I talenti italiani espatriati a Bruzelles non sono solo economisti o giuristi attratti dalle opportunità professionali, ma sempre più anche artisti, designer, ricercatori. Basta un giro per la città per rendersi conto del perché: un ambiente cosmopolita e giovane che ricorda Berlino; una grande vivacità di proposta culturale; una nightlife ricca e sofisticata; una design culture diffusa e dalla chiara impronta autoctona. Peraltro, Bruxelles è una delle città con più art & design hotel per numero di posti letto: un dato inaspettato in una città che, grazie alla domanda “forzata”, potrebbe campare di rendita, offrendo ricettività di bassa qualità a prezzi esorbitanti. Quanto ai prezzi, sono alti davvero, ma questo rende ancora più sorprendente il fatto di rinunciare a margini di profitto sicuri per migliorare la qualità dell’offerta.
La città sta lavorando sulla propria identità e sta imparando a far leva sulla cultura. Ospita spazi importanti per il contemporaneo come Wiels e grandi istituzioni artistiche come Bozar, ma la vitalità di queste realtà-simbolo è più il riflesso che la causa della crescente temperatura culturale della città, il cui segreto non dipende solo da ciò che contiene, ma anche da com’è collegata: facilmente raggiungibile in treno da Parigi e Amsterdam (e quindi dalle attivissime nuove capitali culturali olandesi e fiamminghe) e in aereo da qualunque città europea di dimensioni medio-grandi, dotata di un sistema di trasporto pubblico economico ed efficace, dà l’impressione di essere una città “vicina”, a portata di mano, e quindi attrae talenti, iniziative e persino progetti di vita: scegliere Bruxelles vuol dire scegliere l’Europa, non tanto in senso retorico, ma esistenziale.
Ecco perché, crisi dell’euro permettendo, è da questa città discreta e complessa – che vive sulla propria pelle la spaccatura tra comunità fiamminga e vallone, ma che anche a causa di questa cesura è aperta a ogni lingua e a ogni cultura – che verranno probabilmente alcuni dei segnali più interessanti della scena creativa continentale. Per non parlare del fatto che, a seguito del suo retaggio coloniale, Bruxelles rimane oggi una delle vere clearing house tra Europa e Africa, e ciò ne fa una finestra su una delle realtà che contribuirà alla globalizzazione della geografia culturale dei prossimi decenni.
Pier Luigi Sacco
docente di economia della cultura presso l’università iulm di milano
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #5
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