Welcome to Artissima: parla la nuova direttrice
Un primo confronto con Sarah Cosulich Canarutto, direttrice fresca di nomina della kermesse torinese, che ci spiega in quali direzioni lavorerà. Perché Artissima, l’unica fiera davvero internazionale nel nostro Paese, ha bisogno di mercato e di implementare le collaborazioni con il territorio.
Come conferma anche la tua nomina, Artissima, che è l’unica fiera di proprietà pubblica, ha preferito nelle ultime edizioni dei curatori più che dei manager. Quali sono le motivazioni a tuo avviso?
È vero, Artissima ha in sé questa particolare unicità, una natura semi-pubblica, con un marchio che è di proprietà degli enti locali, i quali hanno affidato la gestione della fiera alla Fondazione Torino Musei. Da qui deriva la duplice natura della manifestazione: appuntamento commerciale per il mercato dell’arte, in congiunzione con una programmazione culturale che ha contribuito a rafforzarne l’identità. Questo credo spieghi perché siano state scelte per la guida di Artissima figure di provenienza e formazione curatoriale. A queste figure, però, la fiera stessa impone di non indossare solo i panni del curatore puro ma di vestirne altri, senz’altro di forte connotazione manageriale. La sfida è esattamente questa: mettere a disposizione degli obiettivi generali della fiera la propria storia, le proprie competenze e la propria disponibilità ad aprirsi alle esigenze dei suoi diversi interlocutori.
Nella scelta di una direttrice che ha lavorato molto con Bonami (alla Biennale o a Villa Manin) più di qualcuno ha visto la lunga mano della Fondazione Sandretto. Ci aiuti a fugare tali dubbi?
Fa parte del gioco che accompagna ogni nomina cercare di decodificare gli scenari che si celano dietro alle decisioni. Soprattutto per una posizione a cui ambivano in molti. Vivo in Svizzera da due anni e da due anni sono completamente estranea a qualsiasi dinamica e strategia, soprattutto italiana. Ho partecipato alla selezione in modo defilato tanto che il mio nome non è mai uscito, nemmeno tra i candidati. So che a tutti piace immaginare una strategia complessa da parte di qualche forza occulta. Certo, ho lavorato molto con Francesco Bonami in passato – l’ultima volta quattro anni fa – e conosco la signora Sandretto avendo visitato diverse mostre negli spazi della Fondazione. Volete sapere il mio sincero parere?
Certo…
L’aspetto più rivoluzionario di questa nomina è stata la serietà del processo di selezione, parere condiviso dai candidati giunti alla selezione finale. Tra loro ci sono curatori che stimo e rispetto molto.
Cosa ti sono sembrate le scorse edizioni della fiera? Quali i meriti di Bellini e Manacorda?
Sia Andrea che Francesco hanno dato un contributo fondamentale, seppur diverso, ad Artissima facendola crescere progressivamente. Eredito dai miei predecessori una fiera sperimentale e propositiva che ha saputo puntare su internazionalità, qualità e ricerca. Da questo punto di vista il mio approccio sarà di continuità.
Dove invece secondo te Artissima è migliorabile?
È importante continuare a lavorare sulla forza commerciale di Artissima, puntando sullo sviluppo e sull’allargamento del mercato. Ma sono altrettanto convinta che la fiera debba crescere assieme a tutto il network contemporaneo del territorio torinese affinché ci si possa rafforzare reciprocamente.
Ci puoi raccontare il tuo progetto di fiera? In cosa sarà diversa? Quali criteri ci saranno per la selezione delle gallerie?
Sono in carica da neanche una settimana, mi sembra prematuro parlare delle singole iniziative che intendo avviare. Il mio progetto coinvolge diversi interlocutori che incontrerò al più presto. Solo dopo questo confronto si potrà parlare più approfonditamente delle proposte che caratterizzeranno Artissima 19.
E se avessi la bacchetta magica?
Moltiplicherei i fondi pubblici dedicati alla cultura contemporanea in Italia.
Daniele Capra
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