Metabolismo visionario. O della giapponesizzazione
È in corso a Tokyo la prima grande mostra sul movimento “metabolista”. L’architettura giapponese del secondo dopoguerra come germe fondante della progettazione contemporanea. Fino al 15 gennaio al Mori Art Museum.
Il processo di trasformazione delle cellule in energia – il metabolismo – un “cambiamento” per la sopravvivenza dell’organismo. Questa fu la visione architettonica della ricostruzione dopo la Seconda Guerra Mondiale in Giappone, dopo lo shock nucleare, nella prospettiva di un futuro incerto, ma gonfio di speranza. Un’architettura capace di crescere e di adattarsi all’ambiente e all’evoluzione umana, in una corsa al superamento di una fase storica degenerata nel disastro. Fino al 15 gennaio 2012 il Mori Art Museum di Tokio dedica al movimento Metabolista la prima grande retrospettiva mondiale. I curatori si sono adoperati in un grandissimo lavoro di ricerca tra privati, uffici, università e studi di architettura, per mettere insieme materiale non ancora totalmente storicizzato. “Più che un movimento culturale”, spiega uno dei curatori, Maeda Naotake, “si è trattato di un gruppo di architetti visionari, tra cui Kenzo Tange e Arata Isozaki, che hanno dato corpo a un’esigenza ambientale”.
Il Metabolismo è considerato l’ultima ondata modernista in architettura, e continua a essere poco compreso e indagato. Grandi nomi del contemporaneo, come Rem Koolhaas e Hans Ulrich Obrist, hanno scritto chiaramente che si è trattato della costruzione dell’immagine del Giappone attuale, fondamentale per capire quali saranno le forme delle città del XXI secolo (Project Japan. Metabolism Talks… , a cura di Kayoko Ota con James Westcott, Taschen, Köln 2011). Non solo. Dal Giappone degli anni ‘60-‘70, secondo molti, è partita quella che Reyner Banham (1985) ha definito “giapponesizzazione” dell’architettura mondiale. Nel 1960 geniacci come Kurokawa Kisho, Kikutake Kiyonori e Maki Fumihiko progettavano già città connesse da autostrade sopraelevate a slalom nel cielo, fra grappoli di grattacieli. Per capire quanto conti oggi la lezione del Metabolismo basta guardare al progetto che ne è diventato uno dei simboli: il Nakagin Capsule Tower Building (1972).
Torri gemelle fatte di moduli abitativi simili a navicelle spaziali, con l’essenziale per vivere (o sopravvivere) concentrato in meno di tre metri quadrati. Nell’idea di Kurokawa i prefabbricati si sarebbero potuti spostare, avrebbero dovuto essere sostituiti nel tempo dando anche ipotetiche infinite nuove forme all’ensemble. Le torri di Nakagin non sono solo un’architettura esteticamente affascinante, ma riflettono il cambiamento sociale, la dislocazione antropologica in una società di servizi, la frammentazione della famiglia tradizionale, la crescita di una classe di colletti bianchi dentro inquietanti scenari di alienazione urbana. Purtroppo il tempo e la mancanza di apprezzamento culturale per un passato troppo vicino – e ancora, evidentemente, da “metabolizzare” – hanno portato all’incuria dell’edificio tanto che gli abitanti nel 2007 votarono per la demolizione. L’eventualità che il critico del New York Times Nicolai Ouroussoff definì “non solo una tragedia per l’architettura, ma anche una grave perdita per la storia” è stata scampata, ma tuttora la ricerca di fondi per dare nuova vita alle capsule non ha portato i frutti sperati.
Quanto il curatore della mostra al Mori Museum sostiene, e su cui sarebbe importante riflettere in questa fase storica, è che l’idea di ricambio come riciclo sia alla base della filosofia costruttiva nipponica: “L’approccio giapponese alla costruzione, sin dall’antichità in cui si usava esclusivamente il legno, è quello della prefabbricazione del riuso, basta pensare anche agli elementi di design più conosciuti e usati nel mondo: il tatami e le porte shoji”. La crescita incontrollata della popolazione (nel 2030 il 60% degli esseri umani vivrà in città) a fronte di una necessaria razionalizzazione delle risorse ci impone di guardare anche alla storia recente dell’architettura. Emergenze ambientali, catastrofi naturali e carenza di risorse inducono a pianificare uno sviluppo che forse meriterebbe uno sguardo indietro proprio alle grandi sfide già colte dal Metabolismo. Come sostiene anche Koolhaas, per capire la metropoli contemporanea dobbiamo passare in qualche modo anche da lì.
Cristiana Raffa
Tokyo // fino al 15 gennaio 2012
Metabolism, the City of the Future: Dreams and Visions of Reconstruction in Postwar and Present-Day Japan
MORI ART MUSEUM
Roppongi Hills – Mori Tower 53F
+81 3 57708824[email protected]www.mori.art.museum
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati