Il fumetto fa notizia. E si legge su iPad
Cosa succede quando la biografia di un personaggio popolare si racconta a fumetti? Mediaticamente parlando, il finimondo. Le trasposizioni illustrate di fatti d'attualità o di cronaca conquistano pagine di giornali e servizi nei tg. Ma perché le vendite non decollano? Forse sono solo espedienti legati alla comunicazione di massa. Perché oggi il mercato si conquista sul web.
Si parla (e si scrive) tanto di fumetti. Ma senza leggerli. A sostegno di questa tesi ci sono le parole di un uomo come Alfredo Castelli, che non è certo offuscato dal pudore di tradire sentimenti e pensieri. Lui che ha inventato Martin Mystère, ha disegnato l’Omino Bufo e scritto innumerevoli sceneggiature, tempo fa, parlandoci della riedizione del volume Un fascio di bombe – storia a fumetti sulla strage di Piazza Fontana uscita per la prima volta a metà degli anni ‘70 e firmata anche da Mario Gomboli e Milo Manara – non ha risparmiato mezze misure.
“Per l’abilità di promozione dell’editore sono usciti molti articoli su questo libro”, disse Castelli. “Ma nessuno si è degnato di leggerlo, e questo si capisce benissimo. Se fossi un critico, infatti, ci andrei giù pesante per i tanti errori… Ecco, uno potrebbe pensare al boom dell’anno. Invece abbiamo venduto 800 copie”. Era il 2010. Anno in cui si è scritto di questo fumetto sul Venerdì di Repubblica, sul Corriere della Sera e su La Stampa. Mollica ha perfino intervistato Manara per il Tg1. Risultato? Nada de nada. Niente di niente.
In quell’intervista, Mollica chiese a Manara se oggi un fumetto d’impegno civile è ancora possibile da realizzare. “Questa storia l’ho disegnata prima che Hugo Pratt mi convincesse di non fare fumetti politici”, rispose Manara. “Riteneva che per questo ci fosse già la cronaca. Essere bravini a disegnare non significa avere il diritto di fare prediche o insegnare qualcosa a qualcuno. Al limite possiamo solo intrattenere”. Risposta sbagliata, caro Manara. E il comics journalism ce lo insegna. Basta leggere Joe Sacco per capire che ci troviamo di fronte a un esempio eccellente di giornalismo a fumetti. Il problema, semmai, sono i numeri.
Sì, perché il fumetto attrae i media generalisti e di larga diffusione quando affronta temi di attualità o racconta biografie popolari. Quando ci si trova di fronte a uno di questi due casi, è quasi sicura l’uscita sul quotidiano popolare, sulla rivista d’élite distribuita in edicola e sul tg nazionale. Ma con quali risultati? Scarsi, a quanto pare. Se Un Fascio di bombe ha venduto nei primi mesi 800 copie, nonostante tutto, le cose non vanno meglio altrove.
Qualcuno ha capito che investire sui temi d’attualità conviene. È il caso dei tipi delle edizioni BeccoGiallo. Il loro catalogo è invidiabile: si parla di Pasolini, Che Guevara, Carlo Giuliani, Fabrizio De Andrè, Julian Assange. Perfino della strage alla stazione di Viareggio. Anche se il risultato grafico è spesso incoerente e a volte non appropriato, fra quei volumi ci sono storie che davvero vale la pena leggere. Storie che, così mischiate, rischiano però di perdere la loro efficacia. Non quella legata alla comunicazione di massa, ovviamente. Perché dare alla stampa un fumetto che ricostruisce dinamiche ed effetti della strage del 29 giugno 2009 a Viareggio è di per sé materia di discussione e amplificazione. Purtroppo manca qualcosa. E quel qualcosa è senz’altro da ricercare nella comunicazione dell’immaginario attraverso l’estetica.
Forse per le ragioni fin qui espresse, l’Unità, attraverso Bookrepublic, sta portando avanti in questi giorni l’iniziativa editoriale online “Sette fumetti di impegno civile”. Il partner è ovviamente BeccoGiallo. Si tratta delle storie a fumetti di Gramsci, Peppino Impastato, Giovanni Falcone, Piazza Fontana, Pasolini, la strage di Bologna e Che Guevara. Sette graphic novel per sette giorni, ciascuno in vendita sotto forma di e-book a 2 euro e 50.
Comics by comiXology iPad concept from comiXology on Vimeo.
Una scelta che paga, visto che, contrariamente ai libri, i fumetti sembrano adattarsi benissimo alla lettura su tablet. Tant’è che, al di là delle esclusive e di una concorrenza quasi spietata fra piattaforme diverse, sull’iPad è possibile acquistare (e leggere) un po’ di tutto. Dai fumetti Dc a quelli Marvel (purtroppo ancora in inglese). Ma anche le Sturmtruppen, Diabolik, Topolino, collezioni complete di John Doe o de L’Insonne. Poi c’è chi si apre al talent scouting (come Manicomix) e chi offre ottime opportunità d’interazione con zoom ed esplorazioni di dettaglio di ogni singola vignetta (vedi la app DeepComix e Comixology).
Se sommiamo la facilità di lettura e la crescente diffusione di queste piattaforme ai costi decisamente accessibili dei fumetti online, è facile scoprire (e immaginare) l’imminente boom di questo mercato. Sembra proprio che la rinascita dell’editoria a fumetti passi proprio dal digitale.
Gianluca Testa
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