Il pianeta Terra si ribella
Abbiamo incontrato Luca Bolognesi, vincitore della prima edizione del Premio Lo Schermo dell'Arte Film Festival. Il suo video “Ladies and Gentlemen” è ora in mostra al Museo Pecci Milano. Con lui abbiam parlato di arte, cinema, ambiente. E con Silvia Lucchesi, direttice artistico del festival...
Come è nato l’interesse per le teorie dello scienziato James Lovelock?
Luca Bolognesi: È iniziato nel 2009, mentre stavo documentando un’isola disabitata. Per un anno ho osservato l’isola, caratterizzata all’interno da una grande depressione nel terreno, dove i gabbiani vanno a morire. Progressivamente mi sono accorto che non si trattava solamente di un grande cimitero, ma di un complesso ecosistema: ho iniziato ad approfondire quello che vedevo, documentandomi riguardo agli studi scientifici sul pianeta. E sono arrivato al pensiero di Lovelock. Vivevo a Londra e ho potuto assistere a una sua conferenza, dove mi sono reso conto di trovarmi di fronte a un punto di vista di grande chiarezza e soprattutto di estrema urgenza, che ho sentito di dover trasmettere e condividere in qualche modo.
Che cosa vuoi comunicare?
L. B.: In poche parole, Ladies and Gentlemen è uno strumento per attirare attenzione sul pensiero di Lovelock tramite una selezione delle parti salienti delle sue teorie, brani tratti da testi originali. Il video, quindi la messa in scena del testo, è da considerarsi funzionale all’intento esclusivamente divulgativo del materiale originale.
Il titolo del film è una richiesta di attenzione…
L. B.: Sì, è una richiesta di attenzione, ma allo stesso tempo è anche una formalità.
Dove lo hai girato?
L. B.: Il film tratta un problema di gravità tale da annullare la geografia politica come la conosciamo. Le location quindi avrebbero potuto essere diverse, senza che il senso del lavoro cambiasse. Mi piace quindi pensare che sia stato girato sul pianeta Terra e che ogni altro dettaglio sia superfluo.
Qual è a tuo avviso il discrimine tra cinema, documentario e videoarte?
L. B.: Lo stesso mezzo tecnico può produrre risultati molto diversi. Credo che sia sempre lo spettatore a fare la differenza e a decidere che cosa sta guardando.
Qual è il tuo rapporto con il cinema?
L. B.: La mia generazione è quella della televisione e del cinema in televisione, quindi il rapporto con la tv e il cinema è sempre stato molto presente nella mia vita. Inoltre sono emiliano e sento vicini in particolare alcuni registi come Fellini, Antonioni e Avati, per fare qualche esempio. In ogni caso non ho ancora visto l’ultimo film di Steve McQueen, che è al momento uno degli artisti che mi incuriosiscono maggiormente.
Siamo bombardati da immagini. Youtube è una piattaforma democratica e “anarchica” allo stesso tempo, un video può circolare liberamente: pensi che nel tuo caso questo sia un problema o un vantaggio? Un contenuto video può avere reinterpretazioni sematiche a seconda di come e dove lo si utilizza…
L. B.: Nel momento in cui un lavoro video viene visto all’interno di uno spazio architettonico, esiste la possibilità di guidare lo spettatore verso un percorso, un’esperienza fisica dove lo spazio gioca un ruolo importantissimo. Youtube fornisce una cornice standard e quindi un’unica modalità di fruizione che può in certi casi diventare riduttiva.
A proposito di internet, un tuo lavoro precedente traeva spunto proprio dal web…
L. B.: Sì, il lavoro si chiama Back Up ed è un archivio di businness portraits ottenuti dal web. Il business portrait è un ritratto usato principalmente nel corporate communication e in poche parole consiste nel ritratto di un dipendente dell’azienda. È a tutti gli effetti uno strumento di marketing, che permette di vedere in faccia le aziende attraverso i volti dei suoi dipendenti; inoltre la caratteristica comune di queste immagini è quella di essere temporanee. Vengono realizzate e pubblicate per rafforzare l’immagine aziendale, per poi sparire dal web quando smettono di essere necessarie (se l’azienda chiude, se il dipendente cambia lavoro ecc.). L’archivio è quindi anche un catalogo della maggior parte delle professioni umane, perché i professionisti che oggi hanno un business portrait pubblico sul web sono i più diversi e spesso inaspettati. Si tratta di un archivio piuttosto corposo, al momento sono circa 40mila immagini, e ho scelto di mostrarlo sopratutto nelle strade, di notte, proiettando questi ritratti in grande scala sulle facciate cieche dei palazzi.
Il Museo Pecci a Milano porta avanti un progetto in progress che propone di volta in volta l’esposizione di una selezione di opere della collezione del museo, inserendole in “cornici tematiche”. La scorsa mostra, ad esempio, era legata alla questione dell’energia, questa invece s’intitola Altra Natura. Come vedi il tuo lavoro inserito nel contesto della mostra in corso?
L. B.: La mostra in corso è un segnale. L’attenzione al rapporto tra uomo e ambiente è crescente in tutti gli ambiti umani e se tutto quello che Lovelock e altri sostengono è reale, questa attenzione non potrà che crescere esponenzialmente in futuro, diventando una questione di primaria importanza.
Com’è nato il premio?
Silvia Lucchesi: Lo schermo dell’arte è nato come festival cinematografico di documentari sull’arte contemporanea. Dopo la prima edizione ci siamo resi conto di non poterci esimere dal lavoro sul cinema d’artista, dandogli un taglio preciso centrato sulla documentazione. Subito ci siamo resi conto che dovevamo cominciare a pensare alla produzione, quindi abbiamo inventato il progetto del premio a invito, che prevede un vincitore tra dieci artisti under 35 scelti da 5 curatori ogni anno. Gli artisti presentano un progetto, il vincitore sarà finanziato con 10mila euro e in un anno di tempo realizzerà il lavoro che verrà presentato l’anno successivo al Festival che si tiene nel periodo autunnale. È l’unico progetto italiano per la produzione di un’opera video. Il vincitore della seconda edizione è già stato annunciato: Alterazioni Video.
Quali attività portate avanti durante l’anno oltre al premio?
S. L.: Durante l’anno lavoriamo su progetti e attività di informazione sull’arte contemporanea tramite la diffusione dei film presentati nelle varie edizioni del festival, rivolti a istituzioni di arte contemporanea italiane e straniere, alle università e accademie di belle arti, fornendo una sorta di video-library. Inoltre stiamo iniziando un’attività editoriale attraverso la pubblicazione di materiali di approfondimento e di ricerca sul tema della relazione fra arte contemporanea e cinema. Alla Biennale di Berlino a fine aprile presenteremo una pubblicazione che raccoglie i materiali di un panel internazionale che si è tenuto nel 2010 dedicato all’uso del documentario nella pratica artistica contemporanea, con interventi di Phil Collins, Libia Castro, Jan Peter Hammer e Bettina Steinbrügge, direttrice del museo d’arte contemporanea di Vienna.
Deianira Amico
Milano // fino al 20 febbraio 2012
Altra Natura. Proposte dalla collezione del museo
a cura di Stefano Pezzato
MUSEO PECCI MILANO
Ripa di Porta Ticinese 113
0574 5317
[email protected]
www.centropecci.it
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