Appunti estetici sulla Costituzione. A firma Domenico Antonio Mancini
Armi riprodotte in cartapesta. Sono le pagine della Costituzione Italiana. All’approssimarsi del visitatore, partono le testimonianze registrare dei partigiani di Ponticelli. Un intervento pulito ed efficace, quello dell’artista partenopeo alla Fondazione Morra Greco. Mentre c’è tempo fino al 14 ottobre per vedere la mostra, abbiamo scambiato alcune battute con Domenico Antonio Mancini.
Un Carcano 91. Un Mauser K98. Una Walter P38. Una Luger P08. E poi, una pistola mitragliatrice tedesca modello MP40. O, ancora, la canna di un Breda 30, una granata tedesca (Stielhandegranate Modello 24), un semplice fucile da caccia e un pugnale. Sono nove le armi utilizzate da Domenico Antonio Mancini (Napoli, 1980) per realizzare (negli spazi della Fondazione Morra Greco) una installazione – perfetta, precisa, chirurgica – il cui titolo, Altre Resistenze, fa da viatico a un lavoro che scavalca la semplice finalità illusionistica per svolgere, ancora una volta, un discorso di natura mentale.
Gli oggetti bellici, ricostruiti in cartapesta e ricoperti minuziosamente dalle pagine della Carta Costituzionale Italiana, sono disposti su altrettanti tavoli (o meglio, “piani riflessivi”) ai quali corrispondono delle lampade. Lampade che illuminano e presentano solo ed esclusivamente i nove congegni presi in esame. A ogni lampada corrisponde un sensore che, con l’avvicinarsi dello spettatore, attiva la registrazione di una delle tante testimonianze rilasciate dai protagonisti della Resistenza a Ponticelli. Una resistenza che si presenta come ferita aperta e spazio riflessivo sul presente. Su un presente che sabota e sfilaccia, da ogni angolazione, non solo la Carta Costituzionale Italiana, ma anche i diritti dell’uomo, il proprio pensiero, la propria (già troppo scarsa) libertà.
Il lavoro – o meglio, la riflessione – sulla Costituzione Italiana nasce nel 2010…
In realtà, la riflessione sulla Costituzione nasce già un paio di anni prima, quando la Carta ha smesso di essere uno strumento di tutti i cittadini, e tentativi più o meno fantasiosi di modificarla hanno cominciato a provare a minarne lo spirito. Nel 2010, con la realizzazione del lavoro Senza titolo per il Premio Cairo, una rastrelliera di fucili utilizzati durante la Resistenza, realizzati in cartapesta con fogli della Costituzione Italiana, chiudo il cerchio, anche formale, di un discorso già avviato.
Qual è la differenza tra il discorso del 2010 e quello intavolato con questo nuovo progetto?
Concettualmente il discorso è lo stesso, la sintesi tra due momenti fondanti della nostra storia civile, la Resistenza e la stesura della Costituzione e la tesi che i valori che hanno armato l’una hanno poi ispirato l’altra. Questo progetto però si propone di sciogliere i nodi di un lavoro che, benché formalmente chiuso, aveva bisogno di essere ancora arricchito. La quantità e la tipologia delle armi presentate, ad esempio, che nel primo lavoro erano dettate da un bisogno di sintesi – da qui la scelta di soli due moschetti, uno italiano e uno tedesco – nel nuovo progetto si allarga ad altre armi legate a vicende accadute realmente, che raccontano di come la società civile si sia mossa per liberarsi e di quale sia stato lo spirito che ha spinto il motore umano di quei giorni.
Con Altre Resistenze hai ricreato nove armi in cartapesta (rivestite con le pagine della Costituzione) e altrettante tracce audio che ripropongono alcune testimonianze rilasciate dai protagonisti della Resistenza a Ponticelli…
Protagonisti e semplici testimoni delle “Quattro Giornate” nell’area orientale di Napoli raccontano cosa hanno visto, cosa ricordano di quei giorni, testimonianze raccolte da studiosi di Ponticelli e conservate in un archivio di storia locale. L’utilizzo di queste testimonianze mi offriva da un lato la possibilità di allargare il discorso già iniziato, senza proporre un elenco enciclopedico delle armi utilizzate, bensì legando il progetto alla città in cui la mostra è esposta, e mi permetteva dall’altro di raccontare il luogo a cui sono emotivamente legato, essendo io stesso cresciuto in questo posto. Inoltre le vicende di Ponticelli, per come si sono svolte, rappresentano al meglio, nella loro istintività, il presupposto teorico al mio lavoro.
Ogni arma è disposta su un tavolo ed è illuminata da una lampada che la rende protagonista. Nell’insieme, l’installazione sembra quasi una sala operatoria con nove tavoli che aspettano lo spettatore per avviare un’operazione riflessiva sulla storia.
La soluzione formale dell’installazione dei lavori è il tentativo di creare una gerarchia percettiva degli elementi proposti al cui vertice sono appunto le armi. Il racconto della vicenda storica, che si avvia solo all’avvicinarsi ai tavoli, diventa un pretesto funzionale all’oggetto. Il tipo di editing del suono, che non permette la ricostruzione degli eventi, ma presenta solo frammenti delle testimonianze, non ha la pretesa del fare storia, non ne ha il metodo. Lo spettatore è chiamato a una riflessione tutta privata, in un ambiente che ricordi quelli in cui le lotte nascevano, con le voci che lo accompagnino in questo processo, ma che non gliene suggeriscano il tempo. La storia diventa un pretesto per un cammino metastorico sul senso delle vicende da cui il lavoro nasce, sulle Altre Resistenze.
Il tempo e la memoria: quanta importanza hanno queste due figure all’interno di questo tuo discorso artistico?
Tempo e memoria sono, in questo progetto come in altri, materiale fondante, ingranaggi del meccanismo di riflessione che il mio lavoro vuol mettere in piedi, e in questo senso hanno grandissima importanza. Ma il mio in genere non è un lavoro sulla memoria e sul tempo, è piuttosto un lavoro di memoria e di tempo, come lo è di cartapesta, di legno, di luce, di Costituzione Italiana.
Antonello Tolve
Napoli // fino al 14 ottobre 2011
Domenico Antonio Mancini – Altre Resistenze
www.fondazionemorragreco.com
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