Notizie ingiustamente trascurate. La riapertura del Duomo di Pavia
Il crollo della torre campanaria, le vittime, il rischio che anche la cupola pensata da Bramante facesse la stessa fine. Dopo vent'anni di chiusura precauzionale, e un restauro milionario, riapre a Pavia il risultato di una fabbrica ininterrotta.
Sotto Natale l’attenzione cala. La stampa tira i remi in barca, perdendo il senso della cronaca in favore di un’attualità fatta di panettoni, pacchetti e petardi; passi il fattaccio di nera, passi il vituperio politico: ma notizie di altro genere, a maggior ragione se arrivano dalla provincia e richiedono l’impegno sovrumano di un’uscita, finiscono nell’oblio.
Riscontro minimo, dal punto di vista mediatico, ha avuto quindi la riapertura del Duomo di Pavia: una delle fabbriche più imponenti del Rinascimento lombardo, forte – con i suoi 97 metri di altezza, 34 di luce per un peso totale di 20mila tonnellate – della terza cupola più grande d’Italia dopo quelle di San Pietro e del Duomo di Firenze.
Un cantiere infinito, quello della cattedrale: nata su ispirazione di Ascanio Sforza, è ideata dal Bramante, che sperimenta soluzioni sulla pianta centrale preliminari all’idea per San Pietro. Coinvolge l’Amadeo e il Tibaldi, secondo alcuni persino Leonardo; minata da un’emorragia di fondi, vede il suo completamento solo a fine Ottocento.
Ma la fragilità, per il Duomo, non è solo finanziaria. Il 17 marzo 1989 crolla la Torre Civica, uccidendo 4 persone e ferendone 15: gli immediati sondaggi sulla chiesa confermano come anche il tiburio ottagonale sia in sofferenza. Il cuore del Duomo, poggiato sui resti delle chiese gemine di epoca romanica, rischia di collassare.
E dunque si chiude. Il lento progresso del cantiere di consolidamento della struttura permette parziali aperture al culto: ma la cattedrale è – di fatto – negata. E il conto per i lavori decisamente salato: un’indagine del Touring Club parla di almeno 40 milioni di euro stanziati nei due decenni di permanenza del cantiere.
Una cifra astronomica, che trova conferma parziale nei 4 milioni e mezzo messi sul piatto solo negli ultimi mesi – parte dalla Diocesi, parte da Regione Lombardia – e funzionali a chiudere la partita dei lavori e arrivare, il 24 dicembre 2011, alla riapertura. Con una messa di Natale che ha raccolto almeno 2mila persone.
La partecipazione popolare alle vicende del Duomo è stato uno degli aspetti più curiosi per una città che, fedele alla propria sonnolenta condizione di “provinciale”, sembra spesso avvolta dalle nebbie del nichilismo. Ingente il frutto delle raccolte fondi spuntate spontaneamente tra comitati e associazioni locali, rimbalzate anche in Comune: con la giunta che ha raddoppiato la cifra raccolta dai cittadini nell’ultimo anno.
La chiesa è tornata. Ora si può pensare a come valorizzarla. Pavia, esclusa non senza polemiche dal circuito delle città longobarde (lei che del regno di Teodolinda è stata capitale), titolare di un eccellente – ma forse poco appetibile in termini di grandi numeri – patrimonio di architettura romanica, può accettare la sfida del turismo religioso.
Bruxelles punta sulla via Francigena: così conferma Antonio Tajani, vice-presidente della Commissione Europea che si occupa di turismo, premiando implicitamente il lavoro di recupero degli antichi tracciati che passano per Pavia e la sua provincia. Nella chiesa di San Pietro in Ciel d’Oro sono conservate le spoglie di Sant’Agostino; a dieci chilometri dal centro della città si trova la celeberrima Certosa. Un monumento che attira tra i 700mila e il milione di visitatori ogni anno.
Già, la Certosa: questione aperta a Pavia. Proprietà di un demanio statale in costante affanno nei lavori di restauro – risale al 1995 il crollo di un muro di cinta; i pessimisti attendono a momenti quello del tetto di parte delle celle – è oggetto di una disputa infinita sulla legittimità dell’introduzione del biglietto a pagamento.
In validità fino al 1980, quando si scelse per la gratuità di un accesso con “compensazione all’italiana”: ovvero obolo al monaco improvvisato guida turistica, da elargire secondo coscienza. Non mancano i vandalismi, in Certosa; non mancano i problemi legati a una ricettività che per qualità è rimasta a trent’anni fa, mentre gli standard del pubblico non più pagante si sono decisamente evoluti.
Pagare o non pagare l’ingresso? Questo il dilemma. Su cui intervengono a intervalli regolari gli amministratori del territorio, Legambiente, Italia Nostra e chi più ne ha più ne metta.
Francesco Sala
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