Miart. Tentativi di rilancio
A decidere dell'edizione 2012 di MiArt, un uomo che di collezionismo di alto livello qualcosa sa. E che tenta di rivoluzionare la stagnante fiera milanese. Con l’ennesima riorganizzazione delle sezioni e la ricerca dell’appeal nei confronti degli stranieri. Ad aprile si vedranno i risultati, ma intanto abbiamo chiesto a Frank Boehm quali sono gli obiettivi e i mezzi per conseguirli.
La nuova MiArt sarà più orientata al mercato e meno “museale”?
L’impostazione di una fiera d’arte prevede aspetti museali e mercantili che non sono necessariamente contraddittori tra loro. La figura centrale è il gallerista, che propone un insieme di artisti e di opere.
Ci saranno novità nell’articolazione delle varie sezioni?
Le sezioni in fiera, che sono state ridefinite, compongono il contesto nel quale le singole gallerie si esprimono. Abbiamo scelto di far convergere gli espositori dei settori moderno e contemporaneo in un’unica sezione, che si chiamerà Established, per rendere più continua la lettura delle proposte; a questa si aggiunge in modo logico la sezione Emergent. Due nuove sezioni creeranno poi ambienti focalizzati su singoli aspetti tematici: Special Projects per stand importanti curati dalle gallerie, e Single/Double per stand con un focus su singoli artisti.
Cercherà di riportare a Milano gli stranieri?
MiArt 2012 sarà una fiera che rappresenta un insieme di opere di un intero secolo, una ricerca nella storia e una vetrina di voci emergenti. Negli ultimi mesi mi sono confrontato con tanti galleristi in Italia e all’estero. Mentre l’ultima edizione di MiArt è stata volutamente concentrata su gallerie italiane, le gallerie straniere presenti in altre fiere in Italia hanno ammesso la loro delusione per lo scarso contatto con il pubblico e il risultato delle vendite. Sarà questa una delle sfide più importanti: non solo vogliamo invitare gli stranieri (galleristi e collezionisti), ma dobbiamo rendere la loro partecipazione in fiera un successo. Abbiamo bisogno di un pubblico internazionale che non può consistere solo di visitatori, ma anche di un numero (non eccessivo) di partecipanti stranieri. Fungeranno poi loro da portavoce della fiera all’esterno.
Nei giorni del Salone del Mobile si percepisce, complici gli eventi del Fuorisalone, che a Milano sta accadendo qualcosa. MiArt non ha la stessa forza: cambierà qualcosa in questo senso? Ci sarà un maggiore coinvolgimento della città?
Sono eventi non paragonabili, non solo per il fatto che il Salone del Mobile è la più importante fiera del mobile al mondo. Una sedia si vende a centinaia o migliaia di clienti, un’opera d’arte a una singola persona. Ma è anche vero che arte e arredo oggi incontrano un pubblico interessato molto vasto. In questa prospettiva cerchiamo di attirare un pubblico che sia altro rispetto ai collezionisti in senso stretto. Mentre da una parte stiamo sviluppando delle iniziative firmate MiArt anche all’esterno dei confini della fiera, dall’altra stiamo dialogando con il Comune, la Regione e vari altri operatori a Milano. I giorni di MiArt, dal 13 al 15 aprile con vernissage il 12, devono diventare una settimana dell’arte per la città. Per questo ci vuole dialogo, intesa e collaborazioni.
Che volto hanno i collezionisti oggi? A quale tipo di collezionista si rivolge un evento come MiArt e come fare per conquistarlo?
L’esperienza dell’arte si verifica nel momento in cui si attua un confronto tra uno spettatore e un’opera. Tutto il resto viene dopo. Il particolare fascino dei vari appuntamenti intorno a questa esperienza è costituita dall’insieme di aspetti contemplativi, mercantili e di spettacolo. Un’opera non dovrebbe fungere solo come mezzo di investimento, ma non mi dispiace l’idea che la stessa rappresenti un insieme di valori. Noi vorremmo creare l’appuntamento dell’anno per il mercato dell’arte in Italia. Ci rivolgiamo a tutti i collezionisti: noti, occasionali e anche futuri. Non si deve snobbare nessuna componente del pubblico, che deve trovare una fiera precisa e bella, con al centro delle opere di grande qualità. MiArt si presenterà con una nuova immagine (già online), un nuovo layout e finalmente un ingresso veloce e diretto. Ma intorno a questa esperienza stiamo organizzando vari appuntamenti culturali e sociali in città. Mi sta molto al cuore l’incontro e l’avvicinamento tra persone diverse e operatori coinvolti.
Qual è stata in questi mesi la risposta delle gallerie alla sua nomina? Lo scorso anno chiesero un direttore-direttore per continuare a venire in fiera…
La decisione di creare un direttore artistico è stata una scelta necessaria, indipendente dalla mia nomina. Confrontandomi con il team della fiera, il comitato e i protagonisti che ho chiamato a sviluppare sia la nuova immagine (Federico Pepe), sia il programma di incontri (Milovan Farronato), ho sviluppato una visione d’insieme per la manifestazione. In questi mesi ho avuto un riscontro molto positivo, sia da parte di galleristi che conosco da anni sia da quelli che ho conosciuto durante le mie ricerche. Il fatto che abbia chiesto incontri, recepito domande e suggestioni è stato accolto molto bene. La sfida per MiArt adesso è di costituire un’espressione comune per tutte queste voci indipendenti e individualiste.
Marco Enrico Giacomelli e Francesco Sala
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #5
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