Nuova identità Macro
Potevamo non intervistare Bartolomeo Pietromarchi, fresco di nomina al trono di direttore del Macro di Roma? Stavolta, però, le domande le abbiamo fatte fare a qualcun altro. Avete capito bene, state per leggere un’intervista “partecipata”, realizzata con il contributo di un nutrito gruppo di galleristi romani (Valentina Bonomo, CO2, Galleria Delloro, Ex-Elettrofonica, Marie-Laure Fleisch, Furini, Monitor, Oredaria, S.A.L.E.S, The Gallery Apart). Ecco cosa risponde il neo-direttore.
Cosa intende mantenere del “vecchio” Macro e cosa verrà eliminato o aggiunto?
In questo momento sto lavorando alla costruzione della nuova identità del Macro. Ciò non vuol dire che verrà cancellato quello che è stato fatto in questi anni: il lavoro puntuale sulla collezione, l’apertura al territorio e il coinvolgimento diretto del pubblico nelle attività del museo sono aspetti fondanti che verranno mantenuti e incrementati. Tutte queste linee di lavoro verranno direzionate con maggior precisione e consolidate intorno a specifici progetti espositivi e culturali.
La linea espositiva comprenderà anche mostre di taglio storico o si concentrerà unicamente sul contemporaneo?
Siamo il Museo d’Arte Contemporanea di Roma e dunque siamo orientati in maniera significativa sui fermenti dell’attualità in città, sul territorio nazionale e a livello internazionale. Il taglio storico rimarrà però una parte importante nella programmazione, sia attraverso un progetto dedicato alle collezioni – dalle più storiche alle più aggiornate – sia mediante la prosecuzione del lavoro sugli archivi e sulle figure storico-artistiche più importanti degli ultimi decenni. Inoltre, l’opera delle generazioni recenti verrà messa in dialogo e in cortocircuito con quella dei protagonisti del passato, in un’idea di scambio tra generazioni.
In che modo pensa di valorizzare e accrescere la collezione?
La collezione del Macro crescerà grazie al rapporto con le collezioni private, che troveranno negli spazi del museo un luogo fisico e ideale per presentarsi al pubblico. Inoltre, in occasione degli specifici progetti espositivi, verrà data centralità alla produzione di nuove opere, che potranno entrare nella collezione come traccia del passaggio degli artisti negli spazi del museo. Questa strategia mira a ridare centralità al rapporto dell’istituzione con l’artista, coinvolto in un programma culturale di vasto respiro, sottoposto a idee curatoriali forti e precise.
Come si rapporterà la nuova gestione rispetto ai comodati da parte di gallerie e privati (che tanto hanno arricchito in passato la collezione), soprattutto in un momento di transizione del Macro verso la costituzione di una Fondazione? E come intende incentivare la partecipazione di nuovi sponsor?
Comodati e donazioni verranno presi in considerazione nell’ambito dei singoli progetti espositivi, in modo che appaiano come il frutto della collaborazione con specifiche realtà, collezioni private o artisti. Saranno privilegiati rapporti a lungo termine e ad ampio raggio, piuttosto che contatti isolati. Il museo potrà inoltre contare sulla consolidata partnership con Enel che, grazie al progetto Enel Contemporanea, destina ogni anno l’opera vincitrice del concorso alle collezioni del Macro.
Riuscirà la nuova gestione a curare anche i progetti al Macro Testaccio o lascerà che rimanga un contenitore per progetti prodotti esternamente?
Considero la sede di Testaccio una grande risorsa per il museo: negli spazi dei padiglioni e della Pelanda è garantita una programmazione espositiva fino alla metà del 2012, che culminerà con la fiera d’arte contemporanea di Roma, ormai indissolubilmente legata a quella sede. È prevista poi la costituzione di un consorzio tra gli stakeholder di tutta la zona: Università di Architettura Roma Tre, Accademia di Belle Arti di Roma e Macro. Dal punto di vista dei progetti espositivi e culturali, si darà maggior spazio alle contaminazioni fra le arti e gli eventi performativi.
Negli ultimi dieci anni, il panorama dell’arte contemporanea è molto cresciuto a Roma, grazie a nuovi musei, fondazioni, gallerie private internazionali e accademie. Ti sembra che questa nuova realtà sia riuscita a coinvolgere un maggior pubblico?
Credo di sì. Il panorama artistico e culturale della città è cambiato molto negli ultimi anni e il pubblico ha reagito positivamente. L’obiettivo è lavorare ancora di più su questa strada, trovando nuove strategie di coinvolgimento. Ciò sarà possibile grazie all’insistenza su una visione aperta e partecipativa delle attività del museo, che comprenda modalità differenti di inclusione e partecipazione di diverse fasce di pubblico. Dai più giovani agli studenti, dal pubblico specializzato a quello più generico.
Quali sono le dinamiche che il museo intende attivare per diventare un reale centro propulsore di servizi per la comunità di riferimento? Si intende coinvolgere il territorio con progetti di natura educativa? È sua intenzione concedere maggior spazio ai giovani italiani e romani?
La nuova identità del Macro si fonderà su una maggiore attenzione e apertura al pubblico: condivisione, prossimità, continuità e dinamismo saranno le caratteristiche principali di questa missione, che accompagnerà le attività espositive e pubbliche presentandosi come il vero motore dello sviluppo e dell’aggiornamento culturali. Un’impostazione laboratoriale che darà una nuova impronta alla fisionomia del museo. L’apertura alla città e al territorio italiano e romano si unirà alla costante relazione con il mondo dell’arte internazionale: il museo diventerà così, sempre di più, un luogo pubblico di formazione e crescita, di costruzione di identità e trasformazione continua.
Alcune gallerie romane stanno cercando, attraverso un’associazione, di “fare sistema”. In che modo il Macro intende relazionarsi con questa nuova realtà, rendendo possibile un’unione di forze fra il museo e le gallerie private?
La collaborazione aperta e chiara con le gallerie sarà fondamentale. Tale rapporto sarà inscritto nello specifico dei progetti espositivi e curatoriali del museo, che verranno realizzati anche grazie al supporto di partner privati come le gallerie della città e non solo.
Cosa ne pensa della Consulta per l’arte contemporanea di Roma? Come giudica l’atmosfera che l’ha generata?
La Consulta per l’arte contemporanea è il frutto di un momento di grande consapevolezza e maturità del mondo dell’arte romano. In una fase di difficoltà si sono incontrate esigenze e voci diverse, tutte però interessate a tutelare e supportare un’istituzione pubblica patrimonio comune come il Macro. Oggi la Consulta può essere uno degli interlocutori con cui creare reti di dialogo e confronto. Il Macro ambisce a diventare un terminale, un hub, in grado di tessere reti e creare connessioni a diversi livelli.
Conoscendo il tuo precedente lavoro al Maxxi e i tuoi studi, immaginiamo che tu abbia intenzione di attivare delle residenze. Saranno dedicate solo ad artisti stranieri o anche italiani e romani?
Le residenze costituiranno parte integrante delle attività del nuovo Macro: l’obiettivo è ridare centralità alla figura dell’artista, alla produzione e alla partecipazione diretta del pubblico nelle dinamiche della creazione contemporanea. Il progetto, su cui stiamo lavorando in questi mesi, sarà aperto ad artisti italiani e stranieri e prevedrà la creazione di un network di partnership con importanti istituzioni internazionali impegnate sul fronte delle residenze d’artista, che permetterà di accrescere l’esperienza degli artisti anche fuori dai confini nazionali.
Considerati gli orizzonti del Maxxi, che sta portando avanti una programmazione senza rischi, pensi di poter rafforzare il Macro come polo per l’arte contemporanea per Roma, per l’Italia e per l’estero puntando più sulla ricerca e selezionando anche progetti più sperimentali?
Non sono d’accordo. Il Maxxi è una risorsa importante per il sistema dell’arte contemporanea italiano e ha una dimensione e delle finalità coerenti con tale identità. Le differenze con il Macro sono nette: il Macro è un museo più piccolo, agile, che deve concentrarsi in maniera crescente nella definizione di una propria specificità. Il museo non è più inteso solo nell’ottica di spazio espositivo, ma quale centro di produzione e diffusione artistica e culturale. La dimensione pubblica e partecipativa diventerà il tratto distintivo delle nostre attività.
In Italia sono sorti negli ultimi anni numerosi nuovi musei, ma siamo ancora lontani dalla rete capillare esistente in Francia e Germania. La minore offerta provoca in particolare un effetto di oscuramento degli artisti over 40. Nel rispetto della libera e indipendente programmazione di ciascun museo, è ipotizzabile che a livello Amaci possa svilupparsi una riflessione su come offrire all’utenza una fascia di personali mid-career che facciano il punto sui migliori artisti italiani usciti dalla fatidica soglia della giovane arte?
Trovo che la distinzione tra giovane arte, artisti mid-career e affermati sia artificiosa e dannosa. Ogni museo può trovare autonomamente le formule e i progetti per valorizzare le diverse generazioni artistiche, senza che sia necessaria un’imposizione dall’alto né un’insensata settorialità anagrafica.
a cura di Valentina Tanni
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #3
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