Mentre l’Italia è il Paese che, dopo la Grecia, taglia più pesantemente il budget per la cultura, che invece aumenta a livello comunitario e in alcuni Paesi; e mentre il sistema italiano della cultura viene destrutturato attraverso una sequenza di nomine basate su criteri fantasiosamente avulsi da qualunque competenza specifica; ci sono anche Paesi che fanno della cultura il centro di un’azione collettiva visionaria ed efficace.
È il caso della Polonia, che sta conoscendo in questi anni una rinascita non soltanto economica e sociale, ma anche culturale. La manifestazione più impressionante di questa azione collettiva è Obywatele Kultury. Per lungo tempo, la spesa pubblica per la cultura in Polonia è stata tra le più basse d’Europa. Nel corso del Congresso Culturale di Cracovia, nel 2009 viene avanzata la proposta di intraprendere un’azione per convincere il governo a portare il livello di spesa al valore-simbolo dell’1%. Nasce un comitato di cittadini che s’incarica di portare la richiesta all’attenzione dei media. Richiesta che arriva al Primo ministro Tusk nel febbraio 2010, firmata non solo da personalità di spicco dell’arte e della cultura nazionale, ma da quasi 100mila (!) cittadini.
Nel dicembre dello stesso anno, il movimento produce un documento programmatico per definire la rifondazione delle politiche culturali nazionali: miglioramento dell’accesso culturale per i più svantaggiati, e più in generale una reale politica di capability building rivolta a tutti i cittadini. Il documento prevede anche una ridefinizione della missione e della funzione culturale della tv pubblica, piattaforma essenziale per la costruzione di uno spazio “pubblico” realmente condiviso. L’allocazione dei fondi, d’altra parte, deve seguire criteri di accesso equo e di trasparenza. Allo stesso tempo, va lasciato spazio a forme espressive critiche e deve essere più generalmente assicurato il pluralismo di opinioni.
Il 14 maggio 2011, il documento viene accettato e fatto proprio dal governo. L’obiettivo di convergenza al valore dell’1% è così sottoscritto dal governo in carica, che si impegna a raggiungerlo entro il 2015. Un esempio di ciò che può succedere, oggi, in Europa, dove la cultura ha ancora un senso per società e cittadini. E ciò succede in un Paese che poco più di vent’anni fa era impantanato nel socialismo reale.
E noi, ci sveglieremo mai dal nostro sonno ventennale?
Pier Luigi Sacco
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #3
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