Un Paese per vecchi
In Italia i giovani sono trascurati: non s’investe su formazione, accesso al lavoro, previdenza. Sono dimenticati anche dalla produzione culturale. I teenager in Italia sono più di cinque milioni, sono grandi consumatori, sono onnivori e hanno una buona capacità di spesa (perché condizionano le scelte dei genitori). Nonostante ciò, non si produce nulla di culturale per loro.
I prodotti televisivi, i film e l’animazione sono stranieri. Il teatro – quando c’è – pensa ai bambini. Di arte contemporanea neanche a parlarne. Ci sono le matinée degli spettacoli, un po’ di didattica musicale, giusto per vendere qualche biglietto in più. Gli unici che se ne occupano sono gli editori: il genere ragazzi totalizza il 16% delle vendite.
L’età media del nostro Paese è di quasi 43 anni, quella della classe dirigente veleggia ben oltre i sessanta. I giovani sono percepiti al massimo come… nipoti. Il libro Contro i giovani di Boeri e Galasso dice che a livello familiare si tende a proteggere i propri giovani: gli si destina il patrimonio, li si raccomanda sul posto di lavoro, li si protegge dagli insegnanti, dagli impegni, dalle fatiche, da tutto. A livello pubblico invece non si fa nulla.
L’arte sembra ricalcare e anticipare questo fenomeno. Disinteresse nel guardare avanti e nell’immaginare un futuro positivo. Siamo un Paese che è nel buio e non riesce a guardare al domani, neanche lo sente un domani. E i giovani crescono di cultura straniera (i prodotti mediatici e filmici) e di passato (i prodotti locali).
Tra i cinquanta libri di genere più venduti nell’ultimo mese, solo cinque sono italiani. E due sono di Calvino. Qualcuno si deve sforzare di capire a cosa sono interessati i giovani. Forse avrebbe senso dar loro la parola. Qui entriamo nel dibattito: gli diamo spazio, se lo devono conquistare, nessuna generazione lo ha ricevuto in dono e così via.
Un produttore cinematografico, Ovidio Assonitis, produce contenuti culturali fatti dai giovani. Seleziona cast di adolescenti che recitano in film girati e montati da coetanei, così come lo sono le musiche, la sceneggiatura e tutto il resto. E gli adulti? Insegnano il mestiere, lasciando che i ragazzi raccontino con il loro linguaggio la loro visione della vita.
I primi risultati sono strabilianti e l’anno prossimo ci sarà il primo lungometraggio nelle sale italiane: Voglia di vincere, un titolo che fa ben sperare…
Fabio Severino
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #3
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