Mapping Bisanzio
Mapping Bisanzio “Der Spiegel” l’ha definita la “New York della Turchia”, per la sua capacità di essere sempre proiettata verso il futuro. Ma Istanbul non si accontenta di seguire modelli occidentali. Dalle nostre parti se ne sente parlare soprattutto per la Biennale, ma nella capitale turca c’è molto di più. Abbiamo fatto per voi una piccola mappatura della scena artistica più dinamica del momento.
“A Istanbul la scena artistica contemporarea è vivace e brillante. C’è persino una sorta di sovreccitazione. Si tratta di un mercato emergente, come del resto accade a Mosca, Mumbai e Hong Kong. Una scena che va oltre la generazione di artisti già affermati come Ayse Erkmen, Kutlug Ataman, Haluk Akakce, Gülsün Karamustafa, Sarkis e Sermin Sherif. Ma non si tratta di una bolla speculativa, semmai dell’inizio di un percorso”. A parlare è Vasif Kortun, figura centrale della vibrante scena artistica turca. Kortun, dopo l’esperienza statunitense (dal 1994 al 1997 è stato direttore del Museum of the Center for Curatorial Studies al Bard College, nel 1992 aveva curato la Istanbul Biennial) è tornato a Istanbul e ha diretto Project 4L e Platform Garanti. Ora approda al SALT, inaugurato da pochi mesi sempre su iniziativa della banca Garanti e qui immortalato per Artribune da Giovanni De Angelis: più di 1.000 mq di spazi espositivi, un bookshop curato da quelli della libreria di culto Robinson Crusoe 389, un bistrot (chef? La star Murat Bozok, già ben reputato in città per il suo Mimolett), un giardino progettato dall’artistarchitetto Fritz Haeg con la sua iniziativa Edible Estate e un archivio dedicato all’arte, l’architettura e l’economia turca. “Salt è uno spazio interdisciplinare dedicato alla sperimentazione, visiva e performativa, in diversi ambiti. Il Forum, una sala vuota abitata solo da panchine, accoglie i visitatori e permette loro di decongestionare la mente da tutte le sollecitazioni visive e sensoriali accumulate prima di raggiungere il museo. Su İstiklal Caddesi ogni giorno transitano oltre un milione di persone…”, racconta Kortun.
Imprescindibile per la creazione e lo sviluppo della scena artistica turca è stata senz’altro la Biennale di Istanbul, fondata nel 1987. L’edizione di quest’anno, Untitled, è in corso fino al 13 novembre, curata da Adriano Pedrosa e Jens Hoffmann (ve lo ricordate? Doveva diventare co-direttore di Rivoli assieme ad Andrea Bellini e poi rinunziò all’ultimo istante). Forse sarà ricordata come la mostra più criptica e segreta della storia: i nomi dei 45 artisti che espongono nel padiglione allestito dallo studio giapponese Sanaa sono stati annunciati solo nel corso della conferenza stampa il 15 settembre. L’unico indizio svelato dai curatori parlava di un progetto ispirato alle opere di Felix Gonzalez-Torres, che però non è presente in mostra.
Niente paura, però, perché tale ermetismo è in assoluta controtendenza rispetto al modo in cui gli amanti dell’arte (collezionisti in testa) vengono coccolati, seguiti e vezzeggiati. Certo, c’è stata la conferenza Remembering Istanbul, sulle precedenti edizioni della Biennale, e un ciclo di film per avvicinare il pubblico cittadino, ma è come se vi fosse la consapevolezza che qui si possa osare, non seguendo le regole imposte dal sistema dell’arte internazionale. Intuizione confermata anche dalle parole di Maryam Eisler, executive editor del libro Unleashed: Contemporary Art from Turkey, che sottolinea come “il paesaggio culturale della città è cresciuto parallelamente al tentativo del Paese di ridefinirsi come una nuova e liberale democrazia musulmana, in grado di inventarsi modalità inedite per rispettare sia le norme politiche vigenti sia le possibilità di poter entrare nell’Unione Europea nel prossimo futuro”.
Dieci anni fa c’erano solo tre o quattro gallerie a Istanbul. Oggi sono più di duecento. Oltre alla Biennale, un’altra esperienza significativa è stata la fondazione, nel 2001, di Proje4L – Istanbul Contemporary Art Museum, progettato dall’architetto Can Elgiz e da sua moglie Sevda, e dedicato all’esposizione di artisti turchi e internazionali. Esperienza conclusasi nel 2003, per trasformarsi nell’Elgiz Museum of Contemporary Art (tuttora attivo), dotato di collezione permanente e project room. Nel 2004 è invece la volta dell’Istanbul Modern, ospitato in un grande magazzino ristrutturato nel quartiere di Tophane e sede della ricca collezione della famiglia Eczacibasi. Oltre alla collezione, non mancano mostre temporanee (uno dei curatori è Paolo Colombo), programmi educativi, rassegne cinematografiche e incontri. E non si dimentichi che è tutto privato. È opportuno sottolineare infatti che, in Turchia, le autorità statali sono del tutto assenti e disinteressate al sostegno e alla diffusione dell’arte moderna e contemporanea; sono invece le banche e i grandi industriali – le famiglie Eczacibasi, Koc (con la fondazione Arter, sempre su Istiklal Caddesi), Elgiz, Sabanci (con il museo omonimo lungo il Bosforo) – a sostituirsi con il loro mecenatismo ai finanziamenti pubblici.
L’italiano Paolo Colombo, che ha lasciato la direzione del Maxxi nel luglio del 2007 e a settembre dello stesso anno ha iniziato a collaborare con l’Istanbul Modern (nel 1999 era stato curatore della Biennale), racconta ad Artribune come sia “difficile fare paragoni tra il sistema artistico italiano e quello turco. In Italia ci sono dei privati che si dedicano generosamente all’arte, ma non con l’ambizione ‘pubblica’, i mezzi, la continuità e il senso di responsabilità che ci sono qui. La Turchia guarda a est e a ovest, al meridione e al settentrione, ma riflette anche lo spirito di innovazione che permea il Paese. Sono poi preziose e innegabili la libertà curatoriale e la mancanza di burocrazia”.
Nel 2007 ha inaugurato anche SantralIstanbul, museo di arte contemporanea collegato alla Bilgi University, ospitato in una location straordinaria: una centrale elettrica dimessa che è ora anche Museo dell’Energia. Ovvi i paralleli con la londinese Tate. Altra presenza imprescindibile in questa breve mappa dell’arte di Istanbul è la Vehbi Koç Foundation, che, oltre a finanziare la Biennale, ha aperto lo scorso anno Arter, una kunsthalle su tre piani, non lontano da Salt. Uno spazio che collabora con istituzioni internazionali come la Thyssen-Bornemisza Art Contemporary di Vienna e sostiene le attività di Tanas a Berlino. Sempre in questa zona, a Beyoglu, vicino al liceo Galatasaray, c’è Yapi Kredi, banca con spazio espositivo, partecipata da UniCredit. Nel Misir Apartments, sontuoso edificio Art Nouveau, sempre lungo l’infinito nastro pedonale di Istiklal Caddesi, sono poi raccolti diversi spazi espositivi come Casa Dell’Arte Gallery, Cda Projects, Galeri Nev, Galerist, Banu Bora Fashion Gallery, Fototrek, e il celebre ristorante bar 360, così chiamato per la sua vista a tutto tondo su Beyoglu e Sultanhamet.
Ma è nella zona di Tophane e Beşiktaş che si trovano gli Young Turkish Artists, di cui sentiremo presto parlare, presentati da Rampa Gallery, Outlet Indipendent Art Space, Galeri NON, Rodeo e DEPO, spazio caratterizzato da un’attenzione particolare verso l’arte dei Balcani e del Medio Oriente. Non mancano residenze e scambi internazionali, come quelle curate da Cuma, gruppo artistico non profit, o da PiST/// Interdisciplinary Project Space.
Il settimanale tedesco Der Spiegel parla di Istanbul come della “New York della Turchia, avamposto orientale in Europa e megalopoli postmoderna”. Un territorio in continua evoluzione, dove i minareti, le moschee e i palazzi imperiali, icone di un lontano passato, si confrontano con le shantytown e gli insediamenti temporanei. Le discontinuità e le trasformazioni di un nome – Bisanzio, Constantinopoli, Istanbul – narrano le gesta di una città dagli antichi splendori che si fa prototipo di metropoli futuribile. Una megalopoli di tredici milioni di abitanti. La più grande città d’Europa e oggi forse in assoluto la più vivace e interessante. Dove lo sviluppo territoriale, così come le suggestioni artistiche, letterarie e cinematografiche crescono incessantemente, nonostante le tante difficoltà.
Lorenza Pignatti
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fino al 13 novembre 2011
12. Biennale di Istanbul – Untitled
a cura di Adriano Pedrosa e Jens Hoffmann
ANTREPO 3 & 5
Meclis-i Mebusan Caddesi – Liman İşletmeleri Sahası (Tophane)
bienal.iksv.org
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #2
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