Signori, Bianca Attolico
Una delle collezioni più peculiari e curiose di Roma e d'Italia. Una delle collezioniste più uniche nel suo genere, più calde nell'approccio, più umane nella raccolta, più passionali e profonde nella scelta. In un libro, che si presenta al Macro, tutta Bianca Attolico. Che in questa intervista…
La collezione Attolico è tutt’altro che una collezione “arrivata”. Anzi, è una raccolta in continuo divenire, ogni giorno e ogni mese. Come ti sei fatta convincere a farne un libro?
La memoria è uno dei patrimoni più importanti che ha l’uomo, parlare della propria vita e quindi scriverla è bello, specialmente se si hanno figli e nipoti. Se qualche cosa manca? Faremo un altro libro…
Le opere sono in parte collezionate da tuo padre e in parte da te. Com’è cambiato il modo di raccogliere opere d’arte oggi rispetto a molti anni fa?
La collezione di mio padre è ormai un mito. Quello che è rimasto sono solo le radici della mia vita. Oggi il modo di raccogliere opere d’arte è diverso perché sono diventati molto importanti i galleristi. Bisogna saperli scegliere. Prima era tutto molto più familiare.
Qual è il tuo stile personale di collezionista? Come scegli le opere? Quali limiti ti dai? Quali sono i paletti che poni ai galleristi?
È necessario e importante essere sempre informati. Leggere, vedere mostre e musei, parlare d’arte con amici e conoscenti, per il collezionista non è importante lo studio. Io ho sempre scelto giovani artisti, da loro ho le sorprese che mi incantano. I limiti dipendono dal denaro che ho in quel momento. I paletti che metto ai collezionisti sono: qualità e prezzo.
Dalla collezione Attolico capita anche che esca qualche opera? Hai mai venduto dei lavori acquistati in precedenza?
Sì, dalla collezione Attolico escono dei lavori per andare nei musei o in collezioni pubbliche. Raramente ho venduto, perché spesso – come dice la Coen – l’arte può raccogliere polvere.
Nella tua casa le opere sono allestite in un modo del tutto personale. Appare evidente che ci si trova di fronte a una collezione di passione e non a una collezione di status sociale o di immagini. Come vivi, a casa tua, assieme alle opere?
Vivo a casa splendidamente, le opere d’arte fanno molta compagnia e sono allestite in un modo del tutto personale, lo confermo. Io amo sapere che quel lavoro è nel posto dove l’ho messo.
Come avete lavorato al libro? Quali sono stati i passaggi più difficili?
Il lavoro sul libro non è stato particolarmente complesso. La complessità derivava dal fatto che ognuno di noi ha i suoi ritmi di lavoro e questo qualche volta può aver portato polemiche. Il passaggio più difficile? Non aver avuto il libro in primavera.
Sei soddisfatta del risultato finale?
Sono profondamente soddisfatta del risultato finale. L’editore Trolley Books di Londra, nella persona di Gigi Giannuzzi, ha una raffinatezza e una cura che non hanno i grandi editori. Del libro, non modifcherei niente.
I mesi di ricerca e analisi della collezione avranno probabilmente rivelato anche a te cose che non ricordavi o che magari non sapevi. C’è qualche episodio in tal senso?
L’episodio che è avvenuto è stata una foto ritrovata in un archivio da Francesca Romana Morelli, nella sala dove esponeva Alberto Ziveri. In fondo c’è il mio ritratto da lui dipinto intorno agli anni ‘60. Si riconoscono nella fotografia Roberto Longhi, Terenzi e io di spalle.
Tutto il progetto è innestato in un contesto sociale e di beneficienza. Ce ne parli?
È nata improvvisamente questa idea dentro di me. Amo molto i bambini, sono per me la meraviglia del mondo. Ho vissuto anche personalmente questo problema. L’Italia per la ricerca non dà più niente, o molto poco; non voglio che sia una beneficienza, ritengo un dovere per noi tutti e un diritto per loro essere aiutati. E così gli introiti andranno a loro.
M. T.
Roma // 18 novembre 2011 ore 18
Ester Coen & Francesca Romana Morelli – Una memoria contemporanea. Dalla collezione di Bianca Attolico
Trolley Books, Londra 2011
Presentazione presso il MACRO
Via Nizza 138[email protected]
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