Se Milanofiori rifiorisce
Tra mille polemiche, Milano sta facendo grandi passi nello sviluppo di edifici contemporanei. Spesso (succede nell’area di Porta Nuova e in quella di CityLife) portano la firma di un grande architetto. Rispetto ai development più famosi, però, ce n’è uno che rischia di restare marginale e nascosto. Ma che rivela una serie di qualità da non trascurare. All’insegna dell’ormai imprescindibile mood green.
Gli ingredienti ci sono tutti: un grande gruppo (Brioschi Sviluppo Immobiliare), un’area dell’hinterland milanese (siamo già nel comune di Assago) e un team di architetti internazionali. Qualche nome dei progettisti coinvolti? L’olandese Erick van Egeraat, gli italiani Cino Zucchi, 5+1AA, Alfonso Femia Gianluca Peluffo, Open Building Research, ABDA, ASA Studio Albanese e Park Associati..
Dal 2005 il progetto Milanofiori sta diventando realtà. Nel quadrante sud della capitale finanziaria italiana, a sette chilometri da piazza Duomo e a tre dalla circonvallazione esterna, in un lungo lotto stretto, schiacciato fra l’autostrada Milano-Genova (la famigerata “Serravalle”) e due vie secondarie, sta nascendo un nuovo quartiere. Uno degli ultimi spazi rimasti ancora liberi, un po’ anonimi. Non più città, non ancora piena banlieue.
Ai margini di una zona già urbanizzata tra gli anni ‘70 e ‘80, la grande operazione immobiliare si divide in Milanofiori Sud e Milanofiori Nord. La prima, più estesa, è ancora in fase di progettazione. Oltre 300mila mq edificabili ospiteranno complessi polifunzionali, residenze e servizi. Un primo disegno, a opera dello studio genovese 5+1AA, è ancora al vaglio insieme ad altre proposte progettuali. La priorità è stata data alla parte Nord. Più contenuta e gestibile. In periodi di crisi, molto meglio così che investire su due progetti e lasciarli a metà entrambi. E Milanofiori Nord è infatti a buon punto. L’area complessivamente conta circa 360mila mq, in questo ambito ne sono stati previsti 218mila edificabili con destinazione terziaria, commerciale e residenziale. Più della metà è già realizzato.
Del grande masterplan, opera del gruppo Erick van Egeraat Associated di Rotterdam, si vedono già i primi elementi. Il fronte confinante con l’autostrada è definito da una serie di edifici direzionali che fungono da filtro tra l’autostrada e le zone più interne, e da elemento di comunicazione del progetto. Sempre dello studio olandese è il disegno della piazza, del cinema e del centro fitness. Singole architetture dal carattere deciso, fortemente connotate stilisticamente, legate dai percorsi e dal disegno del verde. Un complesso frammentato che però ha l’ambizione di diventare organico.
Una grossa fetta dell’intervento – ai margini sud-est dell’area – è caratterizzato dall’edificio triangolare, completato nel 2009 e destinato a zona vendita. Qui il duo Alfonso Femia & Gianluca Peluffo gioca con un volume compatto per scavarlo, alternando trasparenze e opacità, uso del colore ed elementi grafici di impatto.
Di tutt’altra specie è invece il complesso residenziale, concluso a settembre 2010, dei genovesi Open Building Research. Su un esteso impianto a C, che abbraccia l’ampio giardino, si sviluppano oltre cento unità abitative. Qui il linguaggio è duplice, l’interno intimo e privato viene eroso a costituire una facciata porosa, mentre il fronte urbano è introverso, schermato da filtri lignei regolabili, a garantire privacy e intimità.
Ma veniamo a quello che forse è il vero landmark dell’area, almeno fino ad oggi. L’edificio per uffici – U15 – di CZA – Cino Zucchi Architetti progettato con General Planning: indubbiamente il più riconoscibile del complesso Milanofiori. Un volume modellato dal vento, ricoperto da una speciale pelle composta da frangisole in lamiere di alluminio che variano cromaticamente riflettendo la luce. Una struttura dall’aspetto vegetale, un tentativo di emulazione in ricordo di una natura assente.
All’appello, per il momento, mancano le residenze in edilizia convenzionata e il polo universitario progettato da ABDA – Botticini De Appolonia Associati (per il quale i lavori non sono stati avviati). In corso di progettazione gli edifici U13 e U14, rispettivamente affidati ad ASA Studio Albanese e Park Associati.
Ma cosa accomuna i progetti? Senz’altro la politica del verde. Portabandiera di una filosofia (ma anche di un mercato) molto prolifica. Oggi, infatti, puntare sul sostenibile sembra una scelta obbligata. In termini di ricerca applicata, di ritorno d’immagine e, naturalmente, in ambito commerciale. I muri diventano pelli tecnologiche in grado di proteggere dal freddo d’inverno e dal caldo d’estate. Le finestre, una volta pensate come semplici pertugi per guardare fuori, si trasformano in cristalli temperati, filtri solari intelligenti. E, badate bene, non ci sono più i balconi di una volta. Sono stati sostituiti da serre bioclimatiche: chiuse accumulano calore d’inverno e aperte aumentano il fresco durante i mesi di canicola. Scordatevi i tetti così come li disegnavamo da bambini. Ora c’è il tetto-giardino con verde estensivo. Ovviamente a bassa manutenzione.
Un prezzo maggiore si giustifica con l’uso di nuove tecnologie “green” – ancora molto care – senza dimenticare l’aura di cui ci si ammanta. Costo complessivo dell’operazione Milanofiori Nord? 480 milioni di euro. Circa 2.200 euro a metro quadro investiti dagli sviluppatori. In tempo di crisi, un deal niente male.
Zaira Magliozzi
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #3
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