L’eclettismo culinario ha un nome, ed è quello di Frédérick Ernestine Grasser-Hermé: chef, food writer, food consultant, direttrice editoriale e quant’altro si possa cercare di incasellare con definizioni formali ciò che formale non è. FEGH, questo il suo nome-logo, è un unicum nel mondo del food: le sue sperimentazioni, le ricette, i libri di cucina hanno un carattere così spiccatamente personale che rappresentano un vero universo parallelo dalle mille sfaccettature.
Ma partiamo dal nome, o meglio, da quel cognome che la rende immediatamente riconducibile al mago della pasticceria francese, Pierre Hermé, di cui FEGH è l’ex moglie. Tuttavia, non si deve a lui il merito di aver acceso la scintilla d’amore per la cucina da parte della protagonista di questa nostra storia: l’innamoramento infatti è avvenuto quando FEGH aveva trent’anni e galeotto fu nientepopodimeno che Alain Ducasse (con il quale ha recentemente scritto il libro J’aime Paris. La mia Parigi del gusto in 200 indirizzi), oggi lo chef più famoso di Francia con decine di ristoranti e di stelle Michelin all’attivo.
Accadde nei primi anni ‘80, quando FEGH lavorava in pubblicità. Durante un soggiorno a Cannes, un amico le disse di provare il ristorante di un hotel a Juan-les-Pins in cui lavorava uno chef da non perdere, tale Ducasse appunto. Fu subito amore, e l’ingresso in un mondo dal quale FEGH non sarebbe più voluta uscire: quello del cibo. In seguito, molestandolo tutti i giorni, riuscì a entrare nella sua cucina alla fine degli anni ’90. Da questo punto di partenza FEGH scrisse il suo primo libro, La Cuisinière du Cuisinier. Un omaggio ad Alain Ducasse. Da allora ne ha pubblicati un’altra quindicina. Tra cui la serie di libretti monocromatici Serial Colors: dieci piccoli quaderni, ognuno di un colore diverso, con all’interno ricette coordinate alla rispettiva cromia. L’idea, semplice quanto geniale, le era venuta quando la boutique parigina Colette, la mamma di tutti i concept store, l’aveva ingaggiata per creare piatti di colori diversi per i menu mensili del ristorantino interno, e così è iniziato il progetto di ideazione e catalogazione degli alimenti in base alla tonalità.
Ma i fan di FEGH non l’apprezzano solo per le sue abilità letterarie e culinarie. Il suo estro è approdato anche nel campo del design, ad esempio quando ha progettato l’appartamento sugli Champs-Elysées, soprannominato Fegh Shui House; o quando ha realizzato un orto da cucina con la collaborazione della designer Matali Crasset, in cui grandi fioriere dotate di pensili portaoggetti e piani di lavoro davano vita a una vera e propria serra domestica per mangiare direttamente ciò che si coltiva. E non sono mancati i contatti con l’arte contemporanea, come quando venne incaricata di imbandire un artbuffet a margine della mostra sul Nouveau Réalisme, al Grand Palais di Parigi.
Le attività di questa archipop-foodie-artist-writer-chef sono tantissime, ognuna esplorabile nel suo tentacolare sito web, comprese quelle che hanno a che fare con il mestiere di food consultant. Ma, come detto all’inizio, le etichette non si addicono a questa donna; meglio descriverla come un’appassionata di cucina, curiosa, e un po’ insolente che ama sconvolgere i codici culinari. Come quando ha ideato la sua famosa ricetta del pollo alla Coca Cola, che ha diviso l’opinione pubblica: riluttanti da una parte, ammiratori della folle creatività dall’altra. E lei al centro a chiosare: “Se non avessi detto nulla i miei ospiti, non si sarebbero neppure accorti della presenza della Coca Cola”.
Nominata Cavaliere dell’Ordine delle Arti e della Letteratura al Festival della Gastronomia del settembre scorso, FEGH ha uno speciale ruolo nella attuale gastronomia francese: molti libri sono nati dalla sua creatività, molti progetti innovativi, molte provocazioni come quella, appunto, di sdoganare in maniera curiosa il junk food. Tutto nell’ottica di un personalissimo gioco a due con il cibo.
Martina Liverani
Articolo pubblicato su Artribine Magazine #5
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