirate Camp?
Li caricheremo su un vascello pirata che faremo affondare durante il viaggio. C’è posto anche per voi di Artribune…
M. T.
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