Ogni anno la Fondazione Bevilacqua La Masa indice un bando per assegnare a 12 giovani artisti uno spazio da utilizzare come studio. Il periodo di residenza 2011 sta per concludersi, e si completa con sessioni di studio visit con curatori provenienti dalle maggiori istituzioni artistiche internazionali. Visitiamo gli atelier della sede di Palazzo Carminati in cui sono ospitati 7 dei 12 artisti selezionati, e da cui si può godere di una visuale privilegiata su Venezia e sul panorama artistico nazionale.
Chiara Trivelli ha trasformato lo studio in un fienile. Oggetto della sua ricerca sono le funzioni delle architetture rurali montane e il loro riutilizzo come luogo per l’arte contemporanea. Il suo “lavoro” si compie vivendo nelle comunità stesse, assimilandosi per recuperare quei saperi che si muovono verso la sfera della dimensione orale. Un’audioguida composta da voci e dialetti dell’alto lombardo fa da sfondo alla chiacchierata.
Lia Cecchin e Luca Pucci condividono a loro volta approcci in cui si concentrano sul proprio ruolo e sulla propria persona di artista. Sfiorando territori intimi, corporali e affettivi della propria memoria. Lia Cecchin realizza perfomance in cui stabilisce un rapporto empatico tra se stessa e l’osservatore. Luca Pucci invece sviluppa dinamiche collettive, passando da sessioni di balli di gruppo ad azioni che evidenziano con gusto i paradossi dei meccanismi sociali e politici.
Un simile coinvolgimento del vissuto individuale è espresso, come “attaccamento alla terra”, dal lavoro di Alessandra Messali. Realizza video, azioni collettive e sceneggiature. Recentemente ha realizzato uno spettacolo teatrale dedicato alla figura di Giovanni Paneroni, astronomo tolemaico che a partire dal 1920 elaborò e diffuse nelle valli padane una teoria secondo la quale la terra era piana, infinita, cruda, morta, ferma, fredda e non rotonda.
Nina Fiocco e Nicola Turrini condividono atelier e progetto di ricerca. Entrambi partono dalla fotografia e analizzano il tema della geografia, il “mondo”, attraverso le narrazioni che il web permette. La possibilità di viaggiare da fermo, di essere simultaneamente in molti luoghi e di vedere con gli occhi di una macchina trasfigura i sogni di Jules Verne e, attraverso una oggettività virtuale, restituisce l’immagine di un pianeta che non esiste, composto esclusivamente da “mezzi”.
Giovanni Giarretta esamina la stratificazione narrativa custodita dalle immagini. La sua pratica si realizza a livello grafico come presentazione di materiale d’archivio, frutto di una sofisticata ricerca iconografica. La creazione di un “genere” avviene grazie a impliciti presupposti visivi, su cui è possibile agire, analizzando quegli elementi che – nel linguaggio cinematografico – si ripetono costanti, per esempio nelle architetture delle case dei film horror.
Martino Genchi, di ritorno dal Premio Lum per l’arte contemporanea, ci accoglie nel suo studio. Alle pareti si sviluppano dei volumi orizzontali composti da libri, giornali e oggetti avvitati l’uno all’altro. Disposti su dei tavoli, disegni circondati da viti di ogni tipo e formato che in un secondo momento andranno a comporre un’installazione. “Ricerco le simmetrie e le traiettorie. I miei interventi avvengono a dimensione ambientale. Dialogo con lo spazio che mi ospita e il tempo per cui lo attraverso, pensare e agire sono indistinguibili. È difficile realizzare un lavoro sapendo che dovrò distruggerlo perché questo spazio non lo potrà ospitare al di là della mia permanenza.”
Tommaso Zanini
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