La collettiva che hai curato nella villa storica a Carignano, vicino a Lucca, coincide con la riapertura di quel luogo. Il grande pregio delle opere presenti è quello di stabilire un percorso inedito fisico e mentale per i nuovi visitatori, ma anche per i suoi proprietari. I vari interventi si districano nel giardino e nei due saloni della villa, quasi mimetizzandosi con l’ambiente, creando dialoghi particolari con il contesto.
Il progetto di lavorare sul Meriggio come luogo dell’anima è piaciuto a tutti i dieci artisti invitati, che hanno lavorato con una cura e una partecipazione esemplari. L’opera di Francesco Carone, con le perle ricamate nel plaid da picnic, è uno dei lavori più evocativi, così come i due video di Giovanni Ozzola, che rimandano alle lunghe ore del meriggio vissute negli anni della prima adolescenza come momenti in cui si percepiva il lento scorrere del tempo incendiato dal sole dell’estate.
Tutte le opere si presentano sotto il segno non di un tema, ma di un momento temporale molto particolare. Come mai questa scelta di rivolgerti al tempo e non allo spazio? Cosa è il meriggio per te? Come lo hanno vissuto gli artisti?
Il Meriggio è un tema caro ad artisti e a letterati, che lo indicano come un tempo senza tempo, sospeso in un condizione di attesa ambigua e indefinita, tra il desiderio di fondersi nella natura, come per D’Annunzio, e l’impossibilità di farlo, cantata da Montale. Mi interessava soffermarmi su questa sospensione, in un’epoca in cui la velocità ha divorato ogni possibile pausa di riflessione. Così gli artisti hanno risposto all’invito realizzando opere ispirate sia alla doppia natura del meriggio che all’atmosfera della villa che ospita la mostra, un luogo senza tempo che sembra sommerso nella memoria.
La mostra evoca il momento della luce allo zenit che abbaglia ed elimina le ombre nel paesaggio sia come condizione filosofica che fisica. Partendo da questa lettura appare evidente, per uno strano gioco di opposti, che le opere sono accomunate dal porsi come forma/informe avvolta dalla penombra: Ozzola e Becheri hanno optato per video in luoghi semi-oscurati, il quadro di Bertolo rappresenta un vaso nero su fondo nero, la scultura di Breviario è composta da frammenti di ceramica nera, l’opera di Carone è una coperta su cui perle scaramazze ri-creano il cielo stellato non visibile a occhio umano quel pomeriggio, la scultura di Alessandro Roma è una presenza tra organico e inorganico che cerca di farsi accettare dalla natura in cui è collocata. Queste opere non puntano a farci vedere delle cose, ma a evocarle e farcele immaginare. Forse anche per questo manifestano una strana dimensione malinconica. Questo è legato al tema trattato e con l’evocare la necessità della condivisione come fattore fondamentale per scoprire e narrare il mondo?
Credo che la malinconia faccia parte del Meriggio, come del resto hanno scritto Montale e Pavese . L’intenzione della mostra non era legata al momento espositivo, ma volevo che il pubblico potesse condividere un’esperienza comune, legata a uno stato d’animo che gli artisti hanno saputo interpretare in maniera significativa, non per narrare il mondo ma un frammento temporale intenso e denso di significati, consci ed inconsci. Per questo la giornata si è conclusa con la tavola rotonda , dove hanno parlato del meriggio, insieme a te, lo scrittore Fabio Genovesi, la poetessa Alba Donati e il filosofo Jacopo Figura. Un meriggio vissuto, o convissuto, sotto diversi punti di vista, che hanno arricchito un momento unico nelle sue diverse e stimolanti sfaccettature.
Lorenzo Bruni
Lucca // fino al 31 ottobre 2011
Meriggio a Carignano
www.uscitalucca.it
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