All’NGBK e al Künstlerhaus Bethanien, uno dei centri di produzione artistica contemporanea ed emergente più importanti di Berlino, inaugura In Other Words, quinta tappa di ciò che era Platform Translation, ma inserita nel nuovo project group costituito apposta da Elena Bellantoni per la tappa berlinese. Paz Guevara (curatrice) Stephan Bauer (direttore della Kunstraum Kreuzberg), Elena Agudio (curatrice) e Giulia Piccini, project manager alla storica istituzione berlinese NGBK, che con bandi aperti e democratici offre la possibilità di fare domanda per avere dei fondi dal Senat Berlinese con l’appoggio del Lotto tedesco. Un bell’esempio di gestione del bene comune, insieme a 44 artisti che si mettono in gioco tra video, installazioni, performance, fotografia. Il grande Antoni Muntadas presenta un suo video dallo spessore immenso, Mariateresa Sartori porta invece Berlino Il suono della lingua, progetto pensato per la biblioteca della Fondazione Querini Stampalia di Venezia che offre la courtesy, lavoro in cui l’analitica e concettuale artista veneziana indaga le possibilità espressive della lingua dal punto di vista ritmico, melodico, sonoro. Poi ci sono Luca Vitone, Olaf Nicolai, Jorge Pedro Nunez, Lorenzo Scotto di Luzio, Braco Dimitrijević, solo per citarne alcuni.
Ci allunghiamo verso Potsdamer Strasse, dove negli spazi della Galerie Mario Mazzoli l’artista svizzero Pe Lang realizza sistemi cinetici in cui funzione e forma si amalgamano in un’operazione lirica e persuasiva straordinaria. Una sorta di danza di organismi meccanici che muovono sfere, tasselli, inchiostri e respiri quasi organici di carta bianca, in cui i sensori spingono le calamite tra tensione morbida e rumore sommesso.
Lo studio visit da Cristiano Tassinari ci immerge in un’apparente incongruenza tra materiali: pittura, colore, fotografia e installazione per un processo tra analisi collettiva e storia personale. La serata si fa glamour alla Galerie Isabella Bortolozzi, nelle cui stanze dal sapore novecentesco affacciate sul padiglione di Mies Van Der Rohe la mostra Hints and Gleams in collaborazione con la Galleria Massimo Minini e RAM è un dialogo tra Carla Accardi, Seth Price, Nora Schultz: percorso davvero denso e convincente.
La strada tra U1, un pezzo di Turchia che si fa Libano per perdersi nell’est europeo e un melting pot di incroci possibili, mi porta a seguire i giovanissimi artisti Serena Vestrucci e Alessandro Di Pietro, per proseguire puntando ancora a nord nell’atelier dell’artista tedesca Claudia Angelmaier, fotografa concettuale raffinata e mentale. I suoi lavori sono cartoline di masterpiece stampati al contrario su plexiglas dalla sfumatura lattiginosa, a grandezza naturale dell’opera riprodotta e con le canoniche scritte da postcard.
Il clima a Berlino è sempre meno rigido, merito di marzo, colpa di effetto serra e ozono bucato, valore apportato dal mood della città e dal suo essere stata capace di insegnarmi che Lei è meglio e di più di come la percepivo da lontano. Tutto si accavalla, nel mio andare e venire tra strade, persone, luci, contaminazioni, suggestioni, birra, macchine anni Ottanta, rilassatezza di quegli stessi anni Ottanta che qui non ci sono mai stati, graffiti, ingegno, vintage, libertà, design, legno. E poi capannoni vestiti da palazzi, fabbriche prestate all’arte, abiti usati da antichi soldati feroci sulle spalle di punkabbestia reazionari, artisti, ex artisti, futuri artisti, conformismo, omologazione, fusione. Berlino mi accoglie ancora per poche ore tra le mura della libreria Motto di Kreuzberg dal sapore buono, infine su un taxi a tariffa standard per l’aeroporto senza patetici patteggiamenti di prezzo.
Sulla schermata dell’iPhone compare sorniona la mail d’invito alla 7. Biennale d’Arte Contemporanea di Berlino: il KW, Istituto per l’Arte Contemporanea di Berlino, annuncia il programma dell’artista Artur Żmijewski, curatore della rassegna. La Biennale, fondata nel 1998, avrà luogo dal 27 aprile: non ci penso nemmeno un secondo e sul volo di ritorno per l’Italia prenoto il prossimo volo di andata verso Berlino.
Martina Cavallarin
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