Biennale? Sì, ma è una fiera
A marzo il weekend sarà alto-atesino. Per una fiera, “kunStart”, che ha la peculiarità d’essere biennale. Se poi ci si mette l’area geografica particolarmente agiata, una direttrice 31enne, un premio per artisti under 35 e una fiera di design che si svolge negli stessi giorni… Ne abbiamo parlato con Nina Stricker e Valerio Dehò.
Mancano meno di sei mesi alla prossima edizione e kunStart si presenta pesantemente rinnovata. Innanzitutto, è forse una delle poche fiere d’arte contemporanea a cadenza biennale. Come mai questa scelta?
Nina Stricker: In realtà, sin dalla sua nascita, kunStart, come del resto espresso nello stesso nome della manifestazione, seguiva questo sogno, di essere una fiera per le giovani gallerie e l’arte emergente, una specie di piattaforma di lancio, ma i tempi in periferia non erano maturi e i compromessi commerciali in passato sono stati tanti. Perseguendo con maggior perseveranza questo disegno, nel corso dell’ultima edizione del 2010, in un solo anno siamo riusciti a passare da un rapporto di 50/50 fra contemporaneo e moderno a un buon 70% di espositori attivi nel contemporaneo. Con il nuovo titolo biennial art fair for emergent contemporary art e un concept mirato, speriamo di eliminare anche gli ultimi residui di moderno dal padiglione e, grazie a un’offerta su misura per le gallerie emergenti (superfici più piccole con flat rate “all inclusive” a prezzi accessibili, award per artisti emergenti, attività collaterali in collaborazione con le numerose e crescenti realtà del contemporaneo attive sul territorio), riuscire ad attirare soprattutto le punte emergenti del sistema. Del resto, la recentissima nascita di altre fiere che si collocano in questo segmento, come The Others a Torino oppure le fiere Affordable e Accessible di Milano, sta a segnalare finalmente un cambiamento del contesto italiano, troppo storicizzato rispetto alla realtà più dinamica delle fiere internazionali.
L’organizzazione biennale non solo limita la saturazione del mercato e delle idee, ma favorisce l’ampliamento delle attività collaterali e il coordinamento delle iniziative realizzate in collaborazione con le realtà museali e le associazioni culturali del territorio, grazie a una pianificazione di medio-lungo termine.
L’organizzazione interna – da parte di Fiera Bolzano – quali vantaggi ha apportato in termini di sinergia, logistica…?
N. S.: Ci sono state diverse economie da poter tradurre in vantaggi immediati per i potenziali espositori, fra le quali l’ottimizzazione dei costi di allestimento e un budget triplicato per la comunicazione. Dal 2010 kunStart è abbinata con biglietto d’ingresso unico alla fiera di interior design Arredo. Questa concomitanza ha segnato una vera e propria svolta commerciale per la fiera in quanto, chiaramente per le opere sotto i 5mila euro, le vendite sono state incrementate grazie ai 20mila visitatori di Arredo. Per kunStart non solo si apre un’opportunità di allargamento del mercato nel segmento “affordable”, attingendo concretamente al potenziale economico specifico di un contesto sempre apprezzato ma mai sfruttato pienamente, ma anche una nuova responsabilità di mediazione culturale nei confronti di nuove fasce di utenza dell’arte contemporanea.
Parliamo ora del nuovo staff della fiera. Chi siete a prendervi cura di kunStart?
N. S.: Dopo aver seguito le ultime due edizioni nello staff di kunStart, da quest’anno con il passaggio a Fiera Bolzano S.p.A. sono stata assunta come nuova project manager della fiera, con il compito di darle un nuovo indirizzo. Il direttore uscente, Giuseppe Salghetti Drioli, aveva trent’anni quando ha fondato questa fiera, io ne ho trentuno. Una direzione giovane per una fiera emergente. Sono affiancata da un lato da tutto lo staff commerciale, logistico, della comunicazione e da tutta l’esperienza organizzativa dell’ente fiera, dall’altro stiamo creando un gruppo di lavoro che raccolga i rappresentanti locali dei musei, delle associazioni e delle istituzioni attive nel settore per promuovere non tanto una singola fiera, quanto un territorio esso stesso emergente per l’arte contemporanea.
Un partner istituzionale forte è la Fondazione Cassa di Risparmio di Bolzano, insieme alla quale abbiamo istituito due anni fa un premio all’arte emergente, The Glocal Rookie of the Year, coordinato da Valerio Dehò.
Come cercherete di distinguervi dalle altre fiere – MiArt, ArtVerona… – che insistono nel nord del Paese e che si indirizzano a gallerie italiane? Punterete sempre di più sul bacino austro-tedesco?
N. S.: Sicuramente la nostra posizione di confine ci rende un’area strategica di collegamento verso l’arco alpino tedesco e, specie in Austria, eccetto la fiera di Vienna, non ci sono fiere qualitative, mentre la Svizzera – anche per motivi doganali, nonostante i nostri sforzi – si presenta meno accessibile. Berlino sicuramente ha molta produzione emergente e poco mercato, e l’essere una regione bilingue agevola anche i contatti con realtà geograficamente più lontane. La ricetta è quella opposta rispetto alle altre fiere del Nord-Italia: non una chiusura nel mercato italiano, tra l’altro poco innovativo, ma ancora più apertura internazionale. Dalla scorsa edizione abbiamo introdotto anche la formula del focus geografico (praticato con successo da fiere estere come Arco, ma pressoché sconosciuto a quelle italiane) e, dopo il focus Japan del 2010, una sezione speciale vedrà protagonista la Corea del Sud, con una decina di gallerie di Seoul.
Parliamo del premio, giunto alla terza edizione. Come avete convinto la Fondazione Cassa di Risparmio a investire su artisti under-35?
Valerio Dehò: La Fondazione aiuta molto l’arte, hanno creduto e credono nel progetto perché il glocal qui è molto sentito. Si vive continuamente una realtà mondiale e una locale, fa parte dello spirito delle persone per cui questa filosofia è stata compresa e sostenuta. Spesso si fanno questioni di puro denaro, ma tante volte per convincere qualcuno ci vogliono le idee giuste.
Le precedenti edizioni del premio come sono andate? E soprattutto che “fine” hanno fatto gli artisti che avevano trionfato?
V. D.: Le precedenti edizioni sono andate bene, perché le scelte sono state condivise dalla giuria e gli artisti avevano dei lavori interessanti, che oggi fanno parte della collezione della Fondazione Cassa di Risparmio. I vincitori si vedono sempre più spesso nel mondo dell’arte, sono entrati nel sistema, qualunque cosa questo voglia dire. Lavorano. Ci piace pensare che il premio gli abbia dato una mano.
M. T.
Articolo pubblicato in versione ridotta su Artribune Magazine #2
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