È tornata da poco nel capoluogo sardo, dopo anni passati all’estero e nel Norditalia. Enrica Puggioni, classe 1970, è una tecnica prestata alla politica come indipendente. Arriva dall’insegnamento universitario dopo gli studi in filosofia e letteratura comparata, ma lei preferisce pensarsi come una “politica” che agisce secondo altre forme. Ha scritto libri di poesie (tra cui Parole di ottone) e racconti. Ora deve guidare la scuola e lo sport, oltre che la cultura cagliaritani, sul cui ruolo ha idee molto chiare.
Il suo primo atto pro cultura?
Razionalizzare l’esistente per aprirlo al nuovo. Più che di atto preferirei parlare di riprogrammazione nella longue durée del progetto culturale cittadino. Vorrei che ci riprendessimo il senso del futuro.
Assessore, siamo più concreti please…
Tre punti: la creazione di un polo museale e di un sistema archeologico integrati, che coinvolgano tutte le istituzioni; la messa a punto di criteri certi e oggettivi nella selezione dei progetti presentati, che garantiscano la trasparenza e premino la qualità, limitando la discrezionalità; il ripensamento delle modalità di gestione e fruizione degli spazi comunali grazie a bandi trasparenti e una diversificazione degli stessi per un’offerta culturale plurale.
Intende creare residenze per giovani artisti?
Sì. Essere su un’isola significa accusare un’incapacità di essere visti e di vedere. La Provincia aveva avviato un progetto di ospitalità di giovani artisti e io ho l’idea di creare anche uno spazio per l’arte contemporanea aperto verso l’esterno.
Come giudica e quanto conosce l’arte visiva contemporanea?
Non si conosce mai abbastanza e, più che di giudizio, preferirei parlare di esperienza. Guardo all’arte come uno spazio vivo e vitale dove “vedere”, dove incrociare lo sguardo di chi mi accoglie all’interno di un mondo possibile e dove trovare alternative alla percezione frammentata e allarmante del mondo contemporaneo. È talvolta l’esperienza di un mondo inquietante, ma anche la meravigliosa intuizione di ciò che sta oltre.
Mi pare sia un’esperienza intensa…
L’arte contemporanea non si deve limitare alla demistificazione della nostra impoverita realtà, ma suggerire un nuovo modo di essere umani. Credo che l’arte contemporanea abbia anche un compito etico: dirci cosa sta succedendo e dove stiamo andando. Lo stesso vale per la letteratura. Penso con nostalgia a un intellettuale come Pasolini e alla sua lungimiranza, che anticipava il mondo di trent’anni.
Cosa intende fare per l’arte nella sua città?
Aprirla al mondo. Cagliari ha un’identità fatta di scambi e confronti. I nostri giovani artisti devono avere l’opportunità di essere visti e di vedere. L’autoreferenzialità è la morte della creatività, l’immaginario deve essere fecondato di voci, gesti e parole che vengono dall’altrove.
Ma è mai possibile che Cagliari butti via una occasione come quella del Museo Betile, disegnato da Zaha Hadid?
È un progetto della Regione Sardegna, se si riprenderà ne sarò felice, perché recupera l’ex Manifattura Tabacchi e sorge sul lungomare vicino al quartiere di Sant’Elia, una zona molto bella dove sono già in atto lavori di riqualificazione urbana. È una zona difficile e un museo sarebbe utile alla sua risocializzazione. Il Comune di Cagliari è sempre stato favorevole, e io pure. Ma dobbiamo vedere quali saranno gli investimenti della Regione, che ha visto sorgere forti contenziosi. Ora la Giunta è cambiata e sul progetto per un polo museale integrato si aprirà un tavolo con le sovrintendenze, l’università, la Regione e la Provincia. Ci sarà un momento in cui si potranno riprendere in mano progetti scartati e rivalutarli.
L’Italia soffre dell’ingerenza politica ovunque, specie nella cultura…
La politica deve garantire trasparenza, accesso democratico e meritocrazia. E deve creare le condizioni perché si possa parlare di programmazione della cultura. Deve rovesciare lo stereotipo della cultura come passivo, mero divertissement. Deve affermare l’idea che la cultura può svolgere un ruolo centrale nell’economia e nel mondo del lavoro.
Per quanto riguarda la scelta delle mostre?
Credo che non spetti all’assessore farla in prima persona. Per questo, appena sarà possibile, mi piacerebbe che, attraverso un meccanismo di selezione o un bando di concorso, si trovi un curatore di alto profilo capace di coordinare le proposte culturali e artistiche che vengono dalla città.
Un artista che porterebbe alla Biennale 2013?
Pinuccio Sciola, perché con lui porterei la memoria millenaria di una terra che ha molto da dire e cantare.
Nicola Davide Angerame
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #2
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