Tirare le somme sulle Dolomiti
Quasi quattro mesi fa un inconsueto matrimonio fra arte contemporanea e regione dolomitica riapriva un sito industriale chiuso da anni. Durante l’estate abbiamo seguito il progetto “Dolomiti Contemporanee”, desideroso di portare lo spirito della kunsthalle in un luogo che apparentemente con l’arte contemporanea poco c’azzecca. Ora è tempo di tirare qualche somma, e capire cosa si profila per il futuro. Ne abbiamo parlato con Gianluca D’Incà Levis, curatore dell’iniziativa.
Il progetto Dolomiti Contemporanee, s’era capito sin dall’inizio, era ambizioso, visionario, un po’ folle, come Gianluca D’Incà Levis, curatore fuori dagli schemi. Ma ci aveva colpito sin dall’inizio proprio per quella follia che tale non era, più vicina a una volontà di emancipazione dai tradizionali modelli dell’arte contemporanea. I numeri dicono che il progetto ha risvegliato un certo interesse, sia negli oltre 8mila visitatori che nei circa 70 artisti coinvolti, e nei sette curatori che durante i tre mesi di apertura ci hanno creduto e hanno fornito ognuno una visione diversa, intrattenendo una relazione odi et amo con il luogo.
Già prima che il progetto partisse, avevamo annusato nell’aria che in realtà questa fosse solo la prima fase di qualcosa di più articolato, il grado zero di un’iniziativa aperta. I tre mesi son passati e Sass Muss chiude. Anche per motivi pratici, che erano già contemplati nell’idea di fissare un primo termine dopo tre mesi: per trasformare 5.000 mq di spazi industriali in una struttura espositiva stabile è necessario un investimento economico non indifferente.
Ma che significa, che è finito tutto? Si chiude Sass Muss, ma Dolomiti Contemporanee non va in pensione: Gianluca ci racconta che il leitmotiv dei prossimi mesi è rendere nomadico questo modello, come è già stato fatto durante Artissima, dove si son visti i primi vagiti di una collaborazione con Carrozzeria Margot, che dà ulteriore stimolo all’opera in progress Il mio mezzo spazio di Jonathan Vivacqua, artista della scuderia milanese. Dolomiti Contemporanee ha intenzione di viaggiare, per rinsaldare la forza della “rete” e del “network” su cui si è insistito molto in questi primi mesi di attività, e si rivolge anche a Bolzano, con una presenza a Kunstart 2012, fiera che con la prossima edizione intende ricollocarsi guardando in particolare al contemporaneo emergente, sfruttando anche una posizione geografica che le permette di essere un ponte naturale tra due aree d’interesse. Si profilano mesi intensi, insomma.
Uno dei punti forti del progetto è proprio quella relazione tra montagna e arte contemporanea che ha fatto da fil rouge – anche in modo critico – alle opere prodotte durante le residenze. Un rapporto potente, ma anche potenzialmente insidioso, e la domanda che rivolgiamo al curatore nasce in modo spontaneo: nessuna paura di cadere nel cliché della montagna e del montanaro? “Non c’è nulla da evitare, perché noi non celebriamo la montagna, non la usiamo in termini retorici, altrimenti non l’avremmo chiamata ‘Dolomiti Contemporanee’”, risponde Gianluca D’Incà Levis. “L’atteggiamento curatoriale scelto segna una differenza rispetto a una costante nel contemporaneo, che vede la spersonalizzazione e l’esclusione di una specificità, credendo che la spoliazione dai caratteri tipici sia il vero universale; ma non è così, perché così sia ha un universale che è astratto, e uguale dappertutto”.
Giulia De Monte
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati