Anno di realizzazione: 1866. Ma può considerarsi a buon titolo una delle primissime opere di arte concettuale, e in ogni caso un soggetto che non lascia certo indifferenti. Ormai questo sbalorditivo close-up anatomico è noto ai più, in vivace altalena tra ammirazione e vergogna, ma sappiamo che giacque in assoluta clandestinità per oltre un secolo. La scorsa primavera L’Origine du monde è arrivata a Rovereto nell’ambito dell’esposizione storica La rivoluzione dello sguardo. Capolavori impressionisti e postimpressionisti dal Musée d’Orsay, e ha risvegliato il desiderio perlomeno di ridiscuterne.
L’impudico dipinto, com’è noto, fu realizzato da Gustave Courbet (in formato 46×55 cm) su commissione di un diplomatico turco, che lo appese nella sua sala da bagno velato da una piccola tenda verde e che qualche anno dopo, persi tutti i suoi averi al gioco, lo rivendette a chissà chi. La tela scomparve nel mercato clandestino, per riaffiorare a singhiozzo nei decenni successivi, ma sempre nella più complice omertà dei pochi che se ne concedevano la vista di nascosto.
Neppure l’ultimo proprietario, l’insigne psicoanalista Jacques Lacan, permise la visibilità pubblica dell’opera, in quanto sua moglie Sylvie (la ex di Georges Bataille, il quale pure in questo genere di “argomenti” sguazzava beato) premette affinché André Masson, il fratellastro surrealista di Lacan, ne realizzasse una ennesima tavola di copertura.
L’Origine du monde divenne accessibile agli occhi del colto e dell’inclito solo nel 1988, dopo ben 122 anni di pudibonda clausura. E nel 1995, acquisita dallo Stato francese, trovò infine sede nel parigino Musée d’Orsay.
Piccolo problema accessorio: ancora ci si interroga su chi fosse la modella. Ma è davvero importante? In realtà quell’opulento corpo femminile non ha volto, programmaticamente, perciò da sintagma qualunque assurge in modo grandioso a paradigma assoluto. Inoltre, solleva altre problematiche, ben più intriganti. Uno: finalmente svelato senza né ipocrisie il primo motore (mobile) dell’ispirazione artistica. È il quadro che ciascun uomo avrebbe voluto dipingere, quello per cui ciascuna donna avrebbe voluto posare. Perché si sa che ogni uomo è intrinsecamente (almeno un po’, su, dài!) voyeur e ogni donna è sostanzialmente (almeno un po’, dài, su!) esibizionista. Alla faccia di capziose limitazioni d’etica religiosa.
Due: è l’incarnazione, carnalissima, di un pensiero stupendo, spiritualissimo. È la natura della Cultura; è la cultura della Natura. Tutto nasce lì, tutto nasce da lì. Non si scappa. (Ma allora dove starebbe lo scandalo?)
Tre: oggi, in moscia era post-porno, fa impressione più che altro la spensierata abbondanza pilifera sbandierata dalla modella desnuda: quando è di moda la depilazione, a dar scandalo è il pelo incolto. Ai felici tempi di Courbet il giardinaggio del boschetto era ancora di là da venire. Beh, ci ha pensato Oliviero Toscani, a più riprese negli ultimi anni, a rinverdire il tema.
Ferruccio Giromini
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #1
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