Lo ha suggerito anche Philippe Daverio in un’intervista con Artribune qualche giorno fa: “Cina, un Paese che l’Italia conosce poco. A mio parere sarebbe utile avere due o tre idee in più su quello che è uno dei nostri partner probabilmente più significativi della vita intellettuale, creativa e anche economica degli ultimi anni”. E lo ha dichiarato il Triennale Design Museum lo scorso luglio, con la mostra China New Design, che avremmo risentito, in tempi brevi, parlare della Cina e del suo rapporto con l’arte e il design. Non ci immaginavamo però così in pompa magna.
È stata inaugurata, lo scorso lunedì, la Beijing Design Week e la prima Beijing Design International Triennial. Lo zampino italiano c’è e ha le sembianze del colosso RCS: Rizzoli Beijing è infatti l’unico partner straniero scelto dalla città di Pechino. Per l’occasione, il gruppo editoriale ha realizzato una guida delle kermesse completa di mappe ed eventi, in pieno stile milanese, che uscirà unitamente al numero di Case da Abitare edizione cinese. Gli organizzatori invece sono tutti del luogo: dal Ministero della cultura e dell’educazione della Repubblica Popolare Cinese al Comune di Pechino, fino alla Federazione dei circoli letterari e artistici cinesi.
La manifestazione prevede la presenza di una città-ospite all’anno, e il 2011 comincia con Londra, che di design week ne ha appena terminata una, e con il suo presidente John Sorrell che ha presentato la serata inaugurale. La capitale britannica verrà celebrata sino al 15 ottobre e, per sdebitarsi, ha omaggiato Pechino con un’installazione di Paul Cocksedge che si ispira ai fogli di carta utilizzati dai cinesi per le poesie. Una serie di cortesie reciproche tra le città che inizia a creare sottili collegamenti tra le diverse arti e i modi per rappresentarle.
Fino al 3 ottobre, la vera sfida del popolo cinese sarà cancellare dell’immaginario comune la targhetta “made in China” e sostituirla con “designed in China”. Sfida ambiziosa? Può darsi, ma siamo convinti che la Cina abbia ottime chance. Prima di tutto per la selezione di suggestive location, dalla Città Proibita a Dashila’r, distretto a sud di piazza Tian’anmen, che ospita giovani che si occupano di street design, fino al quartiere di Sanlitun Village, zona dello shopping d’eccezione, dove spadroneggiano le aziende italiane come Kartell, Artemide e Alessi.
E siamo solo all’inizio delle sorprese: infatti, il 28 settembre è stata inaugurata, presso il National Museum of China, la prima Triennale del design di Pechino con un ciclo di eventi a tema Goodwill in Design. Ma andando oltre le gradite quinte sceniche e le fortunate ricorrenze – la manifestazione si svolge negli stessi giorni della Festa Nazionale Cinese – arriviamo a parlare di numeri e design. La prima edizione della design week cinese offre più di 130 eventi, di cui 30 internazionali e 90 cinesi, più di 2.000 opere di designer internazionali, 30 i Paesi coinvolti, più di 20 i maestri del design presenti, 400 quelli internazionali, più di 100 i punti della città coinvolti, 60 grandi brand e, dulcis in fundo, più di 500mila visitatori previsti. I numeri di affluenza del pubblico daranno torto o ragione agli organizzatori, ma quello che resta certo è il ricco carnet di eventi e siti.
Oltre alla già citata triennale e ai quartieri, che assumeranno il ruolo di attrattori un po’ come i distretti milanesi, ricordiamo l’assegnazione del Design Award, dal tema What Can Design Do?, che ha aperto la settimana del design e che ha visto come unico “giudice” l’intera popolazione di Pechino, ovvero ben 16 milioni di persone. Arricchirà la manifestazione un vero e proprio International Design Summit presso la Sala d’Oro della Grande Sala del Popolo in piazza Tiananmen.
Valia Barriello
Il nuovo design cinese a Milano
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