Re Place 2, L’Aquila: illuminazione e riemersione

Mentre l’Italia intera si avvia placidamente (forse) verso il crollo, c’è una città che ha già compiuto questa esperienza dolorosa. Una città su cui - una volta spentisi i riflettori del carrozzone politico e spettacolare, una volta esaurite le retoriche dell’illusione - è calato da troppo tempo il silenzio colpevole della stampa e di tutto il dispositivo mediatico nazionale.

L’Aquila è il grande rimosso italiano degli ultimi anni. L’ultimo in ordine di tempo, e forse il più doloroso. Quello con le conseguenze più gravi. Non voler guardare L’Aquila, non voler sapere ciò che (non) succede, la ricostruzione mai avvenuta e neanche avviata, è un atteggiamento molto pericoloso: in primis, naturalmente, per gli aquilani, sottoposti a un trattamento crudele insieme di oblio e ospedalizzazione, a un sequestro fisico e immateriale. Di presente e di futuro, di vita quotidiana e di immaginario. E pericoloso per tutti noi: perché, con ogni probabilità ed evidenza, dalla rinascita de L’Aquila passerà anche la rinascita dell’Italia – così come dalla decadenza de L’Aquila passa la decadenza dell’Italia.
Oggi l’arte prova faticosamente a illuminare la città – a farla riemergere nel vissuto nazionale – con la seconda edizione di Re Place, organizzata dall’Associazione Amici dei Musei d’Abruzzo, in collaborazione con il Liceo Artistico Bafile e l’Accademia di Belle Arti (e realizzata con il sostegno del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale POR-FESR 2007-2013). Dopo la prima edizione dello scorso anno, in occasione dell’anniversario del terremoto (con l’installazione luminosa di Mario Airò curata da Pier Luigi Sacco), questa nuova puntata prova a rilanciare, ad allargare lo spettro. Tornando nel centro storico, di fatto, ancora abbandonato – a 32 mesi dal sisma.

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Fabrizio Corneli - Le ombre e le luci dell'amore - Piazza Duomo, L’Aquila

Le opere di Carlo Bernardini, Giovanni Albanese, Licia Galizia e Michelangelo Lupone, Fabrizio Corneli proveranno, da domani al 31 dicembre, a portare luce, calore, vita lì dove non ci sono più da troppo tempo. Riattivando angoli preziosi del centro storico, ricordi che vogliono essere anche e soprattutto aperture di futuro: il Forte Spagnolo; via Tre Marie, con il ristorante omonimo; la piazza antistante il Palazzo dell’Emiciclo, sede del Consiglio Regionale; un palazzo in Piazza Duomo.
Questi interventi, infatti, non hanno nulla a che vedere con l’autoreferenzialità eletta a regola, né con il piagnisteo vuoto e peloso. Si interrogano con serietà e responsabilità sulla funzione dell’arte in una situazione di questo tipo, così sconvolgente e per molti versi annichilente. Che cosa può fare, realmente, un artista in un caso e in un tempo del genere? Qual è il ruolo dell’arte in una crisi insieme esistenziale e materiale, sociale ed economica? Illuminare. Attrarre luce. Riscaldare. Attrarre calore. Rivitalizzare, almeno tentare, e tentare sul serio.

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Giovanni Albanese - Canestro - dettaglio del progetto per Via Tre Marie, L’Aquila

Dichiara in proposito Germana Galli, ideatrice dell’iniziativa: “Perché la luce? La luce è essenziale e senza non c’è vita. Tanto più è evidente ora nella città dove i luoghi bui sono come inghiottiti da un buco nero. Le stesse tradizionali illuminazioni della città vuota hanno perso un loro significato. Gli artisti che partecipano a questa edizione di ‘Re Place’ hanno scelto di lavorare  partendo da queste considerazioni. È un ‘segno’ d’arte e un segnale di vitalità.”
È un tentativo di “espugnazione” del presente da parte di una comunità: il rifiuto del presente e del futuro lugubre a cui sembra essere stata consegnata, e la riappropriazione legittima di un’identità collettiva che coincide con un luogo, con i luoghi della propria vita. La riappropriazione di un orizzonte.

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Licia Galizia e Michelangelo Lupone - Enigma del centro - Palazzo dell'Emiciclo, L’Aquila - photo M. Palpacelli

Questa operazione non è qualcosa che riguarda solo quella comunità: la comunità in questione è l’Italia. Ci riguarda tutti, e tutti ne facciamo parte. Il “buco nero” di cui parla Germana Galli è infatti anche una metafora generale, di ciò che è successo all’intero Paese negli ultimi trent’anni – e i cui effetti ‘reali’ si sentono soprattutto adesso, con violenza e drammaticità.
Il “buco nero” è il pozzo oscuro e profondo in cui l’Italia e gli italiani sono precipitati, e da cui occorre adesso risalire. Questa risalita comincia da L’Aquila, e può cominciare solamente da L’Aquila.

Christian Caliandro

L’Aquila // fino al 31 dicembre 2011
Re Place 2011
SEDI VARIE
www.re-place.it

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Christian Caliandro

Christian Caliandro

Christian Caliandro (1979), storico dell’arte contemporanea, studioso di storia culturale ed esperto di politiche culturali, insegna storia dell’arte presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze. È membro del comitato scientifico di Symbola Fondazione per le Qualità italiane. Ha pubblicato “La…

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