Restauro dell’arte contemporanea. Cosa cambia?
Un convegno internazionale per parlare di restauro dell’arte contemporanea. Succede al Castello di Rivoli, dopo il seminale congresso del 1987, che si svolse sempre nel museo piemontese. L’occasione per aggiornarsi sul tema. E per fare il punto sul ruolo del museo. come racconta qui Beatrice Merz.
Era il 1987, di musei d’arte contemporanea in Italia ce n’erano ben pochi (un paio, in buona sostanza) e a Rivoli già si discuteva. Non di denari, che è purtroppo il tema che tiene banco da qualche mese a questa parte, e non certo per volere di chi il museo lo anima giornalmente. Si discuteva di restauro del contemporaneo in un congresso che, va da sé, divenne immediatamente storico.
Ebbene, a distanza di un quarto di secolo, gli atti di quel congresso saranno pubblicati. Utile? Sicuramente per chi è interessato al tema e alla sua breve storia. E soprattutto per chi ha a cuore il ruolo che un museo deve avere nella cultura contemporanea, nella sua diffusione e conservazione (anche se pare un ossimoro, conservare il contemporaneo).
L’occasione per questa pubblicazione è un nuovo convegno internazionale, che si terrà il prossimo venerdì 10 e sabato 11 febbraio ancora al Castello di Rivoli, dal titolo Cosa cambia. Teorie e pratiche del restauro dell’arte contemporanea. Una occasione per rifare il punto sui temi suddetti, ovvero: “Cosa avviene nel tempo a un’opera d’arte, sia nella sua forma materiale sia nella percezione che si ha di essa?”. Un approccio dunque non soltanto specialistico, rivolto a chi si occupa materialmente del restauro, ma una riflessione incastonata in un quadro più ampio, che coinvolge per l’appunto il ruolo del museo, l’evoluzione dei mezzi, la storia della ricezione…
I gruppi di lavoro saranno tre. Il primo, focalizzato sulla base teorica del lavoro di restauro, vedrà la partecipazione di Giorgio Bonsanti, Massimo Carboni, Maria Vittoria Marini Clarelli, Isbrand Hummelen, Marina Pugliese, Antonio Rava, Mikel Rotaeche y González de Ubieta e Massimo Sterpi. Il secondo si concentrerà sulle tematiche concernenti il restauro dell’Arte Povera, con le voci di Lydia Beerkens, Grazia De Cesare, Barbara Ferriani, Luisa Mensi, Antonio Mirabile, Galileo Pellion di Persano e Chantal Quirot. Il terzo, più specialistico, sarà orientato alla chimica, con la partecipazione di Oscar Chiantore, Thomas Learner, Bronwyn Ormsby, Antonio Sgamellotti e Thea Von Oosten.
E per gli atti di questo secondo incontro non bisognerà attendere 25 anni. Perché proprio questo convegno, insieme alle molte altre attività del Castello, testimonia della vitalità di un centro espositivo e di ricerca che non merita il trattamento che gli è stato riservato negli ultimi tempi. Anche per questo abbiamo chiesto a Beatrice Merz, co-direttrice del museo insieme ad Andrea Bellini, non tanto di presentarci il convegno, quanto di inserire questo appuntamento in una visione più ampia. Insomma, di raccontarci cosa è e cosa deve essere un museo oggi.
Marco Enrico Giacomelli
Nel vortice di incertezza, certo dovuto alla ben nota situazione globale che, con tutti i suoi conseguenti interrogativi, sta destabilizzando il sistema dell’arte contemporanea italiana, il museo si ritiene un interlocutore necessario per affrontare le diverse sfaccettature di questa congiuntura: dalle questioni gestionali a quelle programmatiche. Non si deve cadere nell’errore di usare la crisi per ridimensionare qualitativamente il lavoro, né cedere al facile alibi dell’inevitabilità e irreversibilità delle cose. Al contrario, è opportuno entrare ancor più nel vivo della riflessione sul ruolo della comunità artistica e su ciò che appartiene alla collettività. Ruolo che non si improvvisa e che non è delegabile; in tal senso, è bene ricordare che vi hanno lavorato e lavorano artisti, operatori, comunicatori, intellettuali, tecnici, che costruiscono giorno per giorno quella situazione di eccellenza che ha portato il nostro territorio ad esempio nel tempo per la contemporaneità.
Il prestigio degli enti culturali si valuta dalla qualità dell’offerta espositiva e della sua costante ricerca, nonché dalla capacità di divulgazione del proprio patrimonio che, nonostante la poca attenzione legislativa che il nostro Paese rivolge all’arte contemporanea, ha ottenuto un grande riconoscimento internazionale.
Alla sempre più complessa domanda, avanzata sia da parte dell’utenza che da parte dei protagonisti della produzione artistica, si deve rispondere offrendo, scansando con forza e determinazione il pericolo di consegnare al futuro un periodo di buio culturale.
Il museo contemporaneo svolge la sua funzione adeguando, controllando e monitorando la continua evoluzione che l’arte innesta per una sempre più complessa fruizione dell’opera, e l’educazione del pubblico passa attraverso anche attività non espositive, incrementando la curiosità e il desiderio dell’approfondimento e intervenendo nella condivisione della conoscenza.
Ed è proprio in questo vortice di incertezza che il museo intende ribadire ancora una volta il suo ruolo, rispondendo quasi con una provocazione: restaurare il contemporaneo! Tema già protagonista della storia del Castello di Rivoli che, un quarto di secolo fa, a tre anni dalla sua apertura, promuoveva per primo nel nostro Paese un analogo convegno; oggi lo ripropone affrontando gli sviluppi delle ricerche di un settore in continua evoluzione.
L’occasione porterà la riflessione di storici, scienziati, filosofi e ricercatori internazionali su cosa significa assumersi la responsabilità nel voler rendere più solido e duraturo l’oggetto della cultura, su come abbandonare l’idea di un contemporaneo inafferrabile e transitorio, ma soprattutto per discutere della centralità dell’opera d’arte e dell’artista.
Beatrice Merz
Rivoli // 10-11 febbraio 2012
Cosa cambia. Teorie e pratiche del restauro dell’arte contemporanea
a cura di Maria Cristina Mundici e Antonio Rava
CASTELLO DI RIVOLI
011 9565270
[email protected]
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